Berlusconi si ricandida? Vuoi vedere che Itaca se la compra lui?
Domenica 15 luglio abbiamo partecipato all’incontro organizzato da Marcello Veneziani e Renato Besana, presso Ascoli Piceno, dal titolo «Ritorno ad Itaca». Eravamo animati da grandi aspettative, sperando nel colpo di genio italico in grado di far rinascere dalle sue ceneri la «fenice» e veder sorgere l’«alba dorata» di un futuro «nuovo e diverso». La manifestazione è stata preceduta da una serie di interventi giornalistici, culminati nella massiccia presenza di firme di rilievo sul sito «Totalità», diretto da Simonetta Bartolini.
Il Foglio pubblicava, l’11 Luglio, il Manifesto del conservatorismo inglese. Sempre sul «Foglio», nei giorni successivi uscivano vari interventi a commento, in massima parte a firma di esponenti della diaspora finiana. Sul giornale di Ferrara, uscivano anche due articoli di Gianfranco de Turris, uno contro Fini e uno sulle aspettative dall’incontro di Ascoli Piceno.
Nei giorni che hanno preceduto e seguito il convegno, è scoppiata la bomba «Berlusconi». Convinto di poter salvare il Paese, il Cavaliere ha annunciato (fra smentite e dinieghi) la liquidazione per fallimento del Pdl ed il ritorno alla casa madre di Forza Italia.
Manifestando un finto stupore (lo sapevano già da tempo!), i colonnelli ex An (La Russa e Gasparri) hanno subito fatto fronte dichiarandosi contrari all’operazione. Galan li ha invitati ad andarsene e «se vogliono il simbolo se lo prendano pure».
Il perché della crisi degli ex An è nel fatto che il Cavaliere sta lavorando in accordo con Monti ed il Pd, ad una nuova legge elettorale che conservi i collegi ed escluda le preferenze. In siffatto modo, Berlusconi manterrebbe il «veto» sui candidati e sul partito, mentre gli ascari ex An si vedrebbero sfuggire dalle mani il controllo politico del partito di centrodestra.
Come in tutte le attività culturali e politiche della destra (?) italiana, non sono mancate le voci contrarie. Giuste e corrette, perché senza confronto come si procede? L’esempio dell’immobilismo del periodo berlusconiano sta a dimostrarlo.
Fra le più importanti spiccano quelle di Franco Cardini e di Stenio Solinas. Di fronte alla possibilità di un «ritorno ad Itaca» essi hanno deciso di rimanere a Troia, preferendo Ettore ad Ulisse. Proprio la loro assenza, oltre a quella di molti altri, ha fatto capire quanto sarà difficile questo viaggio «alla ricerca del futuro perduto».
Dico «perduto» perché nella maggior parte delle dichiarazioni non si è accennato a quella che è la vera meta d’arrivo: il popolo.
Cultura, politica, maître à penser, tutti coloro che in questi vent’anni hanno coltivato il loro orticello, ricavandone laute prebende e cospicue pensioni, hanno dimenticato che senza il popolo non si va da nessuna parte
Adriano Scianca, responsabile Cultura di «CasaPound», lo ha sottolineato su Libero del 18 Luglio: «Altro che Itaca, qua è pieno di proci. La battuta ci sta tutta e speriamo non si offendano i protagonisti del dibattito – peraltro interessante – che da qualche settimana vede gli intellettuali di destra chiamati a ridefinire un progetto comune e a ridefinirsi, in vista magari di un nuovo impegno (meta?)politico»… «E allora sembra ovvio evidenziare che il primo limite del progetto è proprio questo: non si convoca l’adunata di San Sepolcro quando sarebbe semmai il momento del processo di Verona. Fuor di metafora nostalgica: a noi, ragazzi della classe ‘80, qualcuno dovrà pur spiegarlo, un giorno, com’è che si sia giunti sin qui.» … «Qualcuno, un domani, dovrà pur raccontare chi ci ha portato a questo punto, facendo nomi e tracciando responsabilità, senza la scappatoia del capro espiatorio, del Grande Traditore Unico in cui si concentrano errori e orrori che sono invece collettivi e condivisi.» … «Il dibattito culturale sul ritorno a Itaca ha poi il difetto di restare sospeso a mezz’aria, senza radici nella società civile e senza effetti sulla società politica.» … «Non ci si mette attorno a un tavolo scadenzando gli interventi per agitare le acque del dibattito, lo si fa e basta.» … «Il punto, piuttosto, è che mentre Ulisse ritrova la strada per Itaca, Telemaco è da un pezzo che si sta facendo il mazzo per difendere la casa, cacciare gli assedianti, tinteggiare le pareti e conquistare nuove terre. Ci perdonerà il sommo Omero, allora, se con licenza poetica cambiamo il finale, instaurando la repubblica senza attendere il ritorno del re. Il che non significa anarchia. Significa che, da oggi, a Itaca le regole cambiano. Da oggi, a Itaca, i galloni si conquistano sul campo.»
Lo scritto di Scianca serve a chiedersi: a chi serve questa «chiamata alla conta»? Perché adesso questo incontro, proprio quando «il circo di Arcore» ritorna in città? Non dimentichiamo che l’intervento di Veneziani è stato pubblicato sul Secolo d’Italia, organo ufficiale degli ex An.
Il tentativo di trovarsi una collocazione all’interno del centrodestra è fallito. Oggi gli ex colonnelli di An devono lottare non soltanto per la sopravvivenza, ma per evitare di cadere nell’irrisorietà politica. Come ha scritto Sorgi sulla «Stampa», una lista berlusconiana priva degli ex An sarebbe premiata dal voto. E questo i vari La Russa, Gasparri e compagnia danzante, ne sono consci.
Tutti sanno che non si fa nulla, in politica e nella cultura, senza appoggi economici e istituzionali. Per questo, la domanda che sorge spontanea dopo Ascoli è: cui prodest?
Claudio Tedeschi – Direttore de “Il Borghese”
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