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Gianfranco Maria Chiti da servitore della Patria a soldato di Dio

Uomo di fede, soldato modello, educatore eccezionale e servitore di Dio. Questo era il Generale Padre Gianfranco Maria Chiti, esempio di vita militare e spirituale in una società, quella che tenta di definirsi europea, che sembra aver perso i valori fondanti quali l’amor patrio e il rispetto verso la vita.
Un uomo coerente, giusto sino alla fine, semplice e preciso, aperto agli altri e all’ascolto, amante della vita e fedele alla propria missione tanto nell’amare il Creatore, quanto la propria patria. Una vita, racchiusa in un libro “Gianfranco Chiti granatiere e francescano” edito da Borgia e scritto a più mani da chi, direttamente lo ha conosciuto e ha voluto farsi testimone di una storia di vita personale che si intreccia con la Santità di un missionario del Signore.
Ogni capitolo è affidato ad una “penna”, a partire dall’introduzione di Michele Corrado, che letteralmente “fa parlare” il Generale Chiti; dall’Ave Maria iniziale alle ultime parole dell’introduzione: un saluto, mai un addio, perché forse mai potrà esser cancellato il ricordo di un missionario carismatico tanto con la divisa, quanto con il saio.
Ancora meglio si comprende la maturazione spirituale dell’Uomo Chiti, attraverso la ricostruzione biografica fornita dallo storico Rinaldo Cordovani. Sfumature e dettagli del proprio curriculum militare che aiutano il lettore a conoscere la personalità di Chiti, la sua voglia di azione, il suo altruismo e la profonda umanità. Ogni momento della sua vita può esser rivisto e letto sotto la luce di quell’idealismo che lo ha spronato senza mai fargli perder di vista il valore Uomo. Una sensibilità e una capacità di arrivare al cuore dei suoi interlocutori, siano stati essi militari o fedeli, derivante dal bagaglio di esperienze fatte sul campo di guerra. Dall’uccisione dei suoi uomini e amici durante la Campagna di Russia, anni in cui era già al comando di una Compagnia di Granatieri di Sardegna del 3°regimento, alla prigionia, fino alle atrocità che dovette testimoniare durante gli anni di servizio.
Esperienze che lo aiutarono ad affinare quella capacità, quasi divinatoria di comprendere l’animo umano. Si legge che nessun granatiere voleva trovarsi al suo cospetto, non tanto per la punizione che avrebbe subito, quanto per le lacrime che avrebbe versato, nel trovarsi di fronte ad un uomo comprensivo, portato a far emergere le mancanze commesse piuttosto che punire con la violenza.
Le caratteristiche umane, professionali, militari e religiose del Generale Padre, sono rafforzate anche dai ricordi messi nero su bianco da Giancarlo Fiorini dalle quali emerge una ricostruzione del percorso umano e teologale del Chiti, dove la vita costituisce una testimonianza che Gesù è risorto e vivente in noi e quando si sperimenta la sua presenza si ha la capacità di perdonare e perdonarsi, aprirsi a se stessi e agli altri, spogliarsi e rinunciare veramente a tutto, facendosi strumento del percorso divino.
A Ubaldo Terrinoni invece il compito di riflettere sulla figura di Chiti come convertitore, colui che apportò molti cambiamenti a partire da sé. Basti pensare al passaggio dalla divisa militare al saio di cappuccino.
255 pagine che raccontano e presentano Gianfranco Chiti, uomo nato e morto interiormente libero, non attaccato a nulla e nessuno, convinto che «Solo Dio riempie il cuore dell’uomo». Per questo non riservava nulla per sé, ma destinò la sua pensione ai clochard di Orvieto e ai lebbrosi di Ambanja in Madagascar.
Morto da uomo libero, il Generale Padre Chiti dimostrò due cose sulle quali ognuno di noi è chiamato a riflettere. La prima è l’esperienza di dolore provata durante la guerra che invece di imbestialirlo, lo umanizzò, facendogli maturare la convinzione che la figura del soldato fosse paragonabile a quella di Cristo. La seconda, è la sua vita da missionario che porta a comprendere come la povertà non sia una croce, intesa come condanna o punizione. Vivere senza nulla porta infatti il povero a farsi dono al prossimo per amore e non per interesse!