Tradizioni e storia nei dialetti italici
Un Libro di Giuseppe di Genova, in una recensione di Maurizio BERGONZINI
Parlando della molteplicità dei linguaggi in Italia Dante analizzava i vari dialetti che in essa si parlavano pur non essendo per lui alcun dialetto di per sè illustre, cardinale, aulicum, curiale tanto da poter sostenere il confronto con il Latino. Limite questo, però, superato dai poeti che parlando di temi di valenza universale hanno valicato la soglia municipale, il campanile ristretto perchè il volgare fa sentire il suo profumo in ogni città, ma non ha la sua dimora in alcuna. Sosteneva sempre Dante nel “De vulgari eloquentia” che, probabilmente, non si sbagliavano quelli che credevano che i Bolognesi parlassero la lingua più bella, visto che nel loro volgare assimilavano quello dei vicini di Imola, Ferrara e Modena. Prendendo dagli Imolesi morbidità e mollezza, dai Ferraresi e dai Modenesi una certa asprezza tipica dei Lombardi.
Ieri, come scriveva Pier Paolo Pasolini in Dialetto e poesia popolare, testo del 1951, “Il contadino che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà”. Oggi a fronte dell’inquinamento linguistico provocato dal consumismo economico-culturale (si pensi al “sinistrese” o al “burocratese” ) si può osservare un rinnovato impegno nella tutela delle lingue locali,
Esempio di questo impegno è certamente il volume di Giuseppe Di Genova “Tradizione e storia negli sproloqui del Sandrone” (Sigem / 45 euro) che si è imposto alla nostra attenzione per molteplici motivi:
– E’ espressione di un dialetto, variante di quello emiliano, che mostra una notevole vivacità creativa (Spallicci, Guerra, Pedretti, Baldini, Baldassari e, più specificatamente, il Gruppo dialettale modenese “La trivela” ).
– E’ esposizione di una tradizione carnevalesca che fa riferimento a una maschera locale Sandrone ( el Sandroun) che trova origine in una commedia (di cui si è recentemente trovato il manoscritto attribuibile alla seconda metà del cinquecento) di Giulio Cesare Croce (ben noto come creatore di Bertoldo e Bertoldino) intitolata «Sandrone astuto», dove tra i protagonisti troviamo un contadino rozzo sì, ma furbo e scaltro cui si uniranno poi moglie Pulonia e figlio Sgorghiguelo. Il Sandrone divenne poi burattino nel settecento grazie a Luigi Campogalliani e infine maschera in carne e ossa per iniziativa di Giulio Preti, genero di Campogalliani.
– E’ studio di una tradizione viva: la famiglia Pavironica, che prende il nome dalla pavéra (erba palustre con cui tuttora si impagliano sedie) il giovedì grasso di ogni anno, dal balcone del Municipio in piazza Grande, regala ai cittadini modenesi, che accorrono numerosi, uno “sproloquio”
– E’ manifestazione di come evolvano i sentimenti e gli interessi di una comunità. La raccolta degli “sproloqui” consente quindi di osservare, con un sorriso, il modificarsi dei costumi.
A questi motivi sostanziali va aggiunta la bellezza bibliografica del volume, stampato in 300 copie e ricco iconograficamente.
Questa breve nota non sarebbe completa, pur nella sua sinteticità, se non si riferisse anche dell’autore. Giuseppe Di Genova è un medico che svolge un’importante attività culturale di cui abbiamo prova dai volumi da lui scritti (da “Rimedi e superstizioni nella medicina popolare“ a “Maschere e mascherai di Modena”, da “Il presepio di Bertoni” alla silloge “Cinquecento anni di poesia dialettale modenese, dalla “Grammatica e rimario del dialetto modenese” al “Progetto dialetto. Giochi, filastrocche, proverbi, poesie nella tradizione modenese”) e dall’attività come poeta e studioso del dialetto modenese. Né si può sottacere l’origine pugliese del dottor Di Genova che da una parte sottolinea il suo amore per la “modenisità” dall’altra dimostra la capacità attrattiva delle “piccole patrie” intese, correttamente, come amore della tradizione e non svirilizzate in una chiusura ottusa.