Cavalcare la protesta
Cavalcare la Protesta
di Stelio W. Venceslai
Gli studenti che scendono in piazza a protestare contro la legge di stabilità, nelle maggiori città italiane, al grido di: andate via, basta sacrifici, sono il primo vero segno dell’insofferenza globale del Paese nei confronti d’un Governo imbelle, che si balocca tra il caso Cancellieri e il caso Berlusconi, che riceve schiaffi dalla Commissione europea e che non è in grado di gestire la crisi se non aumentando le tasse.
La protesta è confusa ma generalizzata e, come sempre, sono i giovani a dare corpo al evidente al malessere profondo della società italiana. La spremitura è giunta al suo punto cruciale. Oltre non si può più andare. Gli studenti hanno ragione. Non hanno nulla da perdere e tutto hanno il diritto di chiedere, visto che la politica attuale nega loro il futuro cui hanno diritto. I loro padri sono senza lavoro (o rischiano di perderlo), sono senza più risorse e temono il quotidiano ricatto delle Istituzioni, annunciato da un bollettino postale. Non ce la fanno più a conciliare una vita normale, come sempre, con le condizioni risicate del proprio portafoglio. I loro padri, in un modo od in un altro, hanno fatto la loro vita, hanno faticosamente conquistato un posto nella società con il loro lavoro. Ora, di lavoro ce n’è sempre di meno. Una marea di chiacchiere e di provvedimenti scomposti ha distrutto le loro speranze. Il lavoro non c’è più.
Che fanno i giovani? Studiano cose inutili per presentarsi ad un futuro che, se va bene, si prospetta all’ estero e, se va male, l’intisichisce dentro casa, a fare i “bambocci”. L’altra alternativa è quella di mettersi una divisa, mal pagati, per contrastare con i lacrimogeni i loro fratelli che protestano. Le scuole e le università da sempre sono state la fucina di grandi eventi rivoluzionari. Un filo di rivolta serpeggia per le grandi città. Non va bene più niente e bisogna avere il coraggio di dirlo. Siamo tutti gravemente responsabili di questo stato di cose, ma gli studenti non ne hanno colpa. Sono liberi ed innocenti. Vogliono ciò che tutti gli Stati normali danno ai loro figli: sicurezza, istruzione, lavoro, prospettive di futuro. L’Italia no: ci dà tasse e disordine, materiale e morale, servizi costosi che non funzionano, prebende altissime per pochi e miseria per tutti, collusioni e corruzione, governi imbelli con uomini incapaci. Nessuno pensa al futuro. Nessuno pensa alle nostre giovani generazioni, se non come massa di manovra elettorale.
Gli studenti hanno ragione. Dobbiamo dar loro manforte, non solo perché sono i nostri figli ed i nostri nipoti, ma anche perché sono il futuro del nostro Paese. Stanno crollando tutti i miti di questa squallida seconda repubblica di cui ci vergogniamo, impotenti. Ma fino a quando continueremo a sopportare, imbelli, le continue vessazioni del quotidiano? Una protesta di studenti è come un fiore in mezzo ad una foresta. Ma si devono muovere anche gli alberi, perché la foresta viva. Con gli studenti dovrebbero scendere in piazza i dipendenti a reddito fisso (l’82% dei contribuenti), che con il loro salario finanziano uno Stato indegno d’essere considerato tale, i lavoratori, che rischiano ogni giorno di perdere il loro lavoro, e quelli che stanno a casa, tra il sussidio della Cassa integrazione ed il lavoro nero, gli imprenditori piccoli e medi (circa il 90% dell’imprenditoria italiana), che aspettano d’essere pagati dallo Stato e, intanto, o falliscono o si suicidano, gli esodati, che una legge sciagurata ha semplicemente “dimenticato”. Una marea d’ingiustizie sta avvolgendo il nostro Paese. Dov’è il Governo? Dove sono le misure di rilancio dell’economia? Nuove tasse e 14 euro a testa all’anno di miglioramento dei salari. Una beffa, uno schiaffo in faccia a tutti. Promesse e chiacchiere, purché loro, la casta, restino in sella. La stessa Unione europea ci dice che la legge di stabilità è insufficiente, perché non rimuove gli ostacoli strutturali alla ripresa.
Non si cambia, non si ristruttura, non si riforma. Il debito aumenta, la “sovranità” monetaria è una burla, l’unica soluzione è quella di spremere tasse, anche se il gettito diminuisce e l’evasione aumenta.
Non c’è da meravigliarsi se la protesta tenderà ad allargarsi coinvolgendo non solo le masse studentesche. Siamo tutti delusi, depressi, intristiti dalle difficoltà quotidiane. Occorre dire basta e cacciarli tutti e ripartire da zero, con altre idee, altri uomini, altre istituzioni e ben altra dignità.
Roma, 16 novembre 2013
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