Conto corrente cointestato: si finirà per separare ogni cosa
Una volta c’era l’unione e la comunione dei beni, poi si capì che, forse, era meglio unirsi in matrimonio ma non mettere proprio tutto in “comunione”. Così almeno il 60% delle coppie che si sono sposate con rito civile o religioso, ha preferito optare per la “separazione dei beni”, da richiedere al momento del matrimonio e da ufficializzare mediante atto notarile. La differenza sostanziale, tra la prima e la seconda opzione, è insita già nel nome ed è comunque regolamentata dal codice civile- Libro I: Delle Persone e della Famiglia. La comunione dei beni è il regime legale previsto dal codice civile, nel caso in cui non vi sia stata una scelta diversa da parte dei coniugi (articolo 159). La separazione dei beni contempla, al contrario, un regime patrimoniale diverso e si ha quando ciascuno dei coniugi è il solo proprietario dei beni acquistati durante il matrimonio.
Anche se non tutto, in famiglia si decide spesso di condividere un conto corrente (postale o bancario). Almeno fino alla sentenza n. 29019 del 7 luglio 2014 con la quale la Cassazione (II sezione penale), chiamata a pronunciarsi sul ricorso di un uomo, imputato del reato di cui all’art. 646 c.p. per aver incassato, illegittimamente, l’intera somma depositata in un fondo di investimento intestato alla madre defunta ha stabilito che in presenza di un conto corrente cointestato se uno degli intestatari effettua prelievi o pagamenti a proprio favore che superino in misura eccedente il tetto di pertinenza, senza il consenso, espresso o tacito, degli altri cointestatari, può esser accusato di appropriazione indebita. Una sentenza che tutela eventuali eredi, ma allo stesso tempo una scelta rigida da parte del legislatore che potrebbe far riflettere coniugi e famiglie. In un momento di crisi, insomma, volenti o nolenti, occorre sempre proiettarsi al peggio, ad una scomparsa improvvisa e alla necessità di dover lasciare ogni cosa al posto giusto (anche i conti e le divisioni familiari), onde evitare di doversi “rigirare nella bara” e avere ennesimi dispiaceri anche nell’aldilà, correndo il rischio di non trovare “pace” neanche dopo la morte!