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Yes, we can

 YES, WE CAN  –  Una mattinata insieme a Barack Obama tra:Welfare, Obama care, politica interna e… sondaggi _____________________________________________di  Cristian ARNI 

 Il Presidente Obama è andato in “Tour” negli States, durante l’Estate appena trascorsa, in cerca di popolarità e consensi. I sondaggi dei maggiori Network e Media locali e nazionali a luglio lo davano in calo, calo confermato nel mese di agosto quando la percentuale si attestava intorno al 38%.

La percezione che possiamo avere noi europei nei confronti degli Stati Uniti d’America certo potrebbe risentire di rivendicazioni, a torto o ragione, antipatie, sentimenti di anti-americanismo da un lato, oppure condanne di esterofilia, sindrome dello Yankee per chiunque invece simpatizzi per i cugini d’oltreoceano.

Ecco, tenere l’ago della bilancia nel fulcro non è cosa semplice: l’America o meglio gli Stati Uniti purtroppo – se da un lato sono stati per molti anni sinonimo di Terra promessa, di opportunità dai confini ampi e spaziosi – negli ultimi anni (ma secondo qualcuno anche da molto prima) gli Stati Uniti si sarebbero trasformati in simbolo di prepotenza, imperialismo occidentale, simbolo del sopruso di politiche estere a vantaggio della propria economia per limitarci a pochi ma essenziali punti, con tutto quanto abbiamo appreso nel corso degli anni a destra e manca.

L’America. secondo l’opinione pubblica attuale, genera mostri, rappresenta il male, paese deteriorato dalle proprie contraddizioni interne, privo di Storia se non quella recente che sta scrivendo pagina su pagina con inchiostro rosso; per molti fautrice di politiche economiche e di economie politiche in grado di spostare gli equilibri dei mercati e ridisegnare la geografia politica ed economica di mezzo mondo a proprio piacimento e vantaggio, ad uso e consumo personale non curante delle conseguenze generali; terra di conquista ma anche di conquistatori (per molti leggasi “invasori”), fomentatori e disseminatori di odio e guerre, di soprusi e razzismo, di violenza e opportunismo.

Insomma l’America simboleggia il male, il peggio che esiste e non importa se qualcuno cercherà di smentire queste parole perché sappiamo bene che in molti la penseranno così ugualmente per partito preso o presa posizione, e magari anche peggio.

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Certo non possiamo ignorare a quanto abbiamo assistito nel corso degli ultimi decenni e ancora più recentemente con le tante “missioni di pace” nel tentativo di esportare la propria “Democrazia” con il contributo dei paesi europei, ovviamente Italia inclusa; non possiamo dimenticare gli episodi più recenti che fanno degli Stati Uniti uno dei peggiori nemici – secondo gli antiamericani del vecchio continente – che bisogna tenere alla larga. Allora come possiamo non ricordare le recenti amministrazioni che (pur se non è casa nostra, oggi si vive tutti interconnessi) hanno saputo gettare petrolio (proprio il caso di dirlo) sul fuoco, tanto ci penseranno le secchiate di ice bucket challenge a calmare i bollenti spiriti…spiriti che aleggiano ancora oggi e che forse si chiamano Bush senior e junior ? Per altri Clinton ? Non importa se andiamo indietro con la memoria agli anni ottanta…per caso quello di Regan? Non importa perché oggi il vero pericolo, quello attuale viene proprio da lui, dall’uomo nero, nel vero senso del termine, colui che manovrerebbe e a sua volta è manovrato dai fili dell’alta Finanza, quella spietata, senza regole se non le proprie, come in un Fight Club dove la prima regola è…non avere regole !

L’uomo nero venuto dal profondo Sud (si fa per dire) dall’Africa proprio quella stessa Africa dove attualmente l’Ebola sta colpendo violentemente…che sia proprio un’invenzione dell’uomo nero, quello americano però?

Ecco così en passant senza pretesa di colmare vuoti o lacune, senza elogiare o demonizzare nessuno, viene solo – così come è –  la contraddittoria visione di un europeo (ancora più contraddittoria se poi si tratta di un Italiano) degli Stati Uniti non può che apparire così, contaminata, appannata in un quadro a fosche tinte con pennellate pesanti di un profondo rosso.

Non può che non essere così per un europeo qualunque: Grecia, Spagna, Italia, Francia ma ora anche Germania ….dai

Sarebbe interessante allora scoprire com’è la situazione all’interno, dall’interno vista con gli occhi di uno Yankee conservatore o meno, repubblicano o democratico, bianco o nero, appartenente al ceto medio alto o alla classe degli emarginati, quelli senza diritti, cambia visione a seconda delle proprie simpatie/empatie, del proprio punto di vista, muta aspetto con il mutare delle situazioni, trova consensi perde favori.

Già, quella percentuale attesterebbe proprio questo, gli Stati Uniti non sanno farsi ben volere;  lui, l’uomo nero non sa farsi benvolere e sappiamo tutti perché, ma ne siamo certi ?

E così una mattina nuvolosa e calda di fine Luglio eccomi alla Convention di Mr. President Barack Obama proprio lì, in casa sua, intendiamoci non alla Casa Bianca, nel cuore degli States, l’area più difficile per la sua politica interna, lo zoccolo duro dei Democratici, il centro strategico dei Repubblicani…insomma Obama gioca fuori casa – pur se in casa – e vince !

Porta a segno un risultato forse inaspettato, incassa favori e consensi qui da queste parti, sparge bene i propri semi, per intenderci sono i giorni tra il primo allarme Ebola e quelli in cui l’Isis esce allo scoperto, fuori dal guscio quindi un momento piuttosto rovente della sua amministrazione, catturando l’attenzione tra gli applausi e l’entusiasmo generale.  Miscredente io che ero convinto dalle cronache nostrane in un flop tutto fischi e atmosfera pesante mi sorprendo quando si dimostra tutto l’opposto in un tripudio a stelle e strisce, tra coccarde, striscioni e bandiere, tutto rosso, blu e bianco … e, in mezzo al bianco, quest’uomo nero, allampanato, asciutto, cordiale con tutti così vicino alla propria comunità, in manica di camicia arrotolate, senza giacca, in un’atmosfera praticamente informale, privo di orpelli apparenti ma sicuramente super scortato dai suoi 007 in maniera discreta, poco vistosa;  tiene il palco catturando l’attenzione della platea per mezz’ora, quaranta minuti districandosi tra occupazione, diritti civili, sistema economico e Obama care andando diritto al focus della questione: politica interna in primis.

Certo si sa, le compagnie di Assicurazione non saranno felicissime di un Presidente come lui, si parla di bei verdoni profumati in meno, e come naturale conseguenza la spinta delle stesse forse su pressione Repubblicana ad annacquare un po’ quelle percentuali così al ribasso oltre, non ultima, la politica estera diciamo…di non facile digestione, ma sappiamo tutti, l’America è un paese immenso, ingombrante come tutte le cose grandi, pretenzioso volerne scoprire tutte le contraddizioni nel misero spazio di queste poche righe.