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Inps – “una situazione al limite”

L’ ALLARME del Prof. CONTI e le PRIVATIZZAZIONI SILENTI.

______________________________________________________Ida LO RUSSO

Lo scorso 19 marzo, il prof. Vittorio Conti, Commissario straordinario dell’INPS, è stato ascoltato in sede di Commissione parlamentare di controllo sugli Enti previdenziali.

Stando a quanto riferisce il Sole 24ore, il Commissario manifesta la sua preoccupazione in quanto “L’Inps è ad una «situazione limite» nella quale non ci sono «ulteriori margini» per tagli alla spesa e al personale «senza incidere sui livelli di servizio per la cittadinanza». Continua “Nonostante l’attuazione delle azioni di sviluppo, l’Istituto, che da gennaio 2012 ha incorporato Inpdap ed Enpals, è in «una situazione limite nella quale non sarebbe più possibile sfruttare ulteriori margini di efficientamento senza incidere sui livelli di servizio per la cittadinanza», si legge nel testo. Inoltre l’attuazione delle norme sulla spending-review, a partire dal 2012, l’Inps ha portato a una «riduzione delle spese di funzionamento per 515,7 milioni di euro strutturali da riversare annualmente in entrata al bilancio dello Stato», si legge nel documento.

Per effetto dei provvedimenti degli ultimi anni e della spending-review «è sostanzialmente raggiunto il limite massimo di produttività pro-capite media mensile del personale». Ecco perché «esiste una oggettiva difficoltà a tendere nel mantenimento della qualità dei servizi erogati ai cittadini connessa soprattutto all’aumento delle giacenze e al prolungamento dei tempi di risposta»

Per il commissario straordinario, bisogna assicurare all’Inps «un flusso di ingresso di nuove risorse umane», e attualmente si stima un fabbisogno di circa 2.500 unità. Fabbisogno che «rispetto all’attuale quadro normativo e alle previsioni di fuoriuscita del personale, troverà parziale copertura attraverso l’inserimento di circa 500 unità. Sulle restanti 2.000 unità di personale, dovrà essere avviato un turnover finalizzato all’inserimento di giovani laureati e al progressivo abbandono di qualifiche non più spendibili nel rinnovato contesto gestionale e operativo, rimuovendo gli attuali vincoli e potendo attivare proprie risorse finanziarie».

Questo è quanto riportato dall’autorevole quotidiano finanziario e a leggere  questo testo verrebbe da pensare che Conti sia seriamente preoccupato dalle misure che gli ultimi governi e quello attuale stanno adottando che minano seriamente un sistema di welfare nel quale il cittadino è il centro di interesse, ma, soprattutto, un sistema pubblico che non comporti costi ulteriori alla popolazione perché gestito da un ente pubblico che finanzia la sua attività mediante una parte minima dei contributi versati da lavoratori e imprese. Verrebbe da pensare….. l’uso del condizionale sorge spontaneo perché contestualmente all’audizione il Commissario ha presentato il piano industriale dell’INPS che contiene aspetti “rivelatori”.

In questa sede sarebbe complicato analizzare un documento di 130 pagine, ma per comprendere quale direzione potrebbe prendere la riorganizzazione dell’INPS basta analizzare due specifici punti del piano.

Il primo punto riguarda la tecnologia informatica. In questo capitolo, dopo aver sottolineato quale stato di innovazione e progresso contraddistingua il sistema informativo INPS si dice testualmente  che “Nel prossimo triennio, l’informatica dell’Istituto si svilupperà ……. Verso il potenziamento dei sistemi con gli intermediari del Welfare……. (per) pervenire ad una strutturazione delle banche dati che consenta di rendere le informazioni in esse contenute  il più possibile fruibili da parte della collettività.”

E poi si aggiunge “Facendo leva sul livello di innovazione tecnologica legata alla de-localizzazione dei servizi e al potenziamento delle reti per lo scambio dati, nonché sulla maturità e solidità del proprio Sistema informativo e sulla rilevanza delle informazioni gestite, l’INPS si pone l’obiettivo, nel prossimo triennio, di evolvere la propria struttura informativa allo scopo di candidarsi come Polo nazionale per l’erogazione  dei servizi ICT per il Welfare in modalità Cloud Computing.”

Traducendo in termini comprensibili alla cittadinanza, quello che abbiamo sopra riportato vuol dire che l’INPS progressivamente cederà le sue attività istituzionali (pensioni, prestazioni a sostegno del reddito, ecc.) ad altri soggetti. Come abbiamo già avuto modo di spiegare in altri articoli (Pensioni gestite dalle banche: prove generali ? e Vittorio Conti commissario e il destino dell’INPS), già oggi è in atto una privatizzazione invisibile e silenziosa che si muove utilizzando l’opera di patronati e altri intermediari, tutti privati, attraverso i quali il cittadino e le aziende sono “costretti” a rapportarsi con l’INPS per il disbrigo delle pratiche e per le richieste di prestazioni. Ogni pratica definita tramite l’intermediario costa a tutti noi dai 7 ai 30 euro che ci risparmieremmo se interloquissimo direttamente con l’Istituto i cui impiegati sono molto più economici e, nella maggioranza dei casi, molto più competenti. Senza contare che la modalità del Cloud Computing comporterebbe la messa a disposizione a soggetti privati di una banca dati che contiene tutte le informazioni che ci riguardano, anche le più sensibili, visto che l’INPS gestisce dai certificati medici di malattia per il lavoro alle pensioni e assegni di invalidità. Oggi queste informazioni sono disponibili solo a soggetti che sono severamente vincolati alla riservatezza e che sono sottoposti ad altrettanto severi controlli sull’uso delle informazioni.

Il fatto che gli intermediari abbiano un costo ulteriore (che non si vede perché il cittadino lo paga attraverso le tasse) contraddice in modo stridente con quanto conclude il documento sull’argomento “Il modello operativo proposto per l’erogazione dei servizi in cloud sarà attuato …… per sviluppare soluzioni applicative ….. in risposta alle esigenze operative degli attori della filiera del Welfare supportando il perseguimento, lungo tutta la filiera, di obiettivi di economicità, efficienza ed omogeneizzazione dei livelli di servizio offerto”.

Ma allora, come stanno le cose? Conti sta veramente lanciando un grido di dolore per difendere l’INPS e la sua identità di soggetto pubblico, per difendere il diritto dei cittadini ad avere servizi senza dover versare altri oboli oppure fa un altro gioco?

Sulla scorta dell’esperienza delle ultime mirabolanti riforme della pubblica amministrazione, che sono servite solo ad una drastica riduzione dei servizi pubblici, diremmo che le affermazioni di Conti sul fatto che non possono essere fatti ulteriori tagli all’organico dell’INPS ha il sapore di un gioco delle parti. I soldi servono, dobbiamo pagare il debito. L’INPS deve scucire 515 milioni (soldi di aziende e lavoratori) e, anche se con la morte nel cuore, dobbiamo chiedervi sacrifici. Si, è vero, come dimostrano le tabelle di confronto con gli Enti dei Paesi area euro, l’INPS fa molto di più con un personale che in molti casi è di un terzo rispetto agli altri enti e spende molto di meno per il proprio funzionamento (il piano industriale è prodigo di tabelle), ma siamo in profonda crisi, dobbiamo pagare il debito perciò non si può esentare l’INPS dalla spending-review. Se l’INPS non ce la fala soluzione è a portata di mano: accelerare sull’esternalizzazione delle prestazioni. Il risultato sarà che le prestazioni saranno sempre di meno, sempre più care.In buona sostanza, si farà credere all’opinione pubblica che mantenere l’apparato pubblico dell’INPS sia molto più costoso che affidare le prestazioni a privati che potranno banchettare perché questi servizi stanno diventando perloro l’affare del secolo, oltre a garantirne la fedeltà al sistema elargendo poche briciole, ma sufficienti a radicarli nella convinzione che in  un radicale cambiamento avrebbero tutto da perdere.

Il secondo punto rivelatore del Piano industriale riguarda la “valorizzazione” del patrimonio immobiliare. Come sarà valorizzato questo patrimonio acquistato sempre con i soldi dei contribuenti? Privatizzandolo, naturalmente! L’intero patrimonio, nessuna cantina o box escluso, verranno conferiti ad una società esterna.

Non vorrei allarmare i nostri lettori, ma ricorda da vicino la travagliata vicenda dell’INPDAP.

Negli anni ’90, l’INPDAP era un Ente assai florido, con un patrimonio immobiliare (a garanzia delle prestazioni ai propri iscritti e pensionati) che ammontava al 44% dell’intero patrimonio pubblico italiano. Con la “riforma” Dini, questo Istituto fu costretto a dismettere gli immobili di proprietà. Il colpo da maestro fu, in particolare, di Tremonti che si inventò la cartolarizzazione: l’intero patrimonio fu conferito ad una società veicolo nella quale erano presenti le immancabili banche per un prezzo al di sotto di quello di mercato. L’Ente doveva comunque continuare a gestire le vendite con il proprio personale (pagato dai contribuenti) ma il ricavato delle vendite fu assorbito dall’enorme voragine del debito pubblico e dal lucro delle banche.

Nel giro di pochi anni, complice anche l’evasione contributiva dello Stato (avete capito bene, dello Stato), l’INPDAP si è impoverito, è andato in rosso e, perciò, è stato chiuso e incorporato all’INPS.

 E’ un inquietante viatico.