Skip to main content

Finanza & Draghi

 

I Draghi della finanza__________a cura di Oeconomicus *

Il recente discorso di MARIO DRAGHI al Parlamento Europeo è sconcertante per l’ovvietà e la banalità delle sue considerazioni. Draghi parla un po’ dappertutto, data la sua funzione, ed è costretto, ovviamente, a dire cose che più che altro rassicurano i suoi uditori: il Consiglio della BCE, il Fondo monetario, il Parlamento europeo ed i Governi dell’Unione. Di questo dobbiamo perdonarlo.

La BCE, sotto Draghi, ha fatto l’impossibile per difendere l’eurozona ed il sistema bancario. Occorre riconoscerlo. Ma, a parte i meriti indubbi della Banca, nonostante la tenace opposizione tedesca, se entriamo nel merito delle considerazioni svolte, sta di fatto che le parole di Draghi suscitano molte perplessità.

Che vuol dire che la BCE continuerà a fare il suo dovere nell’ambito dei poteri che le competono? Nulla, perché Draghi non ha alternative diverse al di fuori delle norme che deve applicare. Che vuol dire che del bail-in non si può più discutere? La regola esiste e va applicata. Non può essere certo Draghi a metterla in discussione o a deciderne una gradualità, come si vorrebbe da qualcuno in Italia. Che vuol dire che la BCE non chiederà più alle Banche di capitalizzarsi? O il sistema va a gonfie vele, e questo non pare, o il sistema non è in grado di reggere capitalizzazioni ulteriori. Dov’è la verità?

La situazione economica europea non accenna a grandi risvegli. Qual è la ricetta di Draghi? Udite, udite: meno tasse e più investimenti. L’uovo di Colombo. Sarebbe come dire: moglie ubriaca e botte piena. Dove beve la moglie, se non alla botte? E se beve alla botte, come fa questa ad essere piena? Se lo Stato riduce le tasse, libera risorse ai privati ma riduce le proprie. Se l’idea è quella di maggiori investimenti pubblici, dove li prende i soldi lo Stato? Se, invece, Draghi crede che diminuendo la tassazione globale aumentano risorse tali da attivare investimenti privati, si sbaglia. Gli investimenti che necessitano sono ben più cospicui di quanto sia possibile con una riduzione delle imposte.

Ancora, se si riduce il gettito dello Stato, come farà questo a fronteggiare le proprie spese, amministrative e sociali? Solo riducendo la spesa e contraendo i servizi pubblici. Ciò comporta, inevitabilmente, una stretta sul mercato del lavoro il che, con questi chiari di luna, rende improbabile una tale soluzione. Ora, a parte facili battute sull’ovvietà delle soluzioni proposte, tipo discorsi da caffè dopo la partita di calcio, il senso di tutto questo discorso del Presidente della BCE è che le norme comunitarie non si cambiano, le risorse d’inventiva della BCE sono pressoché esaurite e la regola d’oro resta sempre la stessa: riforme strutturali, costino pure, in termini sociali, quello che costano.

Non è un bel discorso e non c’è da stare allegri. In Italia le riforme sono come l’Araba Fenice. Tutti sanno che esiste ma nessuno l’ha mai trovata. Da noi di riforme si parla da decenni, ma poiché la prima delle riforme sarebbe quella di ridurre gli sprechi, tutto il resto è noia, come diceva Califano. Ridurre gli sprechi costa amicizie, solleva scandali, e Dio sa che non ne abbiamo bisogno. Ogni giorno ce né uno, trasversale, passa dal PD a Forza Italia, dalla Lega al Movimento 5 Stelle e giù per li rami.

I nostri politici cadono sempre dalle nuvole. Integerrimi nel sussiego, a sentir loro si sono sempre fidati di mascalzoni. Si sentono traditi, come se non li avessero scelti loro, forse, proprio per questo. Diciamolo pure, o sono dei grandi ingenui, che non conoscono i loro uomini, o sono in malafede. Aspettano che la magistratura apra loro gli occhi, magari vent’anni dopo. Il nostro sistema politico è fatto da tante scimmiette: non sanno, non vedono, non ascoltano In compenso, parlano, e dicono sciocchezze. In compenso, il sistema è dedito ad attività truffaldine, da quelle pubbliche, come il canone della RAI TV, spacciato per risparmio, e la prospettiva della riduzione delle pensioni di reversibilità, a quelle private. E’ un panorama desolante.

Quando Draghi parla di riforme, parla ad un auditorio di persone che, in un modo od in un altro, hanno soldi in tasca e proventi sicuri. Può anche permettersi di dire ovvietà, tanto sono tutti d’accordo. Ciò che non si vuole dire, perché disturba tutti, è che se non c’è crescita, è inutile spremere un limone secco. E la crescita non c’è. Quindi, parlare d’investimenti fa fino, ma il discorso è fuori quadro. Chi investe? Quello che dorme in macchina? Ma no! Aspettiamo i grandi investitori: lo Stato, che i soldi non ce l’ha perché o li rubano o li butta dalla finestra, oppure i grandi investitori internazionali, che in un Paese senza crescita non vedono prospettive.

Così come è messa la situazione, Draghi o non Draghi, non c’è speranza. Le “riforme” di Renzi sono pannicelli caldi su grandi ustioni. Il corpo dello Stato è talmente malato da essere continuo oggetto di lazzi televisivi (Striscia la notizia). Ogni giorno costatiamo opere pubbliche costose lasciate a metà ed abbandonate al degrado, truffe e tangenti, costi enormi per iniziative che in altri Paesi europei costerebbero almeno la metà, un’insufficienza totale nei servizi pubblici, collusioni e congreghe unite dall’assalto alla diligenza, finte riduzioni di tasse, il Far West nel pubblico, mentre il privato si addormenta con Sanremo.

Pulire non è facile, ma se chi deve punire ha le mani sporche e  conserva i soldi delle tangenti in un armadio frigorifero, non è  credibile per nessuno. La soluzione è solo in una rivoluzione morale. Parole grosse, che pochi capiscono, nella disgregazione di tutti quei valori ai quali siamo stati educati. La moralità pubblica è diventata un motivo ricorrente tanto per parlare e poi andare a cena con l’opposizione. Ma è solo con una reale opposizione e rivoluzione morale che si può salvare il Paese.

                                                                              *Stelio W. VENCESLAI