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CRISI ECONOMICA e BISOGNO di INNOVAZIONE

CRISI  ECONOMICA e BISOGNO di INNOVAZIONE  

“Accordo” di Pomigliano ed altri rimedi*

di  Serena ZITTI *

Molto probabilmente l’anno appena trascorso passerà alla storia delle relazioni industriali nel nostro Paese come l’anno dei “contratti in deroga” Fiat.  Nel corso del 2010, infatti, rilevano due noti casi di contrattazione aziendale che inducono a riflettere sull’impatto della riforma degli assetti contrattuali introdotta nel gennaio 2009 e a domandarsi se effettivamente essa abbia favorito una rivoluzione nel sistema delle relazioni industriali introducendo un decentramento contrattuale basato sul depauperamento del contratto nazionale. Ciò, considerato anche il “sistema complessivo” in cui si inserisce.

I suddetti casi, in effetti, condensano tutta una serie di problematiche generali e trasversali che vanno: dalla crisi economica mondiale alla minaccia incombente delle delocalizzazioni, daldumping sociale al problema sociale, dalla contrattazione separata al bisogno di rinnovamento del sindacato, dalle questioni della rappresentatività e rappresentanza sindacale al ruolo della politica nelle relazioni industriali. In estrema sintesi, è in questi casi che si realizza la composizione di interessi contrastanti e che si compie, dunque, il conflitto post-industriale più attuale.

In essi, nel concreto, si riflettono e si riproducono i risultati giurisprudenziali comunitari, in materia di libertà collettive e libertà economiche, connessi ad un bilanciamento basato sul principio di proporzionalità.[1]

Forse, più di ogni altra cosa, questa esperienza contrattuale manifesta le conseguenze negative del principale limite del sistema economico italiano: la forte carenza di innovazione. E’ a questa causa, infatti, che vanno ricondotte le difficoltà delle imprese in ambito competitivo globale.

Dunque, è fondamentale domandarsi se le previsioni oggetto degli accordi aziendali in parola costituiscano una risposta adeguata al problema o, piuttosto, una semplice scelta economica che porta con sé diseconomie più o meno latenti destinate a riflettersi, nel breve periodo, sulla sfera sociale e, nel lungo, sulla sfera economia e del benessere collettivo.

La sede non mi permette di entrare nel merito di specifiche questioni giuridiche per cui ometto di disquisire circa la possibile qualificazione di detta esperienza contrattuale secondo i canoni stabiliti dall’Accordo Quadro e dall’Accordo Interconfederale Confindustria. Né entro nel dettaglio dei contenuti specifici degli accordi aziendali in parola. Sottolineo solo che, su più fronti si è affermato che la vertenza Pomigliano verrà ricordata come un vero e proprio spartiacque tra due modelli di conduzione delle relazioni sindacali.

Il dibattito sull’Accordo per lo stabilimento napoletano ha toccato gli aspetti più vari. Il filo conduttore dell’intero dibattito è stato costituito da un interrogativo: se l’accordo in parola fosse già assurto a modello o potesse considerarsi l’embrione in un nuovo modello in corso di formazione. Le evoluzioni inerenti la contrattazione aziendale Fiat sono note, dunque, non mi dilungo sul punto. Sottolineo, invece, che tra le tematiche oggetto degli Accordi in discussione vi è stato l’ampliamento progressivo del numero di turni e una differente modulazione di orario.

Turnazione lunga e responsabilità sociale d’impresa: è possibile?

Nell’ambito della mia ricerca ho voluto documentare l’esperienza della Micron Technology Italia, in considerazione del fatto che detta impresa, sita sul territorio abruzzese ma operante a livello mondiale, conta nello stabilimento di Avezzano circa 2000 dipendenti ed organizza il lavoro di una notevole quota del proprio personale (tutti quelli addetti al cosiddetto FAB cioè all’attività produttiva in senso stretto) sulla base di turni diurni e notturni di 12 ore.[2]

La storia delle sue relazioni sindacali è stata caratterizzata da trattative abbastanza dure riguardanti il ventilato rischio di delocalizzazione e di licenziamento di un consistente numero di lavoratori a fronte delle resistenze sindacali opposte alla volontà aziendale di introdurre un sistema di turnazione analogo a quello in discussione nei recenti accordi della Fiat.[3] Oltre a constatare il consolidamento del turno lungo diurno/notturno, è risultato interessante poter osservare, a distanza di tempo, le evoluzioni delle politiche aziendali della Micron in ordine all’ascolto delle esigenze dei propri lavoratori.

La turnazione su 12 ore non ha caratterizzato lo stabilimento marsicano sin dalle origini. Dalle dichiarazioni dell’Ing. Raffaele Credidio, Operations Manager nell’area Risorse Umane[4], ho appreso che le ragioni che hanno indotto questa grande impresa al passaggio da un sistema produttivo organizzato in turni di 8 ore ad un sistema organizzato in turni di 12 sono di carattere squisitamente tecnico. Esse rispondono essenzialmente alla volontà di dar luogo ad una serie di ottimizzazioni legate al funzionamento dei macchinari operanti nello stabilimento.

Nel corso degli anni l’azienda ha sviluppato una maggiore sensibilità verso specifiche problematiche dei suoi lavoratori. Ha dunque avviato una serie di iniziative suscettibili di essere collocate nella sfera della ottimale gestione del tempo di lavoro e del tempo libero e nel quadro delle politiche di conciliazione dei tempi mirate a favorire le lavoratrici madri.[5]

Un sito aziendale raccoglie tutte le convenzioni che Micron pone in essere in vari ambiti nell’ottica di consentire ai propri dipendenti risparmi di tempo o di denaro.[6] A queste iniziative si associano attività tese a creare un sistema di motivazione del dipendente basato sull’ascolto/partecipazione dello stesso ad alcune scelte aziendali e sul riconoscimento del suo legame con l’azienda. Vi rientrano: lo sportello di ascolto diretto del dipendente e un sistema più complesso basato su un programma di suggerimenti tecnici e organizzativi (survey)[7] e sulla veicolazione di informazioni attraverso un giornalino interno[8] e una rete intranet;[9] gli omaggi di piccoli gadget ai dipendenti; le attività ricreative con le famiglie (festa della befana) e le visite interne all’azienda organizzate per i figli dei lavoratori.

E’ possibile focalizzare l’attenzione su alcuni progetti ed aspetti specifici che incidono significativamente sulla qualità della vita dei lavoratori di questa azienda e sono una manifestazione concreta della volontà effettiva di risolvere il problema delle assenze dal lavoro, legate alla difficoltà dei lavoratori di integrare problematiche personali e turni di lavoro lunghi. Soprattutto, dimostrano che un certo tipo di “assenteismo” può essere affrontato senza apportare peggioramenti al trattamento economico e normativo riconosciuto ai lavoratori, bensì implementando azioni positive e misure ad hoc che, in alcuni casi, richiedono solo spese minime o nulle e, in altri, investimenti che possono essere finanziati con soluzioni intelligenti, ma che di fatto si remunerano sempre in termini di maggiore e migliore presenza sul luogo di lavoro, solidarietà tra i lavoratori e benessere generale.

Mi limito a ricordare:  l’intervento Micron per favorire l’attivazione di un piano di trasporti pubblici sensibile alle esigenze pratiche e di salute (riduzione dello stress) dei suoi lavoratori turnisti; alcune soluzioni win-win in materia di salute (ottimizzazione dell’infermeria interna e suo raccordo con il servizio di assistenza sanitaria esterna); la costruzione di un centro sportivo frutto della risposta ad una survey tra i dipendenti; l’iniziativa per la formazione durante la CIG. Merita, inoltre, di essere citata l’iniziativa di sostegno a favore dei dipendenti residenti nel cratere aquilano, volta alla creazione di una banca ore ferie basata sul principio di solidarietà interna tra i lavoratori.

La soluzione adottata da Micron per la gestione del lavoro femminile in caso di gravidanza e rientro dalla maternità costituisce un’altra soluzione win-win che merita attenzione.

 La gestione del lavoro femminile in caso di gravidanza e il rientro dalla maternità in casa Micron.

In forza della disciplina vigente in materia di orario di lavoro, quando una donna scopre di essere incinta non può più prestare attività lavorativa in orario notturno. Questo divieto opera per tutto il periodo della gravidanza fino ad un anno di vita del bambino. Evidentemente, se la donna in questione è inserita in una squadra che copre un turno lungo, per l’azienda in esame si pone un doppio problema organizzativo. Infatti, per via del divieto vigente nella fattispecie, all’interno della squadra in turno, sul fronte notturno si genera una carenza di lavoro e ciò si ripercuote, evidentemente, sul turno diurno, in cui vi è invece una ridondanza di unità.  

Nello periodo successivo al parto, in particolare, il problema organizzativo risente inoltre delle tutele legislative che garantiscono alla lavoratrice la fruizione di permessi per l’allattamento.[10]Dunque, al problema carenza/ridondanza, si aggiunge un problema di presenza ridotta della lavoratrice nel turno diurno, che risulta coperto per sole 9 ore anziché 12.

Evidentemente, l’organizzazione di “turni di copertura” – con individuazione di lavoratori che sostituiscano per le sole notti la lavoratrice in stato di gravidanza ovvero al rientro dal congedo per maternità fino al compimento di un anno del bambino, oppure tamponino la carenza di ore lavoro relativa al turno diurno – può risultare abbastanza complicata.

Per questa ragione Micron ha pensato di conciliare la sua esigenza organizzativa con le due principali esigenze avvertite dalla lavoratrice al suo rientro. Da una parte, la lavoratrice madre manifesta un’esigenza psico-fisiologica di restare vicina al figlio neonato e, dall’altra, ha la necessità di fruire entro i termini di legge (l’anno di competenza) delle ferie e dei permessi retribuiti maturati durante il periodo di congedo obbligatorio e durante l’eventuale periodo di ispettorato per malattia legata alla gravidanza.

In realtà, alla prima di queste due esigenze risponde anche un’apposita legge (quella sui cd. congedi parentali) ma va precisato che in questo caso specifico è prevista una decurtazione della retribuzione. Questa opzione, inoltre, contribuisce all’accrescimento del monte ferie da fruire al rientro definitivo al lavoro.

La soluzione win-win studiata da Micron è partita da un dato di convenienza per l’azienda. Essa trae il maggior vantaggio da una risposta organizzativa che contempli anche un’assenza prolungata della lavoratrice rispetto a quanto previsto dalla legge, purché l’assenza dall’azienda sia costante.

Ciò, infatti, consente una sostituzione della lavoratrice che è più semplice e non genera disguidi organizzativi legati all’intermittenza della prestazione.

Il datore di lavoro ha, dunque, rinunciato al diritto di precludere le ferie alla lavoratrice madre quando questa ne faccia richiesta al rientro dal periodo di congedo di maternità obbligatorio o facoltativo, favorendo il desiderio della madre di non tornare a lavoro almeno fino al compimento del primo anno di età del bambino.

In risposta alla proposta aziendale, tutte le lavoratrici rientranti nel caso hanno manifestato la piena adesione, in linea di massima rimanendo a casa all’incirca per ulteriori tre mesi.

Questo tipo di soluzione, dunque, è risultata perfettamente adatta al problema.

E’ evidente che la maturazione delle ferie e degli altri istituti durante il periodo di gravidanza e puerperio incide diversamente nel caso di una lavoratrice madre che copre un turno giornaliero e non svolge lavoro notturno. Di fatto, in queste circostanze, l’azienda non rileva particolari problemi organizzativi se non quelli propri del caso di sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto del lavoro. D’altro canto, è proprio il sistema di turnazione lunga diurna/notturna che determina l’accumularsi “anomalo” delle ferie fruibili.

Dunque, la posizione della lavoratrice madre non turnista appare abbastanza diversa da quella della lavoratrice madre turnista. Tendenzialmente, nel primo caso, l’azienda ha interesse al più veloce rientro della lavoratrice, soprattutto se il carico di lavoro di sua competenza è stato ripartito tra le risorse umane disponibili nell’organizzazione interna. In questo senso, la rinuncia da parte dell’azienda al suo diritto di precludere le ferie ad una lavoratrice rientrante a lavoro dopo un periodo di assenza per maternità tende ad essere più difficoltosa per aziende di dimensioni medio-piccole mentre tende ad incidere meno su assetti aziendali più complessi. Va inoltre osservato che, un’azione positiva che favorisca la fruizione di tutte le ferie accumulate al rientro dal periodo di assenza per maternità potrebbe incidere in via veramente ridotta, nel caso di aziende che abbiano fatto ricorso ad un’assunzione a termine nel rispetto di quanto previsto dall’art. 2110 del c.c.

L’esperienza osservata viene annotata perché suscettibile di essere riprodotta in tutti i contesti caratterizzati da un sistema di turni basati su orari lunghi, analoghi a quelli della Micron. In questo senso, un modello di questo tipo potrebbe essere adottato nel gruppo Fiat, considerata l’incidenza dei recenti accordi aziendali sull’orario di lavoro. La sua ripetibilità sarebbe comunque evidentemente vantaggiosa in tutte le realtà aziendali in cui semplicemente operi la turnazione notturna.

A tutti gli effetti, essa configura un’azione positiva a costo zero e un’applicazione del principio di conciliazione dei tempi di lavoro e di cura; forse, anche un’opportunità in più per le donne che può in parte contribuire al contenimento della loro uscita dal mondo del lavoro e, se fruita dopo il congedo obbligatorio, in alternativa ad un analogo periodo di congedo parentale, una modalità per rinviare di un po’ il rientro al lavoro conservando integralmente le entrate da retribuzione. Vi è da aggiungere che, l’esportabilità del modello in altre realtà aziendali potrebbe essere praticata con maggiore successo anche attraverso l’impegno degli attori sociali e la diffusione di certe azioni potrebbe essere favorita dalla previsione di apposite clausole nel contratto collettivo.

 I vantaggi delle politiche aziendali basate su soluzioni win-win ed ispirate al diversity management.

Il bello delle soluzioni win-win è che esse possono essere studiate per ogni tipo di azienda e per qualsiasi contesto o contingenza. Esse si caratterizzano per un certo indice di rigidità, dal momento in cui costituiscono soluzioni ad hoc rispetto a problematiche specifiche. Tuttavia, non solo possono essere migliorate lì dove nascono, ma possono essere riprodotte, con più varianti, in contesti aziendali e situazioni che presentino un certo margine di analogia rispetto all’ambito di riferimento in cui sono state ideate ed applicate la prima volta. L’elemento vincente di queste soluzioni risiede poi proprio nel fatto che esse dimostrano che è possibile migliorare le tutele sociali, in alcuni casi, a parità di costo, e praticamente sempre con incrementi in termini di vantaggi.

Il principale elemento di resistenza rispetto a queste soluzioni è l’ignoranza, intesa nel significato etimologico proprio. La loro diffusione, dunque, è strettamente legata alla divulgazione dei risultati positivi registrati da aziende pilota e dalla possibilità di implementare all’interno delle organizzazioni un sistema di ascolto degli stakeholders; in primo luogo, dei lavoratori appartenenti alle categorie più deboli.

Il segreto della diversity management consiste, infatti, nel fare del problema la soluzione. In questo senso, in materia di protezione dell’ambiente, il recupero dei materiali riciclabili è esemplificativo. Evidentemente, la questione può essere molto semplice oppure molto più complessa di come in questa sede viene esposta; si tratta solo di decidere se considerare il lavoratore e tutte le sue esigenze come un rifiuto o una risorsa.

Quindi, è fondamentale il modo in cui viene impostato il problema e, a tal fine, è determinante anche la scelta dell’uso di certe parole durante la comunicazione interpersonale in azienda, durante le trattative sindacali, durante i rapporti amicali e, sicuramente, nell’ambito del dibattito politico.

Infatti, affinché un’assenza per malattia o per l’assistenza ad un genitore anziano non venga denominata assenteismo e affinché un periodo di riposo richiesto da una donna incinta ma in buona salute non venga certificato come malattia, è fondamentale non sottovalutare la potenza evocativa delle parole, oltre al loro significato giuridico.

Al di là dei vantaggi più immediatamente riscontrabili, connessi a certe scelte aziendali, non va sottovalutato il fatto che la motivazione del personale non è legata semplicemente alla fruizione del singolo servizio sportivo o dell’iniziativa in materia di pari opportunità. L’approccio è molto più ampio e si basa anche sui meccanismi principali e secondari che subentrano nelle relazioni interpersonali tra i dipendenti e nella comunicazione tra i vertici dell’azienda e la base.

Tuttavia, ai fini della diffusione di modelli organizzativi veramente responsabili da un punto di vista sociale, urge accettare che i risultati positivi prodotti da essi non siano del tutto misurabili in termini matematico-economici. Piuttosto che quantificati, alcuni di essi andrebbero valorizzati.

Dall’intervista condotta riscontro che, le scelte Micron radicano nella convinzione che certe azioni siano soluzioni finanziariamente utili per l’azienda. Le win-win solution qui riportate si inquadrano, dunque, in un approccio del tutto manageriale e niente affatto idealistico. Nonostante ciò, l’impresa appare sufficientemente orientata allo svolgimento di una funzione sociale secondo un’impronta che rispecchia i dettami costituzionali.

Sembrerebbe dimostrato che, nonostante la globalizzazione, l’organizzazione aziendale basata sul principio del profitto può anche non spingersi lontano dalla funzione sociale. In questo senso, il contratto collettivo è ancora fondamentale, così come un impianto normativo legale che imponga il rispetto dei diritti fondamentali degli individui e, nel contempo, consenta di individuare soluzioni sociali che siano appetibili per le aziende.

E’ comunque determinante che nella visione d’impresa prevalga l’idea che il vantaggio ottenuto da certe politiche non debba essere quantificato attraverso indicatori economici ma, semmai, attraverso indici di soddisfazione del dipendente e di benessere sociale del tutto originali.

La soluzione rappresentata è un esempio di cosa significhi fare diversity management e, considerato il complesso di misure attivate ed attivabili nell’azienda ubicata nel nucleo industriale marsicano, potrebbe addirittura essere vista come la cellula di un sistema embrionale che potrebbe tramutarsi in un modello d’azienda Uni Iso 26000:2010 diretto all’applicazione effettiva del principio di responsabilità sociale d’impresa.

Certo, nel corso degli anni in Micron è stato fatto molto ma potrebbe farsi di più. Sarebbe auspicabile, ad esempio l’estensione della possibilità di fruizione delle ferie maturate al rientro dal periodo di maternità anche alle lavoratrici non turniste, a prescindere dal fatto che non vi sia un immediato vantaggio sul piano organizzativo. Ciò significherebbe offrire fino in fondo una opportunità in più alle lavoratrici neo-mamme per tentare il recupero dello svantaggio naturale che le donne hanno insito in sé quando provano ad orientare la loro vita anche in termini di carriera lavorativa.

                 *DOTTORE di RICERCA nell’Università di Pescara

                           in Diritto Europeo e comparato dell’impresa e del mercato – Diritto del Lavoro

 


* Questo breve contributo trae spunto dai risultati di una ricerca annuale finanziata con borsa regionale bandita dall’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara nell’ambito del Progetto RE.C.O.TE.S.S.C. –P.O. FSE Abruzzo 2007/2013- P.O. 2007-2008. La ricerca, da me condotta in qualità di giuslavorista, ha avuto ad oggetto “Il ruolo della PMI nello scenario che cambia: dalla riforma della contrattazione collettiva al rispetto degli standard di comportamento internazionali”. In detta occasione ho affrontato il tema della riforma degli assetti contrattuali (v. Accordo Quadro 22 gennaio 2009 e sue attuazioni) operando una lettura della contrattazione aziendale condotta nel gruppo Fiat (Accordi di Pomigliano e Mirafiori) anche alla luce dei più recenti stimoli derivanti dall’ambito internazionale, riguardanti il rispetto di standard di comportamento ispirati al principio della responsabilità sociale d’impresa (si v. la nuova Uni Iso 26000:2010 sulla Responsabilità sociale d’impresa.). In detto ampio ambito di indagine è emerso il caso aziendale che qui si riassume e che si rappresenta solo in minima parte in considerazione dei limiti di spazio e nel rispetto di quanto mi è stato richiesto.

[1] Si v. i noti casi Viking, Laval, Ruffert, C.E. c. Repubblica Federale di Germania, decisi dalla Corte di Giustizia dell’UE.

[2] L’organizzazione su turni lunghi adottata dallo stabilimento Micron di Avezzano è praticata, per volontà della Corporate, in tutte le aziende del gruppo operanti nei vari Paesi, a prescindere dai diversi modelli di tutela del lavoro che vi vigono. In considerazione della turnazione suddetta, Micron Technology Italia corrisponde ai propri dipendenti una remunerazione che prevede un premio specifico per turnazione lunga che si somma alle maggiorazioni per lavoro notturno stabilite sia dal ccnl, sia da un vecchio contratto integrativo risalente a Texas Instrument.

[3] Le relazioni sindacali dell’azienda si caratterizzano per il fatto di aver alternato momenti di forte conflitto a momenti di collaborazione. Tendenzialmente improntate al dialogo, attualmente, le relazioni sindacali in azienda si caratterizzano per un rapporto aperto con tutte le sigle. Invero gli accordi più recenti hanno riguardato dinamiche diverse da quelle che erano state oggetto di conflitto nel passato.

[4] All’Ing. Credidio, tra l’altro Presidente per l’Abruzzo e il Molise dell’Associazione Italiana dei Direttori del Personale, rivolgo un ringraziamento sentito per l’apertura dimostrata verso le mie esigenze di ricerca e per aver messo a mia disposizione il Suo tempo e quello della Sua stretta Collaboratrice, Dott.ssa Adelaide Morellati, in occasione di un lungo colloquio-intervista che ha avuto luogo ad Avezzano il 5 gennaio 2011.

[5] Di recente, è stato ampliato un progetto sul fronte salute, teso ad incidere, da una parte, sulla tutela della salute in senso stretto e, dall’altra, sul piano fisico-motivazionale dei propri dipendenti.

In generale, tra le iniziative che incidono sul tempo facilitando la vita dei lavoratori turnisti va ricordata l’attivazione di uno sportello bancario Unicredit, interno all’azienda, in cui è presente in orari d’ufficio un operatore fisso, e l’apertura di uno sportello Ers per il noleggio di mezzi di trasporto, eventualmente anche per traslochi.

[6] Quelle attive al momento riguardano parrucchieri, asili nido, servizi bancari (carte di credito), concessionari auto.

[7] Il programma prevede la somministrazione di questionari e si sostanzia in survey su nuove iniziative, volte a conoscere il punto di vista del lavoratore circa da iniziative da intraprendere e survey su servizi attivi dirette a far esprimere ai dipendenti un indice di gradimento sui servizi erogati.

[8] Attraverso il giornalino interno, in particolare, i dipendenti trovano risposte alla domande da essi formulate e tutte le informazioni che favoriscono la comprensione circa funzionamento delle varie aree e dipartimenti aziendali e il collegamento tra gli stessi; leggono inoltre le interviste ai capi dipartimento e al direttore di stabilimento e vengono a conoscenza delle iniziative poste in essere dall’azienda oppure apprendono notizie attinenti all’andamento della compagnia.

[9] La rete intranet e le news letters aziendali o della corporate sono i due strumenti più utilizzati per la divulgazione delle informazioni attinenti all’azienda e hanno sostituito i punti di informazione basati su affissioni in bacheca.

[10] Per ragioni di proporzionalità, le classiche due ore di permesso per allattamento previste nel caso di orario normale di otto ore, nella turnazione su 12 ore sono invece tre.

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