Agricoltura: made in Italy da difendere
PAC: politica agricola comune
L’agricoltura è uno dei pilastri centrali della politica Europea, tanto da meritare una politica specifica: la Politica Agricola Comune (PAC), alla quale per il periodo 2014 – 2020 sono destinati più di 400 miliardi di euro, a cui va poi aggiunto il cofinanziamento regionale. L’obiettivo della PAC è quello di migliorare la produttività agricola tramite la promozione del progresso tecnologico, la garanzia di uno sviluppo razionale della produzione agricola e l’utilizzo ottimale dei fattori di produzione; e di raggiungere standard di vita più equi per le comunità degli agricoltori, innalzando i guadagni della manodopera impegnata in agricoltura, stabilizzando i mercati, garantendo la disponibilità di risorse e assicurando che tali risorse siano fornite ai consumatori a prezzi ragionevoli. In particolare, nella programmazione 2014 – 2020 la PAC si sviluppa su due Pillars, il primo, dedicato ai pagamenti diretti degli agricoltori, e il secondo dedicato esclusivamente allo sviluppo rurale, tanto importante per il nostro territorio italiano, il cui budget ammonta a più di 89 miliardi di euro. Tutti questi fondi sono erogati dall’Europa alle Regioni, le quali poi provvedono a erogarli sul territorio attraverso bandi.
Soprattutto, l’agricoltura ha un ruolo centrale nello sviluppo del nostro Paese. Chi punta alla crescita sostenibile e ad una uscita dalla crisi che risolva i problemi strutturali dell’Italia deve puntare su tutti gli elementi innovativi che questo settore ha espresso.Nei programmi di tutti i politici, la tutela e la crescita della specificità italiana passa per una agricoltura qualificata e moderna, per una solida difesa del Made in Italy (e da questo punto di vista il centro Italia è un grande cuore di qualità e tipicità) che oggi non trova una vera attuazione, per un sostegno agli imprenditori, alle nuove realtà, a chi ha davvero voglia di investire soldi e fatica sull’agricoltura.
L’Europa in questo settore, sembra più un controllore burocratico un po’ disattento piuttosto che uno stimolo a quanto di buono e di nuovo si muove nel mondo agricolo. Ci sono molti problemi non risolti: quello della etichettatura dei prodotti che fino ad oggi si è dimostrato penalizzante per il nostro Paese, non difendendo sufficientemente l’origine dei prodotti e creando semmai confusioni per noi dannose; quello di un intervento peggiorativo quando l’Italia cerca nei suoi confini di migliorare la qualità dei prodotti e di aiutare per questa via sia i coltivatori che l’industria agroalimentare. Su questi terreni nel Parlamento europeo e nella commissione c’è molto da fare.
Ora, si tratta di decidere come usare questi fondi, e di usarli bene. A gennaio 2014 la Regione Lazio, per fare un esempio positivo, ha costituito l’apposito Tavolo di Partenariato, la cui Presidenza è stata attribuita all’Assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca, e a febbraio è stata avviata la prima fase delle attività di consultazione, per definire il nuovo Programma di Sviluppo Rurale, insieme ai rappresentanti istituzionali, economici e sociali. La seconda fase, attualmente aperta, riguarda invece il coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni da prendere per la definizione del Piano di sviluppo rurale. Questa seconda fase è importante, perché espressione di un apertura istituzionale alla cittadinanza che permette di confrontare le necessità percepite dagli amministratori locali con quelle percepite dai cittadini che vivono il territorio, le sue bellezze e le sue difficoltà.
Accanto a questi temi “tradizionali” ci sono anche molti elementi nuovi su cui lavorare. L’Italia e il centro Italia in particolare, meglio di tutti hanno saputo intrecciare le risorse delle campagne e del’agricoltura con il turismo. L’enorme patrimonio culturale e artistico è disseminato sul nostro territorio come una gigantesca ricchezza nascosta. Ecco bisogna lavorare per incrociare obiettivi economici solo apparentemente lontani e distniti. Siamo il paese dei borghi e delle campagne, del cibo più buono, del vino più straordinario e del grande artigianato. Su tutti questi settori l’Europa interviene ed è importante però che a Bruxelles come in Italia si sappia tenere tutto questo insieme. I contadini e le smart cities non sono lontani, anzi sono mescolati e i progetti europei che li riguardano debbono essere mescolati per dare i frutti migliori.(Goffredo Bettini)
L’agricoltura cambia volto, l’ Italia terra famosa per il vivaismo, l’olivicoltura e le produzioni vitivinicole, sopratutto la Toscana, negli ultimi anni, ha registrato una profonda fase di riorganizzazione del suo territorio rurale, serbatoio sempre più importante per la produzione di beni e di servizi.
La riforma della Pac, il nuovo quadro normativo di riferimento e la congiuntura economica sono destinati a modificare ancora il volto dell’agricoltura , attraversata da una modifica strutturale e da una forte spinta agli investimenti.
Il valore dell’agricoltura Toscana
La fama di genuinità che circonda tutto ciò che profuma di Toscana non è giustificato solo dal mito ma dall’azione quotidiana e certosina di un comparto capace di ricercare un costante e dinamico mix tra tradizione e innovazione.
Circa 90.000 imprese agricole toscane ogni giorno danno corpo a questo piccolo incanto che difende i prodotti di qualità e l’identità territoriale dal vento della globalizzazione.
L’agricoltura incide sul valore aggiunto della regione per il 2% con una produzione annua che si aggira sui3 miliardi di euro, ma il beneficio che alla Toscana deriva dalla campagna è più ampio: è turismo, è ambiente, è paesaggio, è cibi apprezzati.
A produrre il risultato contribuiscono soprattutto la presenza di una vitivinicoltura orientata alle produzioni di qualità, che continua a consolidarsi; di un settore vivaistico fortemente competitivo anche sui mercati internazionali; dell’olivicoltura. Insieme queste tre produzioni raggiungono un valore di produzione vendibile regionale pari al 49.5% del totale.
Le produzioni erbacee rappresentano il 20%, esattamente come la zootecnia, che, nel corso degli ultimi decenni, si è progressivamente ridimensionata. Infine ci sono i servizi che hanno un peso totale di poco superiore al 10%, in linea con la media italiana.
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