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Lungo il crinale di un Secolo – Recensione del libro “Quattro figure della Rivoluzione Conservatrice tedesca”

Lungo il crinale di un Secolo

di Marco Cristiano

 

Dalla metà dell’ 800, fino alla seconda guerra mondiale, lungo il crinale di un secolo, tra Bismarck e Hitler, passando per numerosi conflitti, dissoluzioni ed eventi traumatici, la Germania è stato il luogo d’Europa dei contrasti sanguigni, dei tormenti popolari, della speculazione dotta, degli interrogativi sul destino della Storia. Nasce qui nel 1848, dal manifesto di Marx, l’annuncio di uno spettro che si aggira per il Continente, un necrologio per il mondo capitalista, la lotta all’idea liberale del profitto, al governo del ceto medio, la prospettiva di una classe proletaria in grado di assumere la gestione della res pubblica, di controllare i mezzi di produzione e garantire una società di eguali. 

Il lascito del filosofo di Treviri, l’anatema rivoluzionario contro il mondo della borghesia, contro il potere dell’epoca dei lumi, e allo stesso modo contro ogni rigurgito di “ancien regime”, crea un solco nel pensiero umano, provocando ovunque, meditate riflessioni, sequele impetuose, tentativi di attuazione o rigetti, elaborazioni intellettuali in sintonia oppure in antitesi con la traccia originaria. Nasce l’idea del comunismo, si rafforzano nel cuore dell’Europa correnti culturali moderate, resistenze di classe, secondo la predizione dello stesso Marx, difese delle monarchie costituzionali, e di nuovi sistemi parlamentari, in nome del libero mercato, e delle libertà dell’individuo. Dal comune sentire, dalla visione lineare e progressiva degli eventi storici, dalla medesima culla illuminista, germinano le teorie della partecipazione allo Stato degli imprenditori e degli intellettuali, l’officina in nuce del pensiero liberale, così come le spinte all’insurrezione dei ceti inferiori, per abbattere strumenti di imposizione economica, perché si compia un destino ineludibile di giustizia. In tale vicenda tumultuosa, la Germania ha tratti peculiari. Rimane la Terra degli opposti, del materialismo dialettico, di un sostegno scientifico alla lotta di classe, ma pure di un vitalismo che rilegga la Storia, ripercorra l’intera avventura umana, ponendo in dubbio, in nome di una superiore gerarchia di valori spirituali, la concezione stessa del progresso e della democrazia.

L’afflato romantico tedesco, nella patria dello “Sturm und Drang”, dell’impeto e della passione, conduce nel primo novecento diversi studiosi a considerare con attenzione, e desiderio di nuove frontiere la cultura marxista, mettendone in luce i vuoti e le incongruenze, le inibizioni e le incapacità, ripartendo dai concetti lontani, primitivi, trascurati del “volk”, ossia in una sola parola evocativa, della stirpe e delle tradizioni, di una sorta di timbro indelebile che unisca le generazioni, affidando al futuro un messaggio di risveglio, di inconsueta coesione, risolvendo il problema del conflitto sociale con un approccio differente ed eretico.

“La Rivoluzione Conservatrice Tedesca”, il tema del libro di Alain de Benoist, ricercatore transalpino, riproposto dalla casa editrice Controcorrente di Napoli, abbraccia questa esperienza variegata e ricca di testimoni, descrivendo il percorso intellettuale di quattro valenti studiosi: Werner Sombart, economista e sociologo, Moeller Van Den Bruck, letterato, fervido uomo di cultura, Ernst Niekish, sindacalista estremo e nazionalista controverso, Oswald Spengler, pensatore distaccato e lucido della crescita e del declino delle civiltà umane. I quattro studiosi condividono la visione della crisi, ossia di una mutazione spenta e corrosiva degli scenari tedeschi, di una Nazione ferita e disorientata.

La resa nella prima guerra mondiale, la malmessa repubblica di Weimar, hanno lasciato cicatrici. A tale scenari i quattro studiosi oppongono riflessioni ed iniziative, attraverso testi, circoli, riviste, interventi pubblici. La rivoluzione conservatrice, come palestra di confronto e di stimoli, diviene un cenacolo aperto a molteplici contributi, si accresce di voci eterogenee, per provenienza e formazione. Gli esponenti del movimento culturale e politico dialogano fra loro, parlano alla gente. Il ribaltamento della Storia, nelle loro considerazioni, è abbandonare la descrizione univoca del progresso dell’Uomo, forse sterile, forse inattuabile, recuperare un sentimento antico di appartenenza, risvegliare la coscienza di partecipazione allo Stato. Vagheggiano un ritorno ad uno spirito comunitario, con riferimenti assidui e tenaci ad un patrimonio collettivo di esperienze e di valori. La Rivoluzione Conservatrice, come nell’antinomia del titolo, è un movimento culturale che persegue lo scopo di unire prospettive altrimenti contraddittorie, tra rispetto dell’identità storica e religiosa di un popolo, e instaurazione di un nuovo ordine ispirato al socialismo.

Gli esponenti della Rivoluzione Conservatrice vanno incontro ad un destino tribolato, quasi tutti lambiscono l’avvento di Hitler, sono oggetti prima di attenzione, poi di ostilità da parte dei nazisti. Il loro socialismo nazionale, pregno di legami alla terra e di riferimenti patriottici, prende le distanze dal governo del fuhrer, perché rigetta la tesi della razza ariana custode di un corredo genetico superiore.La tutela della stirpe, quando emerge nella costante ricerca delle radici, non assume mai i connotati di un determinismo biologico. L’idea forza del tessuto nazionale è piuttosto un retaggio della storia prussiana, un ragionamento intorno alle grandi categorie dello Stato, il richiamo ad una dimensione interiore. La scuola conservatrice parte dalle espressioni del socialismo, dall’esame di leggi economiche, dal rifiuto della libera iniziativa capitalista, garante uno Stato contrattuale, arbitro impersonale, agente di un vivere frammentario.

Dopo avere a lungo stigmatizzato nei testi giovanili (“Il borghese”, “Studi sul Capitalismo”) il carattere liberale effimero e corruttivo, criticato l’individualismo, il mondo mercantile, l’avvento delle macchine, Werner Sombart riferisce nella sua opera matura, “Il socialismo tedesco” (1934) che è socialista qualsivoglia normazione pubblica, ogni tentativo di modello legislativo che persegua un interesse collettivo, che tenda ad unire i cittadini come entità omogenea, che ponga in evidenza legami e bisogni comuni. L’origine politica esplicita, tuttavia, non impedisce agli studiosi tedeschi di rivolgere una critica serrata alle tesi marxiane, insufficienti ed obsolete, in quanto meccaniciste e avvinte ad una mera analisi economica degli accadimenti storici. Nello sviluppo corale la lotta allo status quo della borghesia viene affrontata con lo sguardo rivolto ai principi che possano rendere la società tedesca solidale ed attiva. Il disegno dei rivoluzionari conservatori va contro l’assetto parlamentare, auspica un coinvolgente modello gerarchico, attribuisce alla forma politica quasi l’incarnazione di un profondo “genius loci” dello spirito tedesco. Emerge il contenuto eretico del movimento, rispetto alle ideologie del diciannovesimo secolo.

La conservazione, come emblema del recupero di abiti dismessi, nel costume e nella cultura, ne appare il segno distintivo, prevalente su ogni anelito all’insurrezione dei ceti popolari. Moeller Van Den Bruck, uomo inquieto, itinerante, letterato dai forti toni romantici, cultore dell’arte rinascimentale, influenzato da Nietzsche e da Dostoevskyij, passa dall’impeto dirompente giovanile alla ricomposizione dell’età matura ; nella sua principale opera dottrinaria “Il terzo Reich”, che fortuitamente richiama il progetto di Hitler, egli si immerge nella ricerca di un mondo conservatore che abbia tratti ed identità riconoscibili, un ordine sociale differente dalla dittatura del proletariato e dalla democrazia occidentale. Moeller Van Den Bruck, animatore dei circoli Juni Klub esprime una concezione della Storia che distingua i popoli per età e vigore, ciascuno secondo la propria “giovinezza”, ossia la capacità di tradurre riflessioni, volontà in slanci ed opere. Guarda ad Est, dialoga con esponenti della rivoluzione bolscevica, immagina per la Germania uno sbocco culturale verso il Volga. Ancor più Ernst Niekish, insegnante, militante nei moti in Baviera negli anni del primo dopoguerra, sindacalista sotto processo per attività sovversive durante la repubblica di Weimar, descrive una parabola dal pensiero comunista alla coscienza nazionale.

A partire dal 1930, sulla rivista “Der Widerstand”, compie una svolta decisiva verso un movimento nazional bolscevico, che elabori un ponte ideale fra tesi leniniste ed esperienze politiche in Germania ed in Italia. Il progressivo radicalismo di Hitler lo condurrà alla resistenza dichiarata contro il suo potere. Il destino di Niekish, certo influenzato dalle tesi di Sorel, profetico intellettuale di un socialismo legato alla Terra ed alla difesa dei confini, sarà subire persecuzioni da governi di un segno e dell’altro: arrestato dai nazisti, liberato dai sovietici, negli anni ’50 si dedicherà a incarichi universitari per l’approfondimento della dottrina marxista, ma verrà bandito dalle autorità della DDR, causa l’eterodossia dei progetti personali rispetto al controllo del patto di Varsavia.

Oswald Spengler, professore di discipline umanistiche e matematiche, deve la sua fama ad un’opera vasta e originale, la lettura della Storia in senso morfologico, nel volume “Il tramonto dell’Occidente” (1917). L ’autore intende muovere una critica alla rigida ripartizione tra mondo antico, medio evo, era moderna, che indirizza la storiografia ufficiale, si concentra sull’Occidente, nega lo sguardo a gruppi umani lontani. Egli vede la vicenda dei popoli legata ad un assetto naturale, biologico, descrive il passaggio fatale, da “civiltà” a “civilizzazione”, da una condizione solare ed organica, ad un oscuramento nel tempo verso forme di convivenza e di assestamento prive di anima, da uno soffio pulsante ad una senile moria. Pone una divaricazione fra necessità causali, e sviluppo degli eventi storici, da moti meccanici a reazioni attive. Spengler criticando la decadenza del mondo moderno, e l’urbanesimo, si inoltra ad una comparazione dei modelli sociali, dall’Asia all’Europa, attraverso il tempo e le forme d’espressione in luoghi geografici distinti, in epoche diverse, secondo un’interpretazione di lineamenti universali, secondo analogie del corso degli Stati come organismi vivi.

Seguace di Platone e di Goethe, assertore della virtù, dell’estetica, del panteismo filosofico, oppositore dei precetti cristiani, Spengler rappresenta per l’eco e la mole dei suoi studi, nella cultura della crisi, al tempo stesso un riferimento obbligato e un destinatario di critiche e di obiezioni. La sua ricerca lascia tracce significative, entra come un bisturi nel rifiuto delle concezioni del progresso, amplia l’orizzonte di un movimento diffuso di revanscismo, scontrandosi tuttavia nei fatti, per un certo alone del destino, per un’inclinazione al rigore ineluttabile, con le visioni più vitaliste ed immanenti di altri pensatori. Adulato dal nazional socialismo agli albori della NSDAP, negli anni trenta scrive “Anni decisivi”, un contenitore di attacchi all’inconsistenza del regime hitleriano. Finisce sotto la sorveglianza delle autorità. Fin qui “La rivoluzione conservatrice” nel testo di de Benoist, come un panorama vivido di un’epoca orma alle nostre spalle, non ancora del tutto consegnata all’oblio.

Il lavoro di Alain de Benoist è un accurato mosaico di voci e di scritti. Dietro le figure dei quattro studiosi, fanno capolino i volti celebri di Thomas Mann in “Considerazioni di un impolitico”, di Ernst Junger nei suoi romanzi e nelle sue testimonianze, di Carl Schmitt nell’elaborazione giuridica e nella scienza dello Stato, come di una folla turbolenta e pressante di altri mille piccoli o grandi interpreti di un volontarismo nazionalista, sia nell’impegno della mente che nella spinta all’agire. Ne suggeriamo la lettura a coloro che coltivano curiosità verso la materia storica, senza tuttavia tacere che glii anni nevralgici della “Mitteleuropa” non possano mai tradursi in un resoconto stenografico di eventi pervasi da passioni e da lacerazioni.