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Una Legge per abrogare le Regioni

COMUNICATO STAMPA a seguito CONVEGNO di FRATELLI D’ITALIA svoltosi giovedì 5 marzo in Roma a Palazzo San Macuto

“PROPOSTA LEGGE PER ABROGARE REGIONI”

20 Regioni, di cui 5 a Statuto speciale, 8047 Comuni, 109 province, a cui si aggiungono Comunità Montane e altre Istituzioni locali per un totale di 16 mila enti intermedi. Un coacervo di sovrapposizioni legislative, burocratiche e amministrative che crea una struttura statale pesante e iper-burocratizzata che allontana i cittadini e determina difficoltà alle imprese, allontana gli investimenti e appesantisce lo sviluppo sociale ed economico. Questi sono stati temi affrontati nel corso del convegno organizzato dal Gruppo alla Camera di Fratelli d’Italia-A.N. presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto (segnalato opportunamente dalla Consul Press con ampio risalto) con la partecipazione di esponenti della Società Geografica Italiana, urbanisti e costituzionalisti per presentare la proposta di legge di Fd’I, per riformare l’assetto dello Stato. 

«Fratelli d’Italia – ha illustrato il proprio Presidente  Giorgia Meloni, intervenendo al convegno – ha trasformato in proposta di legge lo studio della SOCIETA’ GEOGRAFICA ITALIANA per abolire le Regioni e i 16 mila enti intermedi che ora esistono e per istituire 36 distretti territoriali omogenei per storia, cultura, geografia ed economia. Serve una nuova architettura dello Stato, perché il regionalismo è stato un fallimento e ha prodotto molto spesso solo corruzione e burocrazia. Nel 1970, quando si stavano disegnando le Regioni sulla base del compromesso tra Dc e Pci, Giorgio Almirante lo aveva ampiamente previsto e aveva denunciato che la spesa pubblica sarebbe andata fuori controllo. Dopo 45 anni, possiamo dire che è andata proprio così».

«L’Italia – hanno spiegato il presidente della Società Geografica italiana, Sergio Conti, e il presidente di CAIRE Urbanistica, Ugo Baldini, aprendo i lavori – è iperterritorializzata. Il sistema assembleare parlamentare è stato applicato anche a livello locale, aumentando a dismisura i centri delle decisioni e della burocrazia. Ne consegue una verticale caduta della coesione nazionale che è la base fondamentale dello Stato Nazionale e un’incapacità di incidere a livello europeo. Quello che abbiamo disegnato è un insieme di distretti (dai 30 ai 36) dai confini mobili con al di sotto il modello dei sistemi metropolitani da una parte e di distretti urbani e territoriali dall’altra, sul modello tedesco dei Landkreis e Stadtkreis, sistema con cui i Comuni della Germania si mantengono e si organizzano, aumentando l’efficienza e l’offerta dei servizi ai cittadini secondo un principio di autonomia dinamica. Questa nuova struttura territoriale consentirebbe un risparmio complessivo di oltre 1 miliardo e 300 mila euro derivanti dalla soppressione di 16 mila enti intermedi».

Per il costituzionalista De Vergottini, la questione è legata a come inserire questo progetto nell’ambito delle riforme istituzionali all’esame del Senato ‎e il cui iter è avanzato. Il problema fondamentale in realtà è lo status costituzionale delle Regioni: «E anche per decostituzionalizzarle – ha osservato – è necessario passare attraverso l’art. 138 della nostra Carta».

«L’incontro tra il mondo accademico e il mondo legislativo – ha spiegato invece il primo firmatario della proposta di legge e deputato di FdI, Edmondo Cirielli – è un fatto positivo. La Società Geografica Italiana ha messo a disposizione questo suo progetto nell’interesse dell’Italia. E ne siamo profondamente grati. L’individuazione di questo distretti è lo strumento migliore per poter rispondere agli interessi dei cittadini e delle imprese. L’abrogazione delle province fatta da Renzi è solo fittizia e colpisce un ente che ha enorme potenzialità».

«La riforma costituzionale del governo Renzi – ha concluso il capogruppo alla Camera di FdI, Fabio Rampelli – ignora il pur urgente bisogno di ridisegnare l’architettura dello Stato anche nella dimensione delle istituzioni territoriali. ‎La proposta di FdI si fonda sulla cancellazione delle Regioni e sulla categorica esclusione di un loro accorpamento perché le grandi dimensioni moltiplicano la spesa pubblica e aumentano la distanza con il territorio, i cittadini e i bisogni sociali reali. Ci siamo ispirati al concetto di “comunità” gli ambiti da noi proposti sono dei veri; moduli identitari lontani anni luce dalle astrazioni politiche e altrettanto distanti da logiche elettoralistiche che finora hanno condizionato ogni proposta in tal senso. Mettendo al centro la comunità si tengo meglio a bada lobby, comitati d’affari e speculatori che fanno della distanza delle istituzioni con  il territorio‎ il loro punto di forza per perseguire i loro interessi».

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Nota del Direttore Editoriale – A livello personale da sempre ho mantenuto una posizione critica sia verso le Regioni, come Istituzioni, sia verso la “regionalizzazione” politico/amministrativa dello Stato, in quanto tale sistema ha comportato – a mio avviso – solo la creazione di “Centri di Potere ” per la partitocrazia, di una mala gestio in campo economico e tributario, di una ripartizione clientelistica di incarichi e di affari. Dovrebbero essere infatti abolite  le Regioni (ed in primis le Regioni a statuto speciale) e non le Province, mentre andrebbero rafforzate le Prefetture. Pertanto da parte mia, oltre a riportare queste argomentazioni sulla Consul Press e ove possibile anche su altri organi di stampa (Il Borghese, Rinascita, l’Opinione), ritengo sia importante e necessario sostenere le tesi di più ampie riforme come progettate dal C.E.S.I.– Centro Studi Politici ed Iniziative Culturali, con alcuni importanti progetti, tra i quali quello per “Una Repubblica Presidenziale della Partecipazione e delle Competenze” e per una “Riforma della Costituzione”. Da qui l’invito a partecipare ad un Convegno che il C.e.s.i. organizzerà il prossimo 27 marzo e di cui verranno date dettagliate notizie. (G.M.)