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…c’era una volta un “Popolo”

“Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori”… dove  sono finiti?

di  Giovanni PIPI

Al termine della seconda guerra mondiale, agli indiscriminati bombardamenti, ordinati dai vertici dei cosiddetti “liberatori”, dagli stessi è stato ordinato un successivo bombardamento psicologico a livello mondiale, affidandone la realizzazione a “maghi” di economia, mediante una incessante e massiccia propaganda sulla necessità di un “nuovo ordine”. Sproloquiando sul tema “ democrazia, libertà e benessere per tutti”,  hanno distolto la gente dalla realtà, rendendola meno attenta e più disponibile ad accettare passivamente ciò che era pubblicizzato da un sistema di informazione non veritiero ma certamente potente e capillare.

Ed oggi, ciò che in altri tempi sarebbe stato biasimato e condannato, e’ accettato ed addirittura in alcuni casi giustificato e condiviso quale espressione di logica evoluzione del pensiero e di mentalità progressista.Considerando la scienza economia quella  che significativamente e più strettamente riguarda le condizioni reali di vita della gente, essa dovrebbe rispondere alle più razionali ed oggettive possibili considerazioni.

Per come invece viene trattata è, a tutti gli effetti, una pseudo-scienza che si basa su due presupposti impliciti, non dichiarati e assolutamente falsi;  ovverosia l’esistenza di un qualcosa di definibile come l’interesse globale della società e che le vicissitudini economiche e l’andamento dei mercati, siano qualcosa di imprevedibile e indipendente dai comportamenti umani.

E’ invece certamente vero che all’interno di qualsiasi società esistono interessi in conflitto, ed è altresì  vero l’esistenza di una  minoranza di persone appartenenti ad una ristretta cerchia del capitalismo bancario e finanziario che agisce  per il proprio personale tornaconto a danno dell’interesse, del benessere ed del futuro di tutti gli altri.

In effetti, questi “maghi” dell’economia, provocando e manipolando le crisi, agiscono con lo scopo di impadronirsi delle risorse prodotte dalla società, trasformando il lavoro di molti nella ricchezza di pochi.

Si consideri quello che ha tutta l’apparenza di un dato oggettivo, il PIL. L’impressione che questo famigerato PIL sia un indice fittizio o per meglio dire plasmato per veicolare l’essenza dell’ideologia progressista che subdolamente ammette occasionali e temporanei ritorni all’indietro, come sta avvenendo in Europa dal 2008, ma viene apertamente evidenziato che la tendenza globale sul lungo periodo è ascendente: “se le cose oggi non vanno meglio di ieri, vanno pur sempre meglio dell’altro ieri ma domani saranno migliori”.

Ma come é possibile pensare che in un mondo che non aumenta certo di dimensioni, ma ogni giorno è come se si riducesse, sempre più sfruttato, inquinato, devastato, impoverito, e dove la specie umana continua la sua espansione demografica, sia possibile una crescita della disponibilità di risorse pro capite. La logica e il semplice buon senso ci dicono che se si deve dividere una torta fra più persone, aumentando il numero dei commensali, si ridurrà la fetta di ciascuno.

Oggi che siamo in recessione, il nostro PIL è regredito  ed  è tornato al livello di vent’anni fa. L’attuale situazione economica è uguale a quella di allora?  Ne siamo sicuri? Venti anni  fa,  dopo aver pagato il mutuo della casa e onorato gli impegni economici assunti,  si riusciva a mettere qualcosa da parte.  Oggi si stenta ad arrivare a fine mese.

E se qualcuno sostenesse di possedere una formula magica, un abracadabra pronunciando il quale si possono risolvere tutti i problemi, non credete che in altre epoche meno “evolute” ma forse più sagge, costui sarebbe stato guardato con comprensibile scetticismo?

Nella nostra epoca “progredita”, invece, la gente sembra diventata più credula, eccessivamente troppo più credula, ed ecco che qualcuno è venuto fuori con la formula magica, l’abracadabra per risolvere tutti i problemi economici e , quel che è più tragico, è stato preso sul serio. La formula dell’abracadabra è semplice, di una semplicità sconcertante: privatizzare, privatizzare ed ancora privatizzare.

L’attuale tendenza neo-liberista viene giustificata così: l’offerta di beni e servizi da parte di una pluralità di imprenditori privati li pone in concorrenza fra loro, quindi ognuno di loro tenderà a offrire il servizio o il prodotto migliore possibile al prezzo più contenuto possibile. Questa concezione neo-liberista è oggi considerata talmente valida, talmente persuasiva e talmente vincente da essere stata proclamata dagli economisti il “pensiero unico” ed a nessuno e’ consentito sottrarsi, eppure tutte le volte che è stata applicata all’economia reale, non ha prodotto altro che disastri.

Per prima cosa, infatti,  siamo sicuri che in condizioni di sedicente libero mercato l’utente abbia davvero libertà di scelta? Un qualsiasi accordo fra i produttori di un settore che decidono di offrire lo stesso prodotto agli stessi prezzi può vanificare questa libertà, così come si è scoperto qualche anno fa essere accaduto fra le compagnie di assicurazione riguardo alle polizze automobilistiche, gioco in questo caso tanto più facile perché il cliente è legalmente obbligato all’acquisto, ma il discorso va ben oltre questo caso.

Un’altra rilevante obiezione, è che ci sono dei servizi per i quali l’esborso dell’utente può coprire soltanto una parte dei costi e che, se lasciati in mani private, avrebbero un costo che li renderebbe accessibili solo a una parte della comunità, quella più economicamente avvantaggiata. Gli esempi più rilevanti sono l’istruzione e la sanità: quando in questi comparti si lascia spazio all’iniziativa privata, si manifestano evidenti effetti discorsivi , così ad esempio abbiamo scuole private, riservate ad un’élite di privilegiati, che godono di ingenti agevolazioni e finanziamenti pubblici, mentre la scuola pubblica presenta segni di degrado piuttosto evidenti.

Per la sanità vale un discorso analogo, con la differenza, forse, che qui un maggior numero di persone è costretta almeno occasionalmente ad accedere, volente o nolente,  alla fascia alta perché quando si tratta della salute non si bada a spese.  Abbiamo il paradosso di medici che esercitano intra moenia, cioè che lavorano nelle strutture pubbliche e all’interno delle stesse possono esercitare attività professionale privata.

Come tutti sappiamo, si può accedere alla stessa visita o allo stesso esame compiuto dallo stesso medico “in privato” o attraverso la struttura pubblica; nel primo caso, si paga considerevolmente di più, nel secondo i tempi di attesa diventano biblici, quasi infiniti. In questi casi, scuola e sanità, l’iniziativa privata non migliora il servizio ma sottrae risorse, contribuisce a degradare il servizio pubblico, che è poi quello che resta accessibile alla maggior parte dei cittadini. Il meccanismo della sanità, poi, è particolarmente perverso, perché l’iniziativa privata si concentra sui settori più “interessanti” economicamente e lascia alle strutture pubbliche la gestione di quelli che lo sono di meno, e la sanità italiana, soprattutto nelle regioni meridionali, è diventata una voragine senza fondo che inghiotte denaro pubblico offrendo un servizio sempre più degradato.

Esistono poi settori nei quali l’intervento pubblico coincide con l’esercizio della sovranità e l’infiltrarsi dell’iniziativa privata significa la perdita dei residui diritti che rimangono ai cittadini: difesa nazionale, ordine pubblico, giustizia. Il giorno che una polizia mercenaria arresterà un cittadino per farlo comparire davanti a un tribunale privato a rispondere a un codice di giustizia privato, il sogno liberista si sarà trasformato nel più atroce incubo kafkiano.  Non bisogna essere dotati di particolare acume per constatare che  la situazione della società italiana e quella del resto dell’Europa,  e’ affetta da una significativa crisi che sin dal 2008 si e’ incamminata , a meno di radicali cambiamenti,   sulla strada di un  irreversibile declino.

 Ma davvero occorre essere “moderni e progressisti”, oppure avere un master in economia alla Bocconi per ragionare in maniera così rozza ? Ed i “difensori” dei lavoratori, quelli che sventolando la bandiera rossa sostenevano il benessere e l’uguaglianza  propria dei regimi comunisti ,  dove sono finiti ?  Quei “difensori” oggi  fanno finta di non vedere e qualcuno di essi proclama che “la lotta di classe non esiste più ”; ignorando o facendo finta di ignorare che il tessuto produttivo italiano è composto principalmente di piccola industria, e che ogni ditta che fallisce significa decine o centinaia di lavoratori sul lastrico, permettendo così ai grossi gruppi industriali, alle grandi catene di distribuzione, alle banche, alla finanza di acquisire più facilmente le aziende.

Questi “difensori”, in effetti, sempre stati complici del grande capitalismo bancario e finanziario, oggi sferrano il loro attacco decisivo alla proprietà, al benessere ed al futuro di tutti. Di mezzo c’è senza dubbio il fallimento dello statalismo dirigistico, dell’economia di piano che caratterizzava il sistema sovietico e gli altri Paesi del “socialismo reale” dell’Europa dell’est. E poiché un eccesso non funziona, allora mettiamoci a giurare e spergiurare che certamente e’ migliore l’eccesso opposto.

Non occorre girarci attorno all’infinito, basti ricordare che nei primi decenni del XX secolo, si contrapponevano e si  confrontavano in Europa e nel mondo, il capitalismo liberale e due modelli di socialismo antagonisti. Un socialismo con la falce e martello che ha finito per essere il più gigantesco aborto della storia, ed  il socialismo nazionale di matrice fascista;  che funzionava eccome !!!

Ed e’ proprio questo il motivo per il quale capitalismo e “socialismo deforme” di stampo comunista  si sono coalizzati per distruggerlo scatenando la guerra più gigantesca della storia umana. D’altronde fra capitalismo “made in USA” e comunismo sovietico una contrapposizione assoluta era solo in apparenza   entrambi, infatti, erano fra loro molto più affini di quanto ciascuno dei due lo fosse col “nemico fascista”.

Diversi solo i mezzi impiegati  ma medesimo il fine perseguito :  “ la creazione di un uomo nuovo” mondializzato, sradicato dal suo nesso naturale in una comunità di appartenenza, in un sistema di valori, di tradizioni, di identità, che invece il fascismo tendeva e tende a rafforzare.  Quel sistema di matrice fascista non è arrivato a vedere i frutti del proprio operato, ma nonostante la gelata della guerra, i buoni semi piantati  sono infine germogliati ed in funzione del quale,  il boom economico degli anni ’60.  E come conseguenza del lavoro fatto precedentemente dal Fascismo, quel sistema ha consentito l’ingresso a pieno titolo dell’Italia fra le nazioni a economia industriale.

 Un dato fra tutti è di particolare rilievo: tutti gli indici economici mostrano che le differenze fra nord e sud della nostra Penisola fra 1920 e 1970 hanno cominciato a ridursi, ma dopo tale data “la forbice” ha ripreso ad allargarsi, visibile conseguenza del ritorno a politiche liberiste che arricchiscono i ricchi e impoveriscono ulteriormente i poveri.

L’efficiente sistema delle partecipazioni statali creato dal fascismo è stato progressivamente smantellato a partire dagli anni ’80 e ’90, e nella demolizione di questa “bieca” eredità del “bieco ventennio” si sono distinti i governi guidati da Giuliano Amato, da Carlo Azelio Ciampi e da Romano Prodi. Soprattutto quest’ultimo, Romano Prodi, il grande demolitore dell’IRI, quell’Istituto per la Ricostruzione Industriale creato dal fascismo e che era stato il volano della nostra ripresa economica dopo il primo e dopo il secondo conflitto mondiale.  Ma ai tre i gentiluomini succitati, politici o meglio “politicanti” della sinistra ma non di meno a quelli della destra, non importava e non importa delle condizioni di vita delle nostre classi lavoratrici ed il segno forse più evidente e’ che in ossequio ai dogmi liberisti  privano lo stato dei mezzi per imporre la gestione dell’economia e  l’unico strumento che rimane per procurarsi risorse è la leva fiscale.


Giovanni Pipi

Matematico, Opinionista, già Dirigente Aziendale