Sbirri di regime – Crimini del Ventennio
Con il termine paraletteratura si era soliti indicare un ampio insieme di generi prevalentemente narrativi: dal fumetto ai fotoromanzi, fino ai numerosi sottogeneri di romanzo (giallo, fantascientifico, poliziesco, thriller, horror etc). Termine superato dalla critica e dalla prassi editoriale: gli autori di “gialli” sono ormai stabilmente inseriti nelle collane generaliste.
Osserva Gianfranco de Turris nella sua densa introduzione a “SBIRRI DI REGIME – CRIMINI NEL VENTENNIO” che questo “sdoganamento” ha comportato l’inserimento nel termine “poliziesco” di generi prima autonomi (dal noir al thriller) ma anche una sorta di saturazione del genere tanto che un critico e storico, nonché autore, del “giallo” come Andrea Carlo CAPPI ha potuto scrivere di Commissario Cliché. E de Turris chiarisce “i protagonisti dei romanzi nostrani si somigliano tutti fra loro: di solito sono personaggi della provincia, con i loro problemi umorali, psicologici, fisici, familiari tutti uguali, melensi, affetti da un insopportabile buonismo, alle prese con nemici della società sempre prevedibilissimi e con una tendenza a giustificarli”. A parere di de Turris, si può: uno dei modi per uscire da quest’ impasse è il poliziesco storico che costringe l’autore serio “non solo a ricostruire nei minimi particolari un tempo diverso da quello in cui vive … ma anche ad affrontare modi di vedere, psicologie, sentimenti, valori diversi dagli attuali”.
Su questa via alternativa è impostata la antologia, di cui scriviamo, che vede riuniti ventisei racconti di autori diversi alcuni già impegnatisi nel genere poliziesco, altri piuttosto impegnati negli studi storici e negli studi di storia della cultura. I ventisei racconti si riferiscono tutti, come dice il titolo, al periodo del Fascismo storico (sostanzialmente un racconto ad anno ed evitando sovrapposizioni), il che ha rappresentato un’ulteriore difficoltà e un ulteriore impegno non volendosi uniformare, né il curatore né gli autori, alla rozza vulgata antifascista mantenendo piena libertà di approccio all’argomento ed evidenziando la diversità del Fascismo nei suoi aspetti e nelle sue anime.
Si legga ad esempio il racconto “Tutta colpa del gatto” in cui Giorgio BALLARIO riproponendo il “suo” maggiore Morosini (di cui gìà si scrisse ne Il Borghese dell’aprile 2013) tratteggia una presenza italiana in Eritrea in cui convivono passione rivoluzionaria, comportamenti piccolo borghesi e condotte delinquenziali.
I racconti hanno spesso trame inaspettate sia quando si tratti di vicende completamente immaginarie sia quando si faccia riferimento ad episodi reali. Il ricorso da parte di molti autori all’inserimento nelle storie di numerosi personaggi reali (da Bocchini a Arnaldo Mussolini, da Evola a Ettore Majorana) dà una particolare suggestione alla precisa ricostruzione storica.
Cito ad esempio, non potendosi in questa sede dar conto di ogni narrazione, “ e apparenze ingannano” di Daniele LEMBO (noto e compianto autore di volumi di storia e storia militare) e “La golena degli strolighi” di Augusto GRANDI che ci propone una bella vicenda poliziesca inquadrata in un’ Italia rurale in cui si confrontano lo squadrista Gottarelli (un piccolo contadino “testa calda” secondo il locale vicebrigadiere dei Carabinieri) che confida nell’imminente istituzione della Milizia perché l’ansia di giustizia porti a chieder conto dei loro comportamenti a un vecchio mondo di potenti. > Maurizio BERGONZINI
*** *** ***
“Sbirri di regime. Crimini nel Ventennio” a cura di Gianfranco de Turris (Edizioni Bietti) – Questa recensione appare anche pubblicata sul N. di agosto/settembre de “IL BORGHESE” diretto da CLAUDIO TEDESCHI