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Un Paese pagliaccio

Un PAESE “pagliaccio”

Un uomo che conosco e che stimo si trova in galera, in un carcere di massima sorveglianza, tra criminali comuni, perché condannato a sei mesi di pena detentiva per non aver ottemperato al pagamento degli assegni familiari.

Non conosco e non voglio neppure conoscere la sua storia personale e le vicende del suo primo matrimonio. Credo che tutti abbiano a mente o vissuto storie consimili. In concreto, si tratta di 250.00 euro al mese!

Quest’uomo è gravemente ammalato di un male difficile e raro, per il quale erano in corso ricerche complesse e non ancora concluse, che si aggiunge a cardiopatia e glicemia. All’infermeria del carcere gli hanno detto che le sue medicine non servono e che ci penseranno loro a curarlo. Sono noti i mezzi di cui dispongono e la qualità dei loro specialisti.

Lascia la sua nuova famiglia, con due piccole figlie ed un lavoro precario, perché, come libero professionista, dipende dagli umori e dalla tasca dei suoi clienti, in un disordine economico ed affettivo senza precedenti per lui. Ma deve pagare. Sei mesi al caldo del carcere, dove soffrono tutti di dissenteria (ma è vietato che i congiunti possano portare carta igienica e limoni!), non curato o, peggio, mal curato, abbandonato pressoché da tutti.

Inutili i ricorsi: c’è l’estate rovente e chi deve rispondere è in ferie. Inutile l’osservanza delle regole: l’ordinanza è stata notificata l’8 agosto quando il detenuto era già in carcere dal 2 agosto! L’ordinanza si sarebbe potuta impugnare entro i termini prescritti, ma il messo giudiziario era in ferie.

Nel nostro Stato, indegno padre del diritto, le regole valgono solo per i sudditi. Un silenzio ammorbante avvolge questa vicenda minore, emblematica dell’ingiustizia patria.

Abbiamo un codice di famiglia che è vecchio e fa acqua da tutte le parti. La signora lesa sarà felice di sapere che il padre dei suoi figli è in galera e rischia di morire?

Una magistratura pachidermica e lenta, arriva dieci anni dopo a fare giustizia. Quale?

Questo è, credo, il primo ed unico caso della giustizia italiana in cui un uomo, colpevole per non aver pagato gli alimenti al coniuge, finisce in galera. Se fosse l’inizio di un nuovo corso, credo che un terzo degli Italiani dovrà preparare il proprio borsone per andare a trascorrere un po’ di tempo nelle patrie galere. C’è tanto spazio, là dentro! Da quel che sappiamo, i delinquenti veri, i presunti assassini  ed i quasi certi taglieggiatori stanno a casa loro. Arresti domiciliari, si dice.

Il nostro Codice è molto generoso con chi del delitto fa una professione. Ma guai a chi è solo un dilettante! La gran parte degli ospiti delle nostre carceri o è in attesa di giudizio o sono immigrati o piccoli spacciatori o consumatori di droga. Sono loro, la popolazione carceraria prevalente. E’ giusto. Se il carcere è il master del crimine, è bene che studino, anche se stanno un po’ affollati.

Nell’ingiustizia itinerante del Paese, da cinquant’anni ci si lamenta che le carceri sono affollate. Ma quanti sono i detenuti? Più del doppio dei posti previsti? Che fa un Paese serio? Costruisce nuove carceri. Che fa un Paese  matto? Depenalizza i reati minori. Per quelli maggiori, o si sta a casa o si è in libertà vigilata.

Dov’è la sicurezza dei cittadini? Nelle grinfie occhiute e stupide della giustizia sono solo i minori, i tossici, i poveracci che vendono gli occhiali e le borse sulle spiagge, i piccoli delinquenti e, udite, udite, chi non paga gli assegni famigliari. Questi sì che sono i veri delinquenti che abbisognano di una revisione psicologica della loro personalità.

Quando Tanassi finì in galera, gli fu assegnata una giovanissima psicologa, per “rieducarlo”. Viene da ridere.

Il mio amico fa consulenza professionale, ha fondato una Libera Università, scrive e dirige un giornale, è persona stimata ed apprezzata là dove vive e si è rifatto una vita. Ma che importanza ha? Deve essere rieducato.

Questo è un piccolo dramma, nel contesto dello sfascio della giustizia italiana. Ma per chi lo vive, per la sua compagna e per i suoi figli, è una grande tragedia, emblematica di come vanno le cose in questo Paese. Feroci con i deboli, ossequiosi e striscianti con i potenti.

Un Paese pagliaccio.

Roma, 24 agosto 2012.

STELIO W. VENCESLAI

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