Skip to main content

Intervista all’Ambasciatore dell’ Armenia

INTERVISTA all’ Ambasciatore  S. E. SARGIS GHAZARYAN  per il  centenario dell’inizio del genocidio armeno (1915-2015)__________________ a cura di Giuseppe PACCIONE *

 

1) Un secolo fa ci fu il genocidio del popolo armeno, ci può tracciare l’origine di tale atrocità?  A un secolo di distanza si può tracciare l’origine. L’origine del genocidio è sicuramente è da ricercarsi in quel piano geo-politico che, in qualche modo, si delineava già verso la fine dell’800 dell’Impero ottomano; in altri termini, dopo aver perso le province dei Balcani con la sommossa anche delle popolazioni arabe e, quindi, con il graduale e continuo restringimento dello spazio della protezione dell’Impero ottomano, emerge questa ideologia fatturanica che vedeva quel mondo turco fono a est che arrivava sino alle province nord occidentali tra La Cina e l’Anatolia, passando per l’Asia centrale e il Caucaso, il nuovo spazio vitale, in qualche modo, delineato nell’accezione hitleriana a questo spazio vitale per l’Impero ottomano. In quel contesto, in quella proiezione l’unico ostacolo, l’unica isola non turco fona, non musulmana era l’Armenia storica. Il piano è piuttosto certo. Bisogna eliminare quell’ostacolo e si aspetta un pretesto e allo stesso tempo non dimentichiamo che, invece, nella capitale dell’Impero, a Istanbul, c’è una intellighenzia armena piuttosto progressista che si forma nell’università europee, che in qualche modo torna a Istanbul e sono proprio quelli che vogliono una riforma profonda in termini moderni dell’Impero. Nel contempo, una classe economica e commerciale considerata abbastanza vibrante e che, pertanto, ci sono in qualche modo, in un momento in cui, poi, la Turchia entra nel primo conflitto mondiale vi è il pretesto in base al quale la maggior parte dei genocidi nell’900 vengono celati dietro ai conflitti mondiali. Il pretesto consisteva nella demonizzazione dell’armeno come l’origine dei mali dell’Impero ottomano e di conseguenza non attribuire all’armeno di sudditi e non affidabili secondo il movimento dei Giovani turchi. Spesso gli armeni contribuivano alla prosperità e al progresso dell’Impero ottomano. Quello è il momento in cui viene pianificato l’azione di genocidio, cioè viene messo in piedi una struttura ad hoc, denominata “organizzazione speciale” e, quindi, una rete dei governatori e degli appartenenti di esponenti al governo del partito dei Giovani Turchi.

2) Nel mondo attuale, il fenomeno del genocidio non è stato ancora cancellato.  L’esempio armeno potrebbe essere utile a far comprendere la pericolosità di questo fenomeno?  Sicuramente, sì! Negli studi dei genocidi, il caso armeno viene considerato come il proto genocidio. Mesi dopo l’inizio dell’azione del genocidio, il 24 aprile del 1915, viene specificata con l’arresto e la deportazione e l’eliminazione dell’intelligenza armena. Allo stesso tempo venivano chiamati alle armi, per la prima volta, nell’esperienza ottomana gli uomini armeni dell’età dai 18 ai 50 anni, che diede campo libero e semplice all’operazione del genocidio nei riguardi dei bambini, delle donne e degli anziani. In altre parole, il genocidio armeno certamente è quell’anello che lega la belle epoque al darwinismo sociale poi degli anni trenta e quaranta del secolo scorso in Europa. Per la prima volta, nel giugno del 1915, grazie all’intesa della Francia, della Russia e della Gran Bretagna, si usa l’espressione “crimine contro l’umanità”, proprio durante la condanna nell’azione del governo ottomano contro gli armeni. Il termine “genocidio” non esiste ancora, ma verrà coniato nel 1944 dal giurista polacco, di origine ebraica, Raphael Lemkin. Quest’ultimo è stato uno studioso del genocidio armeno e conia la fattispecie di reato, riferendosi in quel momento a quelli che erano i fatti noti nella pianificazione e implementazione del genocidio nei riguardi degli armeni. Quello è anche il termine giuridico che è alla base della “Convenzione delle Nazioni Unite per la Prevenzione e la Repressione del Crimine del Genocidio”, del 1948.

Perché è attuale ancora il genocidio armeno a cent’anni dai fatti? Per la ragione che ancor oggi vi è un negazionismo di Stato da parte degli eredi di quello che fu l’Impero ottomano e cioè l’attuale governo turco. Nel caso del genocidio armeno, rispetto agli altri genocidi del novecento, non si tratta di negazionismo di estremista di destra, ma si tratta di negazionismo che è estremamente pericoloso in questi termini ed è l’ultimo atto di un genocidio ovvero è quell’atto che rende il crimine reato incrementato, portato a conclusione con successo un crimine perfetto; quindi, negato e dimenticato e di conseguenza replicabile. Qua mi preme ricordare quelle parole di Adolf Hitler annunciate il 22 agosto del 1939, prima dell’invasione della Polonia, quando raduna il suo stato maggiore, quando li incita a essere irremovibili nell’azione anche nei riguardi dei civili, di essere feroci, di essere determinati. Qui nel suo discorso, domandandosi ironicamente chi dopo tutto si ricordava ancora dell’annientamento degli armeni? A questa domanda dovrebbe rispondere la società civile, come pure i governi. In altre parole, da una prospettiva contemporanea, la memoria per noi vuole essere più prescrittiva che descrittiva cioè quella memoria alla prevenzione dei genocidi.

3) L’ISIS (Islamic State Iraq & Syria)che avanza, come sta affrontando il problema del terrorismo l’Armenia?  Prima di tutto mi preme dire che l’Armenia da consumatore di sicurezza, negli ultimi 15 anni, si formato in un fornitore di sicurezza che si basa, per l’appunto, sul concetto della complementarietà e multilateralità di politica estera di sicurezza. In altre parole, l’Armenia ha contribuito e contribuisce ancora alla missione di pace nel Kosovo, era presente nella pacificazione dell’Iraq, dell’Afghanistan, siamo presenti con il contingente ONU sotto comando italiano (UNIFIL) nel Libano del sud, con una determinazione, appunto, di aumentare anche la nostra presenza in termini numerici in quella missione. In sostanza, ci assumiamo una responsabilità di fronte a una sfida e minaccia che certamente non è regionale, ma riguarda l’intera comunità internazionale. Dall’avvento di questa grottesca organizzazione che ne fa dell’assassinio una spettacolarizzazione. Naturalmente, voglio ricordare che le nostre comunità armene sono esposte a minacce nelle aree dove opera l’Isis, mi riferisco nei territori iracheni e siriani. Voglio inoltre rammentare che vi sono ancora 80 mila armeni diroccati ancora ad Aleppo (Siria), dove abbiamo ancora aperta la nostra sede consolare, dove i miei colleghi, eroicamente, continuano ancora a essere presenti per essere gli occhi e le orecchie della comunità internazionale, ma in termini delle questioni umanitarie.

4) Come sono i rapporti tra l’Armenia e l’Italia?  La ringrazio molto per questa domanda perché viene posta propria alla vigilia della visita ufficiale del Presidente della Repubblica d’Armenia Serž Sargsyan in Italia, questo mese. Sono rapporti che hanno duemila anni di storia. Iniziano nel 66 dopo Cristo, quando il Re armeno Tiridate I si recò a Roma per ricevere la corona da Nerone, che, poi, sono stati duemila anni di continue relazioni di solidarietà ricevuta ma, allo stesso tempo, di generoso contributo alla costruzione dell’Italia, come è conosciuta oggi. In altre parole, sono rapporti antichi. I rapporti formali, diplomatici fra il nostro Paese e il vostro s’instaurano molte settimane dopo la dichiarazione d’indipendenza nel 1991, quando l’URSS si stava sgretolando. Quest’anno, infatti, celebreremo i 24 anni dei rapporti diplomatici con l’Italia. Ad esempio, sul piano commerciale, negli ultimi 4 anni, l’interscambio, che è stato caratterizzato dalla recessione, dalle crisi economiche nel mondo, è aumentato del 92%. In Armenia vi operano più di una sessantina di imprese con capitale italiano. Circa la cooperazione culturale, abbiamo delle storie di successo straordinarie da raccontare.

 *Intervista già registrata a cura dell’ autore per il mensile de “La Gazzetta italo-brasiliana”

2015-03-05 19.00.49