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danaro bancario ed obbligo di restituzione

Note sul danaro bancario e l’obbligo di restituzione
Rileggendo l’art. 1834 del codice civile, alla luce dei cambiamenti intervenuti nella pratica bancaria dal 1942 ad oggi, è opportuno effettuare alcune riflessioni. Per esempio, l’introduzione del cosiddetto danaro elettronico, ovvero della possibilità di disporre direttamente ed immediatamente da parte del cliente della somma depositata sul conto – con il cosiddetto “home banking”-  effettuandone trasferimenti o bonifici che rappresentano pagamenti legali finali di imposte, tasse, multe, spese giudiziarie, etc., non era contemplata dall’estensore della legge all’epoca.
E nemmeno il fatto che la banca, almeno già dall’800, non usava testualmente le somme depositate in contanti per effettuare mutui o aperture di credito, ma creava la somma corrispondente sul conto del cliente tramite scorrette scritture contabili. L’art. 1834 prevede che la banca sia tenuta a restituire al cliente una somma depositata nella stessa specie versata (tandundem eiusdem generis). Facciamo l’esempio di un dipendente qualsiasi che abbia avuto il salario accreditato sul conto tramite trasferimento elettronico, da parte del datore di lavoro, e che si rechi in banca per ritirare contanti. La banca è obbligata a cambiare in contanti il danaro elettronico presente sul conto ? Ovviamente no, se lo fa è per pura cortesia, perché il cliente potrebbe sempre utilizzare direttamente quel danaro trasferendolo o spendendolo dove vuole. Se la banca ha ricevuto il denaro sotto forma di trasferimento elettronico, non si vede perché dovrebbe essere obbligata a restituirlo in un’altra specie, non è certo un obbligo dettato dall’art. 1834. D’altra parte all’epoca il legislatore ignorava la pratica dell’attività bancaria di non utilizzare il danaro in deposito ma di creare nuovi depositi ex novo ogni qual volta effettuava degli impieghi. Ma allora perché si parla di trasferimento della proprietà del deposito alla banca ? Perché non era di dominio pubblico il fatto che le banche utilizzano la supposta proprietà dei depositi solo come espediente contabile nel loro bilancio per nascondere i profitti di capitale derivanti dall’effettiva creazione di nuovo denaro ! Infatti, nell’aggregato monetario M1 indicato dalla Banca Centrale Europea, le tre specie monetarie si sommano: monete, banconote e depositi! Si scopre così che le banconote non hanno bisogno di essere garantite da monete metalliche per la loro circolazione, così come per inferenza il denaro iscritto nei depositi non ha bisogno di cartamoneta alle spalle per avere vita propria come mezzo monetario. Le conclusioni notevoli che voglio trarre da questa semplice riflessione, sono:1 – La banca non ha l’obbligo di cambiare in contanti le somme depositate sui conti quando queste abbiano avuto origine da denaro elettronico inizialmente trasferito da altri conti correnti bancari;2 – Se ne deduce che non può essere considerata insolvente la banca che, non potendo o volendo per vari motivi cambiare il deposito in contanti, si rifiuti di eseguire l’operazione almeno per la parte che non è stata originata da diretto deposito di contante presso la banca stessa (tantundem eiusdem generis);3 – Le banche commerciali e centrali non usano i depositi della clientela per prestarli ad altri ma, con gli impieghi, creano continuamente denaro nei depositi che rappresentano una specie monetaria differente da monete e banconote. Tale specie, in unità minime del centesimo di euro, è conteggiata dalla banca centrale come assommata alle due specie precedenti, quindi non deve essere garantita dalle stesse per assumere una sua validità indipendente come mezzo monetario;4 – La creazione di denaro elettronico-bancario – assimilata alle due specie di monete e banconote – deve essere registrata contabilmente in entrata nei flussi di cassa della banca stessa, alla creazione, per poter poi presentare un bilancio di fine d’anno che rispetti i criteri contabili dettati dal codice civile (art. 2423 – Redazione del bilancio).Insomma, da qualche parte devo pur vedere che la banca, anziché un semplice intermediario finanziario, paragonabile agli intermediari finanziari non bancari, è una vera e propria fabbrica di danaro. Con la registrazione contabile della creazione del danaro, l’equivoco si risolve e, ovviamente, nessuna banca sarà più dichiarata insolvente.Rif. Art. 1834/ Codice Civile

https://www.brocardi.it/codice-civile/libro-quarto/titolo-iii/capo-xvii/sezione-i/art1834.html

Vedi anche: Tesoro sommerso: l’errore contabile del ministro Padoan

                                                                           MARCO SABA  *  ”IASSEM”

                                                    Ist. Alti Studi Sovranità Economica Monetaria
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