Baby Gang
Con la denominazione “Baby Gang” si indica un fenomeno di microcriminalità organizzata che è maggiormente diffuso nei contesti urbani e che riguarda ragazzi dai 13 ai 18 anni. Queste piccole bande, composte in media dai tre ai cinque individui, mettono in atto un’enorme varietà di comportamenti devianti, che vanno da forme di racket ed estorsioni, a pestaggi o addirittura vere e proprie rapine.
Le modalità con la quale vengono messe in atto le aggressioni sono sempre più o meno le stesse: la vittima viene accerchiata e non gli viene data via di scampo, iniziano gli insulti verbali, le minacce, per poi arrivare al pestaggio vero e proprio. Gli aggressori sono sempre in gruppo e sempre ben riconoscibili dal modo di vestire e dall’atteggiamento. Il 75% di loro vive nelle periferie, sono ragazzi che in genere non possono contare sul sostegno familiare, di estrazione sociale umile e che nel “branco” trovano la sicurezza e l’affetto che non ricevono da altre parti. Generalmente, prendono a modello ragazzi leggermente più grandi di loro e si adeguano alle richieste di questi ultimi, qualsiasi esse siano. I reati attuati sono soprattutto il furto ed il vandalismo, mentre quelli compiuti da minorenni in concorso con maggiorenni sono decisamente più gravi: rapina e spaccio di stupefacenti. Abbastanza frequenti sono anche le denunce per reati contro l’ordine pubblico.
Analizzando le caratteristiche di questi gruppi giovanili, è facile intuire che, in realtà, non si tratta di bande. Infatti, sono assenti regole di condotta, una struttura gerarchica definita, una buona coesione tra i membri e il controllo del territorio, ovvero tutte quelle caratteristiche tipiche di una gang. Quindi, anche se tra i giovani italiani la devianza di gruppo è molto frequente, vere e proprie gang, così come sono presenti negli Stati Uniti, non sono ancora un fenomeno diffuso. Questi gruppi violenti sono caratterizzati da un tipo di comunicazione particolarmente deficitario, in cui manca l’orientamento alla persona; attraverso l’uso della violenza il gruppo trova così uno strumento per creare coesione in assenza di comunicazione. La devianza del gruppo, la violenza e il consumo di droghe rappresentano cioè il surrogato di forme di comunicazione che non riescono ad affermarsi.
Fonte: Eleonora Iacobelli