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“Gli inganni della Finanza”

In una minuscola ma simpatica Libreria a Roma in zona Prati, quasi angolo piazza Mazzini – “IL SEME”, mercoledì 12 ottobre si è tenuta la presentazione del Libro: “ Gli inganni della Finanza”, presente l’autore il Prof. Paolo Maddalena, già Docente di Istituzioni di Diritto Romano, successivamente: Magistrato della Corte dei Conti e Giudice della Corte costituzionale.

 Una presentazione per pochi intimi, informale, quasi in “casa” tra amici intimi in cui il Prof. Maddalena ha illustrato molto chiaramente e in maniera comprensibile a tutti i presenti il contenuto del Libro  (Donzelli Editore  – pag.186 / € 19,00). – un piccolo saggio da parte di un grande costituzionalista che mette a nudo le aberrazioni e i paradossi del capitalismo “virtuale”.

image1 Un trattato che punta l’attenzione sulla menzogna neocapitalistica del neoliberismo più spinto senza alcuna rete di protezione per l’ambiente, le  risorse naturali, i diritti dei lavoratori, che mira esclusivamente al profitto insostenibile allo sfruttamento senza condizioni né per l’uomo né per il  nostro pianeta.  Maddalena accerchia quello che lui definisce – il pensiero unico dominante – decostruendo gli assunti di questo “ sistema” in cui  il denaro è divenuto il punto centrale di un mercato sempre più preda di una crisi economica di cui individua i mali: la – concorrenza – diremmo  sleale (ndr), la cessione del pubblico al privato, lo Stato che deregolamenta tutto facendolo confluire “spacchettato”  nel  mercato globale  pronto  per essere commercializzato.

 Così in queste pagine la difesa da parte dell’autore degli assunti costituzionali prende la forma di una critica aspra al modello di società espresso  dall’odierno capitalismo finanziario globale, imponendosi sulla sovranità popolare, sul concetto di Stato e Nazione.

 Secondo questa visione divenuta imperante, vince il più forte, con buona pace dei concetti giuridici di giustizia ed equità; anche ciò che, per sua  natura, non può avere un valore di scambio e non può essere oggetto di commercio, poiché è di appartenenza collettiva (pensiamo ad esempio  all’idea che ai beni paesaggistici e culturali di proprietà dello Stato si possa anche solo assegnare un “prezzo”) finisce per diventare “prodotto”,  merce non di scambio ma di vendita.

 In questa ottica anche il linguaggio comune modifica di segno, serpeggiano parole “ subliminali” che riportano al concetti di cui sopra, parole quali: Azienda agricola anziché fattoria, Dirigente scolastico invece di Direttore, prodotto agricolo al posto di genere alimentare ecc.

Tutto – secondo i panorami presentati nel saggio – fa presagire che siamo in un punto di non ritorno, in cui i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri…ormai questo è un leit motiv che torna costantemente.

 CRISTIAN  ARNI

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