Alcune riflessioni sulla scuola
ALCUNE RIFLESSIONI SULLA SCUOLA
___________________________________________Lidia D’ANGELO
La cultura e l’educazione debbono essere valorizzate perché svolgono una funzione inclusiva e di promozione sociale, possono rappresentare il presupposto dal quale partire per poter fornire pari opportunità, in particolare ai giovani, e rappresentare un’azione mirata contro la diseguaglianza a favore della giustizia sociale. E’ necessario perciò creare le condizioni per stabilire tra i diversi attori (genitori, studenti, docenti, istituzioni ed enti locali) un patto educativo che rimetta al centro delle politiche istituzionali la cultura come ricchezza da custodire e su cui investire risorse.
Per rispondere a questa sfida bisogna coinvolgere attivamente gli studenti nei processi di apprendimento e invogliarli allo studio attraverso una nuova leva di docenti che siano aperti alla comprensione della realtà, desiderosi di apprendere, prima che di insegnare per poi condividere coi giovani la fatica e la conquista del sapere, ma anche la gioia della scoperta.
Purtroppo i risultati conseguiti dagli studenti nei test Invalsi (Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema d’Istruzione) pongono la scuola italiana nelle posizioni basse delle classifiche internazionali di Pisa-Ocse (Programma Internazionale valutazione studenti nell’ambito dei Paesi Ocse).
Questo dato deludente ci induce a riflettere sullo stato di salute della scuola che, nonostante le numerose riforme di cui è stata fatta oggetto in questi ultimi anni, non riesce ancora a decollare. Sembra che la norma di questa scuola sia una sorta di mediocrità che imbriglia sia gli studenti, sia i professori: gli studenti si accontentano di poco, non volano alto, i docenti si adeguano a questi standard, non tentando di tirare fuori dai loro alunni il meglio e così vengono meno al loro ruolo fondamentale di educatori che è quello, appunto, di e-ducere cioè di stimolare, facendole uscire fuori, le potenzialità di ciascuno.
Prima parlavo di riforme, i ministri della Pubblica Istruzione degli ultimi anni, a partire dal 2003 con la Moratti, hanno varato diverse riforme che hanno poco inciso il tessuto scolastico, senza cambiare sostanzialmente nulla; è stato introdotto nel curricolo scolastico della scuola secondaria di primo grado, lo studio di una seconda lingua comunitaria senza aumentare il monte ore settimanale e pertanto a scapito di altre discipline a cui sono state sottratte le ore per fare spazio alla nuova venuta; sono state dimensionate a 18 ore tutte le cattedre per un discorso di risparmio, ma in questo modo si sono tolte ore preziose per le sostituzioni dei docenti assenti.
Anche l’autonomia scolastica, di cui ci si è riempiti la bocca, non è sostanziale: si tratta di un’autonomia di facciata che permette alle scuole di organizzare le attività parascolastiche secondo i criteri deliberati dagli organi collegiali della scuola; la vera autonomia, quella economica e la facoltà di assumere il personale scolastico direttamente, le scuole italiane la stanno ancora aspettando.
Le scuole cambiano non ope legis, ma quando i docenti sono motivati, quando si appassionano al proprio lavoro e docenti di questo genere sono relativamente pochi; la maggior parte svolge il proprio lavoro senza infamia e senza lode, navigando a vista e senza sapere di fare il mestiere più bello del mondo, perché hanno tra le mani il futuro delle giovani generazioni con tutte le responsabilità che ne conseguono.