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3 Milioni di Storie – Indagine sulla disabilità

3 MILIONI DI STORIE…

 

perchè scriverle tutte? C’era una volta e, per fortuna per noi tutti, c’è sempre …..Lorella Ronconi, bella, solare,occhi azzurri,uno sguardo che a volte accarezza ,ma attenti, se deve dissentire può colpire a morte …..”MORTE “una parola che fa paura a tutti, paura che colpisce 3 milioni di persone deboli fisicamente, non sempre moralmente, che da soli non possono proseguire nel percorso già difficile per chi non ha barriere…una storia, tante storie , sentieri abbattuti…..barriere che si alzano… .Lorella, abituata a lottare ci racconta:

… Sono LORELLA RONCONI.  Sono impegnata nel volontariato da più di vent’anni per l’abbattimento delle barriere architettoniche e culturali per le persone diversamente abili…. Prima di parlare di me, trovo importante sottolineare che il numero effettivo di persone disabili nonostante i dati Istat, non è certo quanto c’è una grande differenza dal tipo di parola che viene usata al momento dell’indagine.

Infatti la definizione di disabilità non è universale: Inabile. Disabile. sono due concetti e due parole diverse differenziate da due leggi diverse. Incollo qui sotto per spiegare:

https://www.disabili.com/aiuto/speciali-famiglia-a-aiuto/speciale-i-numeri-dellhandicap/6943

 

https://webaccessibile.org/normative/abi-accessibilita-dellhome-banking/12-disabili-in-italia/

“Prima di presentare un quadro generale dei dati relativi alla stima dei disabili in Italia, è opportuno chiarire le ragioni per le quali è difficile rilevarne il numero preciso, ossia:

la definizione di disabilità non è universale Essa infatti cambia a seconda della rilevazione statistica e di chi la effettua*, spesso si usano in modo impreciso termini come disabile, handicappato, invalido, inabile. Per esempio, disabilità e invalidità sono due concetti differenti:

il concetto di disabilità fa riferimento alla capacità della persona di espletare autonomamente (anche se con ausili) le attività quotidiane fondamentali e si riconduce alla legge 104 del ’92;

quello di invalidità, invece, rimanda al diritto di percepire un beneficio economico in conseguenza di un danno biologico, e fa riferimento alla legge 118 del ’71. Unire dati provenienti da diverse fonti al fine di fornire una stima complessiva del numero di disabili significa allora considerare in realtà persone individuate con parametri diversi.

 

La fonte istituzionale del numero di certificazioni scolastiche non risolve appieno il problema, perché non sono compresi i bambini in età prescolare, e perché non vi è obbligo di iscrizione alla scuola materna, per cui i bambini disabili certificati tra 3 e 5 anni sono sicuramente una sottostima del numero reale.”

 Comunque prendendo per base i dati OMS del 2010 si parla di 2 milioni e 615.000 disabili in Italia fino a 65 anni, il 5% della popolazione, se si aggiunge anche le persone diversamente abili oltre i 65 anni si arriva a superare il 18%. Immaginiamo uno stato un dove il 18% della popolazione è diversamente abile o comunque inabile o comunque incapace di vivere una vita autonoma senza l’aiuto degli altri. Vorrei anche sottolineare quanto sia importante riflettere che una persona diversamente abile a una famiglia, genitori, figli e parenti, oppure potrebbe essere sposata non dimentichiamo La disabilità che arriva con incidenti di lavoro o durante la maggiore età quando una persona ha già una famiglia. Questo per dire che attorno alla persona diversamente abile c’è tutta una maglia, una rete di persone che vivono il disagio, la povertà, il rifiuto o spesso anche il tabù e gli stereotipi dati da retaggi culturali… Il tutto assume proporzioni numeriche veramente inimmaginabili!

 

L’Italia è uno dei Paesi europei che spende meno di tutti per la protezione sociale delle persone con disabilità: 438 euro pro-capite annui contro la media di 531 euro dei Paesi dell’Unione europea. Addirittura, in termini di erogazione di beni e servizi il valore pro-capite annuo non raggiunge i 23 euro, meno di un quinto della spesa media europea.
Per questo è irricevibile l’idea dell’attuale governo di modificare l’Isee per considerare reddito la pensione d’invalidità, l’assegno di accompagnamento o eventuali contributi per rendere autonome le persone non autosufficienti. (Dati Censis)

 

Comincio parlando di me, sono una donna diversamente abile con una malattia genetica molto rara, colpisce un bambino ogni 60.000, noi nasciamo senza il gene che crea la cartilagine e solo intorno ai 18 mesi i genitori cominciano a sospettare che qualcosa non funziona. Malattia molto dolorosa perché le nostre articolazioni non avendo la cartilagine si infiammano si deformano spesso si rompono creando una vita nel dolore.

Il mio caso è stato aggravato da una doppia scoliosi e all’età di 28 anni in Francia mi hanno stabilizzato la colonna con due barre di acciaio, intervento sperimentale che però mi ha ridato la vita ho subito la paralisi o quell’intervento ma quelle due barre di acciaio che vanno dal mio collo a sacrale impedendomi di piegarmi hanno permesso che la mia vita non si spezzasse come la mia malattia lo voleva sono caso unico si sono numero uno perché la ricerca solo da poche decine di anni ha scoperto questa malattia, ma la ricerca non viene finanziata quando non c’è troppo interesse economico e quindi i bambini che hanno questa malattia non hanno nessun parametro e pochissime informazioni .

 

La legge italiana vuole che io viva con  260: assegno di inabilità (non è scandaloso? Io sono definita inabile!) e  450 di assegno di accompagnamento il totale viene da sé, circa 700 euro per vivere mangiare sostenersi e pagare una persona che mi assista. Se guardiamo i contratti del mondo del lavoro di persone assistenti o badanti si parte da un minimo di 750 aggiungiamo i contributi e fate bene i conti su quello che resta per vivere.

Con la finanziaria adesso tutto è regolato dal redditometro, giustissimo solo che il governo ha inserito come parametri nel redditometro anche l’assegno di inabilità e l’accompagnamento: pensiamo che sia un reddito forse? Ma nessuno ha mai pensato che se avessi potuto scegliere io non ci sarei stata con i miei genitori in questa casa? Perché viene considerato reddito mio? Datemi gli strumenti per lavorare ed io produrrò quel benedetto reddito mio! Quello sarà veramente il reddito sul quale sarò ben felice di pagare le tasse!

Se vivo con i miei due genitori anziani e pensionati in una casa di proprietà che mio padre muratore, ha comprato con il sangue e il suo sacrificio e sono  residente con loro perché devo cumulare con loro il reddito di calcolo per le detrazioni? Non capisco perché posso scaricare solo 2500 euro in totale! La persona disabile dovrebbe detrarre le proprie spese sanitarie sostenute e non cumularle con il resto della famiglia! Come dovrebbero essere detratte (al netto) le spese sostenute per pagare lo stipendio della badante . Essa è “mezzo di sostentamento”!

 

Molte visite da medici professionisti, molte protesi per la salute e la Asl certamente non passa, i prodotti e i farmaci per i miei genitori anch’essi malati: i  2500 annui vengono facilmente superati ! Credo che una legge finanziaria dovrebbe avere un capitolo dedicato alle persone diversamente abili e alle sue famiglie. Una persona diversamente abile se messa in condizioni di lavorare, di produrre, con gli strumenti adatti è una persona economicamente produttiva per la nostra economia !

 

Io ho un quoziente intellettivo molto alto (dato dalla mia malattia) se avessi avuto quello che la costituzione prevede per tutti cittadini, probabilmente adesso a cinquant’anni non sarei un peso economico, non dovrei vivere di assistenzialismo, non dovrei arrivare al 31 dicembre con l’agonia di dover bussare alle assistenti sociali per ricevere dei soldi per vivere! Questo è un diritto sancito dalla convenzione sulle persone disabili dell’Onu del 2006 firmata dallo Stato italiano nel 2009: la presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2009 firmò la convenzione ratificandola come legge dell’Italia così altri 160 paesi, i 50 di della convenzione Onu sono diritti inalienabili delle persone!

Io stessa mi trovo spiazzata perchè mi riconosco intelligenza, esperienza e capacità di produrre reddito sul quale vorrei davvero aver possibilità di pagare tributi allo Stato…

Pensiamo al paradosso …:

per il mio impegno civile lo Stato italiano mi ha dato il riconoscimento di Cavaliere dalla Repubblica, sono scrittrice di poesie e una delle quali è inserita nell’antologia scolastica Zanichelli (di seconda media) come autrice moderna. Sono membro di diverse commissioni sulla disabilità, Commissario Commissione Pari Opportunità, membro fondatore di una Fondazione Onlus (Fondazione Il Sole), animatrice pastorale, catechista, sono stata Operatrice Locale di Progetto per sette anni di progetti di servizio civile nazionale… studio canto moderno  …ecc ecc ecc….. tutto fatto con la mia volontà e intelligenza da casa, dato che vito moltissimo del mio tempo a letto per i dolori fisici… tutto fatto con il mio volontariato: se avessi ricevuto strumenti idonei, sgravi fiscali non sarei stata più utile, per me e gli altri?

 

Per adesso Adelfia, ho buttato giù queste riflessioni, che allego anche le fonti di quello che ho detto, la recensione Istat sulle persone disabili, e una mia relazione che magari anche alla segreteria organizzativa elettorale del governatore della Toscana in occasione, appunto nella sua campagna elettorale questa mia relazione prevede percorsi di mobilità sia a livello sanitario che quello assistenziale.

Fammi sapere se hai delle domande precise su me stessa sulla mia vita, scrivile pure ed io ti risponderò…così a caldo non so cosa raccontarti di me … Tra poesie impegno civile… Commissione pari opportunità… Volontariato… Ed altro non so cosa possa essere di importanza primaria…. Un bacio per adesso grazie!  

Lorella Ronconi    > www.lorellaronconi.it

Che domande fare a Lorella? io di lei so tutto… quello che volete sapere voi andate a cercarlo sul suo sito…un po’  di impegno non guasta, lei ne mette sempre molto in tutto quello che fa.Adellfia Franchi

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STIMA DEL NUMERO DELLE PERSONE CON DISABILITA’

L’indagine ISTAT sulle Condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2004-2005 è la principale fonte di dati utilizzata per stimare il numero delle persone con disabilità presenti in Italia. Essa è però parziale, e va quindi integrata per giungere a una stima complessiva.

In base alle stime [1]ottenute dall’indagine sulla salute e il ricorso ai servizi sanitari, emerge che in Italia le persone con disabilità sono  2/milioni 609/mila, pari al 4,8% circa della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia. La stima si basa su un criterio molto restrittivo di disabilità, quello secondo cui vengono considerate persone con disabilità unicamente quelle che nel corso dell’intervista hanno riferito una totale mancanza di autonomia per almeno una funzione essenziale della vita quotidiana. Se consideriamo in generale le persone che hanno manifestato una apprezzabile difficoltà nello svolgimento di queste funzioni la stima allora sale a 6milioni 606mila persone, pari al 12% della popolazione, che vive in famiglia, età superiore ai 6 anni. Tale dato è in linea con quello rilevato nei principali paesi industrializzati. Sfuggono tuttavia le persone che, soffrendo di una qualche forma di disabilità non fisica ma mentale, sono in grado di svolgere tali attività essenziali.

Nell’indagine sulla salute non sono compresi i bambini fino a 5 anni, in quanto lo strumento utilizzato [2] non è idoneo a fornire indicazioni utili per questa fascia di popolazione. E’ possibile stimare il numero di bambini con disabilità utilizzando i dati provenienti dalle certificazioni scolastiche e facendo alcune ipotesi semplificative riguardo al trend della disabilità nella prima infanzia. Dai dati provenienti dal Sistema informativo del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (SIMPI) la prevalenza di bambini di con disabilità che frequentano la prima classe elementare è pari all’1,32%. Inoltre alcuni studi specifici [3]stimano una prevalenza alla nascita di bambini con disabilità pari all’1%. Se ipotizziamo un trend lineare nell’aumento della prevalenza di disabilità da 0 a 6 anni, e consideriamo come punto di partenza la prevalenza alla nascita dell’1% e di arrivo la prevalenza a 6 anni dell’1,32%, possiamo stimare, complessivamente, un numero di bambini con disabilità fra 0 e 5 anni pari a circa 42.460.

Per quanto riguarda la stima delle persone con disabilità che non vivono in famiglia ma nelle residenze socio-sanitarie, possiamo fare riferimento ai dati provenienti dalla rilevazione condotta su queste strutture, che indicano nel 2003 (ultimo anno disponibile) la presenza di 190.134 persone con disabilità o anziani non autosufficienti.

Considerando quindi il numero di persone che vivono in famiglia, la stima del numero di bambini sotto i 6 anni e le persone residenti nei presidi socio-sanitari si giunge ad una stima complessiva di poco meno di 2 milioni 800mila persone con disabilità. E’ bene chiarire ancora che si tratta di stime, che presumibilmente distorcono verso il basso il reale numero di persone con disabilità in Italia. Poiché infatti le persone con disabilità in famiglia vengono rilevati tramite indagine campionaria col metodo dell’intervista (direttamente alla persona con disabilità o a un suo familiare), non si può escludere che vi sia una sottostima, dipendente dal tipo di disabilità, dovuta alla mancata dichiarazione della presenza di persone con disabilità in famiglia.

Passiamo ora ad un’analisi più dettagliata dei risultati dell’indagine sulle condizioni di salute, quindi con riferimento alle persone con disabilità di 6 anni e più che vivono in famiglia.

La presenza di disabilità è ovviamente correlata all’età: tra le persone di 65 anni o più la quota di popolazione con disabilità è del 18,7%, e raggiunge il 44,5% (35,8% per gli uomini e 48,9% per le donne) tra le persone di 80 anni e più.

I tassi di disabilità evidenziano una differenza di genere a svantaggio di quello femminile: in rapporto al totale della popolazione le donne hanno un tasso di disabilità del 6,1% mentre gli uomini del 3,3%.  Tale fenomeno è determinato in buona parte dall’evoluzione demografica, che ha causato un forte invecchiamento della popolazione, caratterizzato da una crescita della speranza di vita alla nascita per tutta la popolazione, ma in misura maggiore per le donne.

Nell’analisi della distribuzione territoriale emerge un differenziale tra l’Italia settentrionale e quella meridionale ed insulare.  In particolare si osserva un tasso di disabilità del 5,7% nell’Italia insulare e del 5,2% nell’Italia Meridionale, mentre tale tasso scende al 4,2% nell’Italia Nord-Orientale e al 4,3% nell’Italia Nord-Occidentale. Nell’Italia Centrale si ha un tasso di disabilità del 4,9%. La stessa struttura geografica si osserva per gli uomini e per le donne.

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[1] A breve l’ISTAT renderà disponibile un volume relativo ai risultati dell’indagine 2004-2005 sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari. I dati qui presentati sono delle anticipazioni di tale volume relativamente ai disabili.

[2] La batteria di quesiti per la rilevazione della disabilità comprende le difficoltà nelle funzioni della vita quotidiana, che riguardano l’ assenza di autonomia nello svolgimento delle essenziali attività quotidiane o di cura della persona, quali mettersi a letto o sedersi da soli, vestirsi da soli, lavarsi o farsi il bagno o la doccia da soli, mangiare da soli anche tagliando il cibo. E’ evidente che i bambini piccoli non sono autonomi in queste attività, ma non per questo sono disabili.

[3] P. Facchin, A. Furlanetto, B. Buratto et al. (a cura di), Rapporto conclusivo sul progetto di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità “Prevenzione dei fattori della salute materno-infantile: valutazione della prevalenza di invalidità infantile di origine sia congenita che acquisita”, Padova, 1999.

volume-istat Scarica il volume ISTAT

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