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Argentina

 

Articolo pubblicato lo scorso 19 giugno 2014 sul quotidiano “Il Manifesto” del Prof. Claudio Tognonato, pervenuto in redazione tramite l’ ufficio stampa Ambasciata Argentina

Così la Corte Usa punisce l’”indisciplinata” Argentina

America Latina. Hedge fund più forti degli Stati sovrani

 Non sem­pre è neces­sa­rio ricor­rere alle guerre e l’occupazione di ter­ri­tori per fare pre­va­lere i diritti dei più forti. Se con la pace di West­fa­lia, nel 1648, si sta­bi­li­scono le prime regole del diritto internazio­nale che limi­tano e garan­ti­scono la sovra­nità nelle rela­zioni tra gli Stati, oggi i diritti dei fondi spe­cu­la­tivi (hedge fund) pre­val­gono sullo Stato nazione. La Corte suprema degli Stati uniti, ignorando i pareri con­trari della stes­sa ammi­ni­stra­zione Obama, di Fran­cia e Mes­sico, che si erano già pre­sen­tati come ami­cus curiae, così come il parere dei mem­bri del Club di Parigi e molti altri paesi, ha sen­ten­ziato con­tro la rine­go­zia­zione del debito rag­giunta dall’Argentina. Una deci­sione che mette in seria dif­fi­coltà anche i paesi debi­tori e la finanza glo­bale. Ma può un Paese sovrano essere giu­di­cato dai tri­bu­nali di un altro Paese?

Se c’è oggi un governo mon­diale que­sto è gestito dagli orga­ni­smi finan­ziari inter­na­zio­nali. Que­ste isti­tu­zioni pro­muo­vono i prin­cipi neo­li­be­ri­sti, con­si­gliano viva­mente la dere­gu­la­tion, la privatizzazione dell’economia, la libe­ra­liz­za­zione del com­mer­cio mon­diale, la libera cir­co­la­zione del denaro e la restri­zione di doveri e diritti dello Stato nazione. Que­sti prin­cipi por­tano il nome di Washing­ton Con­sen­sus, anche se chi non ade­ri­sce resta auto­matica­mente fuori dal mondo.

L’Argentina nel dicem­bre 2001 è stata por­tata al fal­li­mento gra­zie alla cecità delle poli­ti­che moneta­ri­ste adot­tate dalla dit­ta­tura mili­tare nel 1976 e suc­ces­si­va­mente con­fer­mate dai governi demo­cra­tici che non ne hanno modi­fi­cato l’indirizzo. Tutto sotto la coper­tura, gli elogi e l’approvazione del governo della finanza mon­diale, Fondo Mone­ta­rio Inter­na­zio­nale in testa. Basti ricor­dare che il 25 marzo 1976, la mat­tina dopo il colpo di Stato del gene­rale Jorge Videla il Fmi con­ce­deva un cre­dito al governo dit­ta­to­riale, il primo di una serie che ha por­tato il Paese ad accumu­lare il più grande debito della sua sto­ria, che nel 2001 rap­pre­sen­tava il 160% del Pro­dotto interno lordo.

Si diceva che i paesi non pote­vano fal­lire, ma l’Argentina apriva un nuovo capi­tolo e si dichia­rava in default. L’ultima mano­vra era stata quella di pre­le­vare dai conti cor­renti in dol­lari (assai dif­fusi all’epoca) il rispar­mio degli argen­tini per coprire il debito estero in sca­denza. Le ban­che resta­rono chiuse per 90 giorni e quando apri­rono porte e spor­telli li argen­tini si sono ritro­vati pesos al posto di dol­lari. La moneta locale valu­tata prima alla pari con il dol­laro (1 peso = 1 dol­laro) era stata sva­lu­tata a 3 pesos per ogni dol­laro. Con que­sta mano­vra li argen­tini sono stati spo­gliati di due terzi del loro rispar­mio. La crisi eco­no­mica portò alla caduta di vari governi in pochi giorni e alla fine solo nel 2003 si risolse con la vit­to­ria di Néstor Kirchner.

Il nuovo governo cercò di ripren­dere in mano una società scon­volta e un’economia ferma. Il paese comin­ciò a supe­rare la crisi e nel 2005 arrivò ad un com­pro­messo con i cre­di­tori per­fe­zio­nato poi nel 2010 con un secondo accordo che sta­bi­liva una rine­go­zia­zione del debito con ter­mini ana­lo­ghi a quelli impo­sti agli argen­tini. La nego­zia­zione ottenne il con­senso del 93% dei pos­ses­sori di titoli. Oggi una sen­tenza della Corte Suprema degli Stati Uniti ha san­cito che i titoli del 7% che non è entrato nella rine­go­zia­zione devono essere cor­ri­spo­sti in un 100%. In denaro, i fondi acqui­siti nel 2008 per 48 milioni val­gono oggi 834 milioni di dol­lari, regi­strando un incre­mento pari al 1608%.

Di fronte a que­sti mar­gini di gua­da­gno l’accordo rag­giunto dallo Stato argen­tino diventa carta straccia per­ché tutti potranno fare ricorso e chie­dere un ana­logo trattamento.

Per­ché que­sto è pos­si­bile? Innan­zi­tutto per­ché i pre­stiti con­sessi ai paesi in via di fal­li­mento prevedono la com­pe­tenza in caso di con­tro­ver­sie di tri­bu­nali scelti dal cre­di­tore, in que­sto caso i tribu­nali degli Stati uniti. Poi per­ché i titoli del 7% che non sono entrati nella rine­go­zia­zione sono stati acqui­stati a prezzi strac­ciati per­ché con­si­de­rati insol­venti, cioè «titoli spaz­za­tura» dai grandi gruppi finan­ziari, sopran­o­mi­nati  fondi avvol­toi. Solo che la capa­cità di mano­vra di que­sti fondi specu­lativi, gli studi di avvo­cati ai loro ser­vi­zio e le ami­ci­zie poli­ti­che a dispo­si­zione pos­sono distrug­gere l’economia di un intero Paese. Que­sto può acca­dere all’Argentina.

Il per­ché tutto ciò sia pos­si­bile ha anche altri ragioni. È vero che l’Argentina si è ripresa, ma per farlo ha dovuto rom­pere con il Fmi, sal­dando la tota­lità del suo debito, espel­lendo la dele­ga­zione del Fondo dal pro­prio ter­ri­to­rio e igno­rando le sue rac­co­man­da­zioni. Dal 2001 l’Argentina si è gestita da sola, non ha chie­sto cre­diti ed è riu­scita a cre­scere con poli­ti­che redi­stri­bu­tive, un ampia­mento dello stato di benes­sere con mas­sicci inve­sti­menti in edu­ca­zione, ricerca e salute. Lo Stato è riu­scito a ripren­dere e gestire molte atti­vità stra­te­gi­che che erano state pri­va­tiz­zate e la disoc­cu­pa­zione, che nel 2001 era arri­vata al 25% è scesa all’attuale 7%. Troppa autonomia.

L’Argentina è un cat­tivo esem­pio anche per­ché da anni con­ti­nua ad alzare la voce con­tro le poli­ti­che neo­li­be­ri­ste, l’austerità e gli inter­venti del Fmi e non è la prima volta che viene punita. La sen­tenza della Corte degli Stati uniti può però diven­tare peri­co­losa per l’economia glo­bale, a dirlo è lo stesso Gerry Rice, por­ta­voce del Fmi mani­fe­stando la pre­oc­cu­pa­zione per le riper­cus­sioni del ver­detto sull’intero sistema finan­zia­rio.
Al di là dei ripen­sa­menti del fun­zio­nari Fmi l’Argentina ha assi­cu­rato il paga­mento dei debiti in sca­denza di chi è arri­vato ad un accordo rine­go­ziando il debito. Per coprire quanto chie­sto dai tribunali di New York, l’Argentina dovrebbe cedere più della metà delle sue riserve. Nes­sun paese sovrano sarebbe dispo­sto a pren­dere una simile deci­sione, nem­meno l’indisciplinata Argentina.