“Mala Gestio” – un Libro Inchiesta sul Veneto
“MALA GESTIO”: PERCHE’ I VENETI STANNO TORNANDO POVERI
di RICCARDO ABBAMONTE
Venerdì 30 novembre 2012 alla libreria LOVAT di Villorba (TV), si è svolta la presentazione del libro di MASSIMO MALVESTIO: “Mala gestio: perché i veneti stanno tornando poveri” (Edizioni Marsilio). Il giornalista ha presentato il suo libro dialogando con MARCO SERENA, Sindaco di Villorba e ANGELO SQUIZZATO, che ha presentato la serata, alla presenza di un pubblico selezionato e attento,
ANGELO SQUIZZATO ha aperto la serata presentando all’auditorium l’autore Massimo Malvestio, di cui “Mala gestio” è il secondo impegno letterario, dopo “Credito Cooperativo. Storia di uomini, bisogni, successi in Veneto”, una analisi sulla lunga storia della cooperazione in Veneto, dalle casse rurali fino alle banche di credito cooperativo.
Quindi il Sindaco – Avv. MARCO SERENA (Lega Nord – Lista civica) – ha ribadito come l’amico Massimo Malvestio si debba considerare un attento osservatore della realtà socio economica della regione Veneto, nonché un rigido censore delle segrete attività ivi svoltesi in tutti questi anni nel territorio, senza che nella maggior parte dei casi la gente ne venisse a conoscenza e che invece il libro intende svelare. Il sindaco ha rivelato poi come non sempre sia stato d’accordo in passato con le circostanziate e pesanti accuse di Malvestio nei riguardi di alcuni amministratori pubblici e privati; il libro resta comunque interessante perché costituisce un momento di confronto e di riflessione comune e necessaria, a prescinde dalle opinioni politiche dei lettori.
MASSIMO MALVESTIO da parte sua ha ripercorso i momenti che lo hanno portato a scrivere il libro in questione, affermando candidamente che quando gli era stato chiesto di raccogliere e selezionare i pezzi che in otto anni aveva scritto per il “Corriere Veneto” e “Nordesteuropa.it”, l’idea non l’aveva pienamente convinto. Erano dei pezzi vecchi, aveva detto a se stesso, superati dagli eventi, scritti per un quotidiano o per un mensile e destinati quindi a una breve vita e improvvisamente riesumati. Riletti a distanza di anni essi conservano piena, invece, la loro attualità e la ragione è assai semplice: a nulla o quasi di quanto denunciato in questi pezzi è stato posto rimedio e, allo stesso tempo, se possibile, sono anche venuti meno i pochi contraddittori che nel corso degli anni si sono succeduti.
In oltre un centinaio di articoli si sono formulate alcune proposte, talvolta sono stati denunciati anche alcuni veri e propri fatti di “mala gestio”. L’autore ha addirittura rivelato che gli sarebbe piaciuto che qualche volta qualcuno gli avesse detto che sbagliava. Ciò è accaduto solo in alcune rare occasioni, ma in alcuni casi le risposte non lo hanno convinto per nulla e gli hanno dato anzi modo di insistere, ma almeno hanno fissato i termini di un dibattito. Si contano invece sulle dita di una mano le repliche, anche quando erano chiamate in causa le responsabilità dei singoli.
Quando scrisse – l’11 luglio 2006 – sul “Corriere del Veneto” che la Regione Veneto aveva probabilmente rinunciato a poco meno di cinquanta milioni di euro per le modalità con cui aveva deciso di vendere la propria partecipazione nella SAVE, l’autore si sarebbe aspettato, se non una querela, almeno una replica oppure le dimissioni di qualche amministratore. Silenzio assoluto. Neppure alcuna replica quando parlò – il 25 agosto 2005 – dello strano modo con cui il gruppo Gavio aveva gestito i suoi rapporti con la Provincia di Milano. A distanza di oltre cinque anni se ne sta occupando la Procura di Monza e la verità sta emergendo a poco a poco, così come la gestione dell’autostrada Venezia-Padova sta oggi tenendo occupata la Procura di Venezia.
Fatti che erano sotto gli occhi di tutti e dai quali sono derivati danni erariali enormi, eppure spacciati per grandi disegni di sviluppo del territorio. Patacche che anche in Veneto sono state distribuite in abbondanza, il più delle volte accompagnate da spesse nuvole di incenso. Nemmeno oggi, che pure molta parte dell’incenso si è posata, qualcuno che abbia la voglia di fare due conti su quanto quelle avventure siano davvero costate. Figurarsi se vi è chi ha detto qualcosa quando si trattava di piccole perdite, di danni di pochi milioni di euro.
Mano ancora, ovviamente, si è avuta la fortuna di suscitare serie discussioni sul senso di mantenere miliardi di euro investiti in società municipalizzate che, in realtà, non gestivano più servizi pubblici. Anche sul monopolio delle autostrade stanno emergendo giochi poco nobili di amministratori locali già sufficientemente imbarazzati a gestire le sempre più scarse risorse degli enti che erano loro affidati, così come sulle fondazioni bancarie, su cui è stato scritto fin troppo, dove si è avuta una dissipazione epocale di ricchezza.
Sarebbe stato bello poter dire che quella dissipazione, se non poteva essere evitata, almeno fosse derivata da scelte consapevoli e trasparenti delle comunità che quei tesori hanno perduto. Il Veneto ha perso nel giro di pochi anni tutte le sue maggiori banche che non fossero banche popolari ed, oltre alle banche, alla fine ha perso anche i soldi. Ma il tutto è avvenuto senza un dibattito ed anche chi ha distrutto i risparmi di generazioni è ancora al suo posto.
Le grandi opere sono state poche, il Veneto è rimasto tagliato fuori dall’Alta Velocità e per la banda larga si è fatto troppo poco, mentre si sono conservati ospedali inutili, dai quale fugge anche chi ci abita vicino, tribunali che sarebbero serviti cent’anni fa e si sono realizzate caserme utili solo a togliere carabinieri dalle strade e a dare qualche alloggio in più ai militari. Le sedi universitarie sono proliferate ed è andata bene se, nel momento in cui l’informatica regola lo scambio dei dati, non ci si è trovati con un nuovo Tar e una nuova Corte d’Appello a Verona.
Chiudere un ospedale che non ha un bacino d’utenza e che non ha strutture competitive è una scelta che può realizzarsi solo sotto la pressione di un bilancio regionale allo stremo e che non ha comunque mai un sostenitore aperto e dichiarato, come invece hanno le scelte di conservazione dell’esistente che tutti oramai sanno essere contro l’economia e contro la salute. I minuscoli commerci attorno all’ospedale e qualche posto di primario sono gli interessi che trovano sempre sostenitori pronti a battersi senza risparmio e poco disposti a discutere di che cosa sia meglio per la salute dei cittadini.
Chi potrebbe schierarsi contro una nuova Università nella sua città? E chi contro una nuova sede giudiziaria o contro la nuova caserma dei carabinieri? La banda larga, invece, che non si vede, favorisce la competitività di un sistema. Ma questo non importa che a pochissimi.
L’Alta Velocità è ormai ovunque fuor che qui, ma i veneti sono contenti perché hanno discusso a lungo del fatto se dovesse o meno fermare a Vicenza, come se fosse un tram. Adesso non ferma da nessuna parte e va bene così: di certo la chiusura dell’ospedale di Malcesine provocherà reazioni infinitamente superiori alla mancata realizzazione dell’Alta Velocità.
Hanno avuto ragione nell’ignorare le denunce in proposito: il vero filo conduttore di questo libro è il contingente che diventa eterno, le cose insensate che non cambiano mai, gli amministratori incompetenti che rimangono sempre al loro posto, a dispetto di tutto e di tutti.
Fungibili a qualsiasi disegno perché, in realtà, non c’è nessun disegno. Anzi è proprio l’assenza di qualsiasi disegno a legittimare questo libro. La gestione del contingente, il piccolo interesse quotidiano, la sapiente organizzazione della comunicazione, l’omologazione del pensiero in slogan: sono queste le caratteristiche che consentono la perpetuazione di quella parte di classe dirigente che vive di inutili gestioni pubbliche. Quel che conta non è il fine ma il mezzo: la gestione pubblica è il mezzo per garantire i privilegi.
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RECENSIONE DEL LIBRO DI MASSIMO MALVESTIO, “MALA GESTIO: PERCHE’ I VENETI STANNO TORNANDO POVERI”, 2012, MARSILIO – NORDESTEUROPA EDITORE (164 Pg. 10 EURO) – Una vulgata è diffusa senza risparmio: è la crisi che ci ha reso poveri e non poteva essere evitata. Grandi forze oscure hanno congiurato. Rileggere otto anni di fondi che Massimo Malvestio ha pubblicato su “Nordesteuropa.it” e sul “Corriere del Veneto” porta a conclusioni molto diverse: aeroporti, autostrade, municipalizzate, banche, fondazioni sono stati tutti mezzi con cui i veneti, cittadini ed istituzioni, hanno perduto in questi ultimi anni cifre colossali. Non vi era però nulla di imprevedibile e gli articoli di Malvestio ne sono la prova. I danni peggiori non sono venuti da forze oscure e lontane, ma dal disinteresse in cui si è lasciata la cosa pubblica. Quel che emerge davvero è che il Veneto è stato sopraffatto dalla cura di tanti piccoli interessi privati. Quel che è peggio è che accanto ad essi non vi era più neppure una visione, un disegno di prospettiva.
Il Veneto però è altro: l’organizzazione spontanea delle comunità, il pluralismo delle istituzioni e non solo nelle istituzioni, la coesione e la omogeneità sociale ricercate come vera condivisione di valori e di fini, il rispetto della legge. L’apertura al mondo e alla diversità attraverso le imprese, il lavoro, la ricerca e la formazione e quindi un confronto competitivo dove non si può barare hanno fatto del Veneto una regione ricca per meriti propri. Dati identitari forti che trovano la loro antitesi nella cultura del debito pubblico, della spesa irresponsabile e del dissesto equo e solidale che invece hanno caratterizzato negli ultimi trent’anni lo Stato nazionale e i suoi profeti locali.
Massimo Malvestio (Treviso, 1961), avvocato e revisore contabile, editorialista del “Corriere del Veneto” e collaboratore di Nordesteuropa.it, ha pubblicato per Marsilio, nella collana Gli Specchi, “Credito Cooperativo. Storia di uomini, bisogni, successi in Veneto”: storia del Veneto e del suo sviluppo, dalle casse rurali fino alle banche di credito cooperativo.
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