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CALCIATORI, PARLAMENTARI & EVASORI

CALCIATORI, PARLAMENTARI &  EVASORI

GIULIANO MARCHETTI 

In questi giorni sta infuriando la polemica sulla posizione assunta dai calciatori, riguardante il loro rifiuto ad assoggettarsi al così detto “contributo di solidarietà”, come disposto dall’ultimo decreto legge, varato dal governo, per fronteggiare l’ennesima crisi che sta coinvolgendo finanziariamente l’intero pianeta.

I Signori calciatori (la “c” di calciatori è volutamente in carattere minuscolo, cosi come la “g” di governo), tra l’altro sostenuti dall’ associazione di categoria, asseriscono che nulla debbono in quanto le loro retribuzioni sono state concordate “al netto” d’imposte e tasse con i propri datori di lavoro (le Società Calcistiche).

Quasi contemporaneamente similari rimostranze sono state sollevate da numerosi parlamentari (decisamente poco onorevoli), tra l’altro con toni più lamentosi, quasi piagnucolosi, in quanto – a loro avviso – verrebbero coercizzati da tale decreto a subire un prelievo fiscale non previsto, né programmato, come hanno dichiarato in varie interviste su Radio Radicale

A questo punto, ritengo siano opportune e necessarie alcune osservazioni:

1)    A prescindere dalle interpretazioni giuridiche della normativa in oggetto, la questione riguarda un problema di sensibilità che, a quanto pare, non lambisce minimamente né i signori calciatori, né i signori parlamentari.

Per quanto riguarda i “calciatori”, questi – con il loro atteggiamento – dimostrano di costituire una categoria o una ennesima casta (a livello vip e star) di “lavoratori” – per così dire – strapagati nonché privilegiati e che pertanto, dall’alto dei loro stratosferici appannaggi, non dovrebbero fingere di non sapere che ci sono famiglie che stentano ad arrivare a fine mese.

Così come l’altra casta dei parlamentari, che piagnucola a Radio Radicale per future eventuali decurtazioni a prebende e privilegi, non dovrebbe fingere di non sapere che quanto ognuno di loro spende in un intero mese, per le prelibatezze dei menù nei ristoranti della Camera e del Senato, corrisponde a quanto una famiglia spende quotidianamente, e con sacrificio, nel reparto alimentare di un supermercato.

2)    La “questione” mossa dai calciatori, secondo cui la retribuzione contrattata con i propri datori di lavoro deve intendersi “netta”, conferma quanto più volte affermato sulla Consul Press, ove si è sempre evidenziato come le imposte sulle retribuzioni a carico dei lavoratori-dipendenti, nel settore privato, non gravano assolutamente sugli stessi dipendenti, ma solo sui loro datori di lavoro.

Infatti nella realtà, quando il dipendente – in sede di contrattazione con la propria  azienda – concorda la  propria “retribuzione netta”, è l’imprenditore che sulla base dell’importo netto devericostruire a tavolino un importo lordo da assoggettare a contributi previdenziali e all’Irpef che, poi, sarà tenuto a versare tramite il modello F24.

Quanto qui nuovamente asserito, nel punto 2, è stato condiviso anche dai quotidiani “Rinascita” e “L’Opinione”, nonché dal mensile “Il Borghese” che hanno a suo tempo pubblicato alcuni articoli della Consul Press in cui veniva ribadita tale tesi.

Ciò con buona pace dei sindacati e delle sinistre che sostengono come i lavoratori-dipendenti siano gli unici a pagare interamente le imposte, perché trattenute direttamente sulla loro busta paga, mentre – a loro dire – i lavoratori autonomi ed i professionisti sono sempre gli unici ed i soliti evasori.

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Giuliano Marchetti

Direttore Editoriale di Consulpress, Commercialista e Revisore Contabile.

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