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Un Premio Nobel per la Guerra

Un PREMIO NOBEL per la GUERRA  ______________________________Torquato CARDILLI *

 

Gli uomini politici hanno imparato che le telecamere stanno sempre in agguato pronte a cogliere qualsiasi loro atteggiamento che possa risultare sgradito al pubblico e quindi suscettibile di far perdere consensi. Perciò quando parlottano tra di loro, imitando goffamente i giocatori e gli allenatori di calcio che vogliono sfuggire alla censura della FIFA, mettono sempre la mano davanti alla bocca per evitare che possa essere letto, con il teleobbiettivo e la moviola, il labiale che evidentemente riferisce cose sconvenienti o che è bene il pubblico non conosca.

Non hanno però ancora imparato a diffidare delle fotografie che possono essere, a distanza di tempo, la prova documentale dei loro intrighi amorosi (vedi Hollande) o politici. E’ questo il caso di un esponente di spicco dell’establishment americano, non uno qualunque, ma il senatore repubblicano dell’Arizona John Mc Cain, fatto prigioniero e decorato con medaglia d’argento al valor militare nella guerra del Vietnam, già candidato alla Casa Bianca contro Obama, le cui foto hanno percorso in tutta la sua ampiezza la rete informatica mondiale. E che non si tratti di fotomontaggi è stato confermato da fonti della stessa intelligence americana.
Le foto che circolano in internet lo ritraggono accanto all’autoproclamatosi nuovo califfo dello Stato islamico (ISIS) della grande Siria e dell’Iraq, Abu Bakr al-Baghdadi e al suo addetto stampa Abu Musa, quello che aveva sfidato l’America a mandare i suoi marines anziché i droni.
Il senatore americano ha incontrato in Siria nel 2013 i ribelli siriani anti Assad, alla presenza di al-Baghdadi, per far sentire loro la vicinanza degli Stati Uniti che erano intenzionati ad indebolire fino alla caduta il regime del dittatore siriano.

E’ legittimo dunque porsi alcune domande. A che gioco gioca l’America? Con la Casa Bianca non funziona il giochetto italiano dell’insaputa, per cui è lecito dedurre che Obama abbia agito da apprendista stregone nel credere di potere manipolare ai propri fini quella galassia di sette, di terroristi, di anarchici che pullulano in Medio Oriente e uscirne indenne. Possibile che non abbia imparato nulla dalla guerra del Vietnam in poi, nonostante le migliaia di suoi soldati rimpatriati nelle bare e centinaia di migliaia di feriti e mutilati? Possibile che gli Stati Uniti ricadano sempre nello stesso errore di armare chi gli si rivolterà contro (vedi mujahidin afghani, tra cui Bin Laden, armati contro i sovietici, o Saddam Hussein in funzione anti Iran, o i ribelli libici anti Gheddafi che poi hanno trucidato l’ambasciatore americano)?
Altra domanda: come mai Washington si è precipitata a varare le sanzioni anti Putin facendo recitare all’Europa il ruolo di mosca cocchiera, mentre non ha imposto ai suoi alleati, né all’Onu di applicare le sanzioni contro l’ISIS che guadagna circa 3 milioni di dollari al giorno grazie al petrolio iracheno venduto tranquillamente all’Occidente tramite la Turchia? Altrettanto dicasi per i patrimoni e per i fiumi di dollari che fanno capo ai capi dell’organizzazione terroristica, sempre ben rifornita e foraggiata: perché non sono stati congelati? E ancora. Perché non è stato avviato nessun procedimento internazionale né alle Nazioni Unite, né presso la Corte penale internazionale (originariamente boicottata proprio dagli USA che non avrebbero mai voluto esservi inquisiti) per crimini di guerra e violazione delle convenzioni internazionali sui prigionieri? Evidentemente un processo pubblico sarebbe stato troppo compromettente per gli americani: non solo per un personaggio come Mc Cain fotografato insieme ad al-Baghdadi, che, guarda un po’, compare nella lista dei terroristi stilata dalla CIA già nel 2011, ma per una serie di contatti con l’intelligence USA.

Dopo le esecuzioni degli ostaggi Obama ha dichiarato la  nuova guerra fatta esclusivamente dall’aria con intensi bombardamenti (loro sono maestri in questo tipo di distruzioni come è stato fatto a Montecassino, a Dresda o a Hiroshima ecc.) più che per eliminare il terrorismo per rispondere direttamente alla lobby dei fabbricanti di armi. Costoro non vogliono restare a secco visto il prosciugamento delle commesse che procede parallelamente alla riduzione dell’impegno militare in Afghanistan, ma se Obama volesse realmente strangolare l’ISIS basterebbe togliergli i finanziamenti e gli approvvigionamenti, abbandonare il Medio Oriente a se stesso e stendergli tutto intorno un cordone sanitario oltre il quale nessuno può uscire.
Si fatica a trovare traccia di queste notizie sulla stampa italiana perché il primo modo per garantire un segreto, o nascondere una verità scomoda, è non parlarne. Soprattutto in Italia nessuno deve sapere, né capire cosa stia veramente accadendo in Iraq e in Siria. E non intendo il Parlamento asservito, ma il popolo che deve essere mantenuto all’oscuro. Al Governo italiano, che ha sempre eseguito ciecamente gli ordini di oltre Atlantico senza mai ricavare un utile per il paese (vedi vicenda marò), importa solo inculcare nelle teste dei cittadini che l’ISIS è il nemico da combattere, che il nostro apparato militare non si tirerà indietro, che le ministre di guerra Mogherini e Pinotti sanno fare la faccia truce.

Soprattutto nessuno deve sapere le rivelazioni, fatte trapelare da alcuni blogger internazionali, di Edward Snowden, riparato a Mosca, già tecnico della CIA e fino al giugno del 2013 collaboratore della National Security Agency sui programmi di sorveglianza di massa dei governi Usa e Gran Bretagna, cioè delle intercettazioni telefoniche dei capi di stato e di governo europei. Secondo Snowden dietro gli jihadisti ci sarebbero proprio coloro che dicono di volerli combattere: l’ISIS sarebbe stato addirittura creato dagli apparati di spionaggio e intelligence di USA e Gran Bretagna di concerto con quelli di Israele con la tecnica chiamata in gergo  “nido del calabrone” in modo da attirare e concentrare in un’unica zona tutti i terroristi provenienti non solo dal mondo islamico, ma anche dall’Occidente. E questo sarebbe stato funzionale a garantire internazionalmente la necessità della protezione dello Stato di Israele.
Sempre come prova di questo disegno sta un’altra affermazione di Snowden secondo cui il capo dell’ISIS al-Baghdadi sarebbe stato addestrato militarmente e teologicamente con corsi di eloquenza presso il Mossad, con l’obiettivo anti Assad.

Non ci fidiamo di Snowden rifugiato in Russia, paese ora impegnato in una nuova guerra fredda con gli Stati Uniti? Ed allora riferiamoci ad un altro ex collaboratore della CIA, Steven Kelley che in un’intervista alla televisione privata Press TV in California ha dichiarato che i finanziamenti all’ISIS arrivano dagli Stati Uniti e dai suoi alleati arabi.

C’è anche un’altra gola profonda. Il giornalista australiano Julian Assange, rifugiato nell’Ambasciata dell’Ecuador a Londra, aveva illustrato questo tipo di cospirazione americana nella rivelazione, nota come wikileaks, di montagne di materiale interessante sul comportamento cosiddetto “wrong doing” del governo americano a partire dall’esecuzione di Saddam Hussein: assassini collaterali (video dell’Aprile 2010), la guerra dell’Afghanistan (luglio 2010), la guerra in Iraq (ottobre 2010), 250 mila messaggi diplomatici tra Ambasciate e Dipartimento di Stato (novembre 2010) e l’affare Guantanamo (aprile 2011) che gli valsero l’ambito riconoscimento della medaglia d’oro della pace con giustizia della fondazione della pace di Sydney, attribuita in passato solo a tre altre personalità come Mandela, il Dalai Lama e il leader buddista Daisaku Ikeda.

A proposito di premi, ma il presidente degli Stati Uniti non è lo stesso Obama che è stato insignito del premio Nobel per la pace nel 2009? Ora si capiscono meglio le critiche e le perplessità generate a suo tempo nel mondo per il fatto che essendo appena stato eletto non era prudente basarsi solo sulle sue pubbliche dichiarazioni senza che avesse potuto dimostrare con i fatti la concretezza del suo operato a favore della pace. Dal premio in poi Barak Obama non ha fatto altro che collezionare penosi dietro front rispetto agli impegni presi nella campagna elettorale basata sui valori universali della libertà, della pace, dell’equità sociale, del rispetto dell’individuo: la promessa di uscire dalla guerra in Iraq entro l’anno non è stata mantenuta, quella di chiudere la prigione centrale di tortura di Guantanamo è svanita nel nulla, l’impegno a considerare conclusa la guerra afghana con l’uccisione di Bin Laden, ritenuto il massimo responsabile del terrorismo, è finito nell’abisso dell’oceano indiano insieme alla salma del terrorista, fatta scomparire in fretta e furia. Insomma alle bugie di Bush sul terrorismo, sull’Iraq, sull’Afghanistan, sul Sudan ecc. si sono aggiunte le contraddizioni di un presidente che non ha avuto il coraggio di dire agli americani ed al mondo la verità.

Ora siamo alla dichiarazione di guerra permanente con l’intento di coinvolgere ancora una volta una larga coalizione di servi sciocchi che non c’entrano per nulla con le vicende del terrorismo. Questo nuovo premio Nobel per la guerra qualche giorno fa dichiarava in una conferenza stampa di non avere una strategia per sconfiggere l’ISIS, ma i suoi generali devono averlo convinto che soprattutto con la ricorrenza dell’11 settembre era conveniente mantenere un’alta mobilitazione morale e materiale del paese e gli hanno sfoderato un piano in tre fasi che dovrebbe concludersi dopo la sua definitiva uscita dalla Casa Bianca e quindi soggetto a continuazione con il nuovo inquilino.

All’obiezione di dover soprattutto convincere un’opinione pubblica dubbiosa sulla necessità di agire, anche militarmente, contro l’estremismo islamico è stato risposto con la rassicurazione che il paese non verrà trascinato in una nuova guerra di terra come quelle in Iraq e Afghanistan, combattute in questo decennio a prezzo di migliaia di soldati morti. Il piano anti-terrorismo elaborato da CIA e Pentagono è diverso da quello attuato in Yemen o in Pakistan o in Somalia. Non saranno più i droni a colpire i gruppi terroristici, ma i bombardieri e i missili come avvenne contro Milosevic e Gheddafi. L’importante è, secondo i militari, che Obama mantenga la guida di una grande coalizione che coinvolga i 28 paesi membri della Nato e una dozzina di stati appartenenti alla Lega araba e forse anche l’Iran momentaneamente alleato per abbattere il nuovo califfo sunnita.

I raid aerei potrebbero estendersi dal Kurdistan iracheno sulla città di Raqqa, in Siria, dichiarata capitale dello stato islamico e sulle altre roccaforti li disseminate, lasciando che gli altri stati della coalizione mettano i soldati sul terreno in aiuto ai ribelli anti Assad e contro l’ISIS. Come dire agli arabi vedetevela tra di voi sul campo, noi non mandiamo neppure un marine. Per questo il Segretario di Stato Kerry è andato a Gedda dove ha riunito gli alleati arabi dall’Egitto alle monarchie del Golfo e anche quelli che fraternizzano con i terroristi.
Una seconda fase prevede l’addestramento e l’equipaggiamento del nuovo esercito iracheno (quello esistente sotto al-Maliki, equipaggiato e rifornito in questi dieci anni di occupazione americana, si è dileguato con armi e bagagli confluendo nelle fila dell’ISIS).
Come se il mondo non ne avesse abbastanza di guerre e di crisi dell’economia Obama ha chiesto al Congresso di autorizzarlo alla spesa supplementare di 500 milioni di dollari per addestrare e armare i ribelli siriani pro-occidentali. Stiamo certi che prima o poi il conto arriverà anche sulle nostre tasche. I peshmerga vogliono ben altro che i rottami di armamento leggero sequestrato dall’Italia 20 anni fa.

Credo che non ci sia anima viva che non  abbia provato orrore per la decapitazione in diretta degli ostaggi (due americani ed un inglese: scavando sotto sotto vieni a sapere che avevano un passato collegato con i servizi segreti e con lo spionaggio israeliano), ma sbaglia chi attribuisce tale crimine all’Islam. Anche se l’ISIS proclama di agire per conto dell’Islam, nessuna pratica di assassinio può essere onestamente ricollegata a quella religione. I video trasmessi mostrano solo il comportamento barbaro di alcuni fanatici, che non hanno nulla a che fare con la dottrina coranica, ma che si avvalgono del forte potere mediatico per ritorcere contro l’America la responsabilità di ogni morte, inscenando esecuzioni capitali di condannati vestiti come i prigionieri di Guantanamo.

Possiamo stare certi che anche se il califfo al-Baghdadi scomparisse dalla scena domani mattina, dopo di lui sorgeranno altri califfi e altri invasati per un conflitto senza fine, mentre Obama passerà alla storia come un premio Nobel che ha tradito la pace per la guerra.

*Già Ambasciatore d’Italia  in  Albania, Tanzania, Arabia Saudita, Angola