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De Laude Novae Militiae ad Milites Templi

 Bernardus Clarae-Vallis

 De Laude Novae Militiae ad Milites Templi

A cura di

Fra Riccardo Bonsi

Grand’Ufficiale del Venerabilis Equester Ordo Sacri Principatus Sancti Sepulchri V.E.O.S.P.S.S.

Antico Ordine dei Cavalieri Bianchi di Seborga

 (con commento e traduzione per capoversi)

 

 

Prefazione

 

Il “De Laude Novae Militiae ad Milites Templi” è un’opera dell’Abate Bernard de Clairvaux (San Bernardo di Chiaravalle).

Composto su insistenza di Hugues de Payns, Maestro dell’Ordine dei Templari, tra il 1128 (anno del Concilio di Troyes) ed il 1136 (anno della morte di Hugues de Payns, cui fu dedicata l’opera), è un trattato scritto per promuovere ed esaltare la Paupera Militia Christi.

l’Opera mette in luce i tratti dell’etica e della spiritualità dei Templari, ossia conversione, rifiuto delle mondanità, spirito di sacrificio nei confronti della causa dei Luoghi Santi, contrapponendo gli usi della cavalleria laica alla purezza della vita e della fede della cavalleria monastica.

Con quest’opera l’Abate Bernardo, da sempre critico nei confronti dei Cavalieri e delle loro violenze, intende esaltare la nascita del nuovo ordine monastico-cavalleresco dei Cavalieri Templari, cui si richiede l’uso delle armi contro tutti coloro che sono considerati nemici della cristianità (musulmani, pagani, eretici), contrariamente ai tradizionali ordini regolari, i cui inermi monaci possedevano esclusivamente le armi della preghiera.

Il Cavaliere templare, secondo il progetto di Bernardo, è un monaco-guerriero e un laico-cavaliere, legato contemporaneamente al mondo religioso e al mondo profano, inserito a diverso titolo nell’ “Ordo monachorum” e in quello “laicorum” e rappresenta un nuovo tentativo di inserire la vita laicale in quella tipicamente monastica.

Bernardo si preoccupa di dare strutture monastiche ai Milites Christi, impegnati nella guerra santa contro gli infedeli, nella vigilanza al Sepolcro di Cristo e nella protezione ai pellegrini in viaggio verso i Luoghi Santi.

Non a caso la concessione del mantello bianco, sebbene emblematica dal punto di vista esoterico ed escatologico, accosta l’abito del Cavaliere del Tempio a quello del monaco cistercense.

La componente monastica della vocazione templare è dunque il nucleo del “De Laude Novae Militiae”.

Questo trattato, più che espressione dell’orientamento dell’Abate di Clairvaux a favore della guerra, rappresenta, invece, un vero e proprio tentativo di verifica della originalità della vocazione templare colta nei suoi contenuti ascetici e in consapevole contrapposizione tra i valori della “Militia Dei” e quelli della “Militia saeculi”.

Il trattato, dopo la lettera dedicatoria a Hugues de Payns, si articola in tredici capitoli, di cui i primi

quattro hanno carattere sistematico, in quanto finalizzati a delineare l’istituto della Nova Militia, contrapponendola alla militia profana, mentre il quinto propone un’analisi, in chiave simbolica, sul nome della sede dell’Ordine:

– Prologo

– Capitolo I: Sermone di Esortazione ai Cavalieri del Tempio

– Capitolo II: La Cavalleria Secolare

– Capitolo III: La Nuova Cavalleria

– Capitolo IV: Il comportamento dei Cavalieri di Cristo

– Capitolo V: Il Tempio

– Gli altri otto capitoli costituiscono un itinerario attraverso i principali Luoghi Santi con lo scopo di consentire un approfondimento dei valori teologico-mistici sottesi sia al nome che agli eventi connessi alle singole località:

– Capitolo VI: Betlemme

– Capitolo VII: Nazareth

– Capitolo VIII: Il monte degli Ulivi e la valle di Jiosafat

– Capitolo IX: Il Giordano

– Capitolo X: Il Luogo del Calvario

– Capitolo XI: Il Sepolcro

– Capitolo XII: Betfage

– Capitolo XIII: Betania

Il De Laude Novae Militiae non è un testo celebrativo, ma esortativo, indirizzato a dare aiuto ai Cavalieri del Tempio nella lotto sempiterna lotta contro il male, di cui gli infedeli sono solo simbolo e figura.

Le caratteristiche di questa Nova Militia sono individuati da Bernardo su un duplice piano, quello della professio monastica (combattere contro il demonio e il peccato che si annidano continuamente nell’animo di ciascuno di noi) e quello della lotta contro il nemico terreno, incarnazione del demonio.

Emerge così la figura del monaco-cavaliere, cioè di colui che combatte e, vincitore o vinto che sia, è destinato a ricevere il premio: l’alloro del trionfo o la corona del martirio.

Queste prospettive non fanno temere al Templare neppure la morte.

l’Abate cistercense evidenzia in negativo la Saecularis Militia, cioè la cavalleria profana, succube del peccato, fautrice della guerra ingiusta, superba, vanitosa, effeminata, iraconda, vanagloriosa, avida.

Ad essa Bernardo contrappone il carattere della nova militia, che non teme di peccare uccidendo il nemico e non ha paura della morte, in quanto ha la certezza della grazia del Signore, anzi considera un segno privilegiato della grazia lo stesso martirio.

Il Santo avverte il bisogno di giustificare l’immagine di un monaco che combatte e uccide.

Per questo motivo, l’Abate Bernardo, senza non lieve imbarazzo, introduce il concetto del malicidio.

Il malicidio sta ad indicare l’omicidio di un non cristiano in guerra, quando non vi sia altro mezzo per impedire il male che commette.

Bernardo, riprendendo il concetto di “guerra giusta”, introdotto da Agostino di Ippona, teorizza che l’uccisione di un infedele (eretico o pagano) non deve essere considerata come un omicidio (vietato dal V  Comandamento), ma come un “malicidio”, ovvero come l’uccisione e l’estirpazione del Male.

L’infedele deve essere eliminato in quanto portatore di un male assoluto e irredimibile, ma resta degno di amore per la sua umanità.

Secondo Bernardo, non è lecito uccidere il Male nell’infedele (e l’infedele stesso) se prima non si è ucciso il Male in sé stesso.

In questo modo, la crociata diviene, nella concezione cattolica medievale, un momento ascetico e espiativo del guerriero stesso.

Bernardo si dichiara in ogni caso contrario alla coercizione per forzare la conversione gli infedeli, e giustifica la violenza come mezzo di difesa della fede.

Questa teoria fu elaborata da Bernardo in base ad una specifica questione postagli dai Cavalieri Templari per dare una qualche risposta alla difficoltà per un cristiano di conciliare la guerra non difensiva con la parola di Dio.

Leggi il saggio completo >>

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