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Il destino dei Cristiani di Siria

Il destino dei Cristiani di Siria.

_____________________________________________________ Domenico PELINO

Alle soglie del terzo millennio cristiano i Templari di oggi, come allora, sono parte della società in cui operano. Essi attraversano tutta la società civile: sono operai e professori universitari, impiegati e liberi professionisti, artigiani ed imprenditori, sacerdoti e studenti. Possono dire cose nuove e diverse e trasmettere un messaggio alle coscienze ed alla sensibilità degli uomini, nella generale crisi dello spirito dell’uomo occidentale, proponendosi in alternativa alla crisi delle ideologie tradizionali.

Il Gran Priorato d’Italia, attualmente, raggruppa centinaia di membri, in Italia e all’estero, ed è la più grande associazione templare europea. E’ tra i membri fondatori dell’Ordo Militaris Templi Hierosolymitani, l’O.S.M.T.H , che nel 2002 è stato riconosciuto dalle Nazioni Unite come ONG Internazionale e partner del Comitato economico e sociale dell’ONU. E’ l’unica organizzazione cavalleresca templare che abbia avuto questo importante riconoscimento nell’ambito internazionale. Complessivamente l’O.S.M.T.H. ha circa 7.000 membri in tutto il mondo, ed è formato da 23 Gran Priorati nazionali i cui rappresentanti costituiscono il Consiglio dei Gran Priori, organo decisivo dell’organizzazione.

Crediamo nei valori storici e culturali che hanno formato la nostra società occidentale, costruendola su principi di Libertà e di Democrazia. Inoltre, punti saldi sono il rispetto dell’Uomo e della Famiglia, la fedeltà alle proprie origini, il rigore morale, il senso dell’onore e della solidarietà, la valorizzazione della dignità, l’onestà intellettuale,  la disponibilità al dialogo, la tutela dell’infanzia e della terza età, il rispetto della natura, questa essendo un valore naturale sul quale si fonda l’equilibrio delle persone e la discendenza del genere umano, il rispetto dell’altrui nell’accettazione reciproca delle proprie diversità. Il Templare è portatore agli altri dei propri principi di cui è messaggero, ma non missionario (coloro che si credono portatori della verità generano, spesso, inaccettabili  fanatismi).

La templarità non è una filosofia od un’ideologia politica: è un modo d’essere e di porsi, auspicando l’avvento di un nuovo tipo di Uomo che sia d’esempio agli altri, nella quale si professino i valori della tradizione e si utilizzino le possibilità dell’innovazione a beneficio dell’umanità nell’interesse generale. E’ un modo di essere presenti ed attivi e si applica a tutti i settori: dall’economia alla biologia, dalla politica all’innovazione, dal sottosviluppo alla globalizzazione.

Le finalità templari sono “culturali”, intessendo un’intensa attività con l’Accademia Templare (organizzando cicli di conferenze, convegni, concerti…), di solidarietà e formative, nel quadro fondamentale dell’ecumenismo cristiano. Sono presenti, infatti, tutte le confessioni religiose cristiane, parte del nucleo di una società fondata sull’intelligenza e sulla solidarietà, custodi gelosi di valori.

E’ per tutti questi motivi che il 13 marzo u.s., alla Basilica S. Maria in Cosmedin, a Roma, il Balivato del Lazio ha organizzato un Convegno di grande spessore civile ed umanitario dal titolo “Il destino dei cristiani di Siria”. La guerra civile siriana vede contrapposte militarmente le forze governative a quelle dell’opposizione e, ad oggi, conta decine di migliaia di vittime e milioni di sfollati da entrambe le parti. Il conflitto è iniziato il 15 marzo 2011, con le prime dimostrazioni pubbliche; si è sviluppato in rivolte su scala nazionale, per poi trasformarsi in guerra civile nel 2012.

Al Convegno si sono alternati diversi relatori (giornalisti, scrittori, docenti, teologi e ricercatori) che sono riusciti a catturare l’attenzione dei presenti, coinvolgendoli in un acceso dibattito, fatto di scambi d’opinioni che hanno ancor di più arricchito il bagaglio culturale di tutti i presenti.

Moderatore è stato il ricercatore Alessandro Moriccioni,

Scrittore e regista documentarista. Responsabile del webmagazine “Terraincognita”. Collabora con le testate nazionali “Mystero” ed “Archeologia proibita”, che ha introdotto i relatori con un breve excursus:

Dal 2011 la guerra civile in Siria si scaglia violentemente sulla popolazione inerme. Ha colpito la comunità cristiana a Sadad, dove sono state rinvenute fosse comuni con decine di cadaveri, e vari altri villaggi ove la comunità è stata assediata dalle milizie islamiche ed è stata costretta a barricarsi nelle proprie case e nelle chiese.

Cose di questo genere sono accadute a tutte le comunità di civili nelle varie guerre, in Rwanda, in Jugoslavia, in Afghanistan ecc. Ma questa è solo una parte della storia. In questo momento sono i bambini ad avere la peggio: dal 2011 l’impatto della guerra sui loro corpi e sulla loro mente è stato devastante. I rapporti appena pubblicati dell’Unicef e di Save the children riportano cifre terrificanti.

Secondo un articolo de “La Repubblica” dell’11 marzo, in Siria è in atto la più grave crisi umanitaria della storia moderna. I bambini siriani, di qualunque confessione o etnia, sono oltre dieci milioni in un Paese dove non si cresce più ed essere bambini è pericolosissimo.

I bimbi che hanno bisogno di assistenza, scrive sempre l’Unicef nel suo rapporto, sono il 56% di quelli presenti in Siria, quindi oltre la metà (un numero spropositato) e quelli che hanno raggiunto il confine senza i genitori sono oltre ottomila. Ciò che uccide questi innocenti non sono solo i proiettili e le bombe, ma è soprattutto l’incapacità di un servizio sanitario (che era tra i migliori!) di assicurare le giuste cure a chi ne ha bisogno.

Così, con due ospedali su tre inservibili a causa della guerra, gli operatori sanitari sono costretti ad amputare preventivamente arti che potrebbero essere salvati e ad aspettare il decesso di ragazzini feriti perché non ci sono mezzi e medicine adatti a guarirli. Questo e non solo, si desume anche dall’altro rapporto, scaricabile dalla rete, di Save the children.

In questo resoconto, ricco di informazioni di prima mano, sono raccontate alcune storie simbolo di questi bambini, storie sempre estremamente coraggiose e commoventi. Quella di Shadi, ad esempio, che ringrazia comunque Dio per il proiettile d’artiglieria che lo ha colpito, nonostante lo faccia soffrire, e non perde la speranza pregandolo di farlo tornare a camminare, senza sapere che fino a che nessuno potrà operarlo sarà costretto a stare su una sedia a rotelle, oppure la tragedia di Bsher, paralizzato dalla meningite, che chiede solo di poter giocare a calcio coi suoi amici, ma che probabilmente resterà uno dei tanti piccoli menomati di questo martoriato Paese.

E, poi, ci sono i danni psicologici, di cui si parla sempre troppo poco, danni che creeranno personalità violente in un luogo ove i bambini e i ragazzi sono spesso già stati addestrati per spararsi a vicenda o per tagliarsi la testa, come è capitato di vedere in un video postato sulla rete. E’ vero, la guerra è lontana dall’Italia e sapere che c’è qualcuno che muore al posto nostro, in fondo, è rassicurante… Inutile nasconderlo.

Ma sono i nostri figli quelli che muoiono, sono coloro che dovrebbero ereditare il mondo che stiamo distruggendo anche con la nostra indifferenza. Quel grande giornalista che era Tiziano Terzani ha sempre raccontato di come, quando era corrispondente per il Der Spiegel, si fosse abituato a contare i cadaveri. Dapprima fu un compito penoso, ma, ad un certo punto, i corpi smettevano di avere un nome e un volto, divenendo solo esclusivamente numeri. E’ questo ciò che non si può tollerare, che i morti diventino solo cifre sulla carta stampata; perché il rischio è che ci si dimentichi che prima erano uomini, donne e bambini: esseri umani come noi.

E’ poi intervenuto il Prof. GIUSEPPE FORT,  che ha parlato di: Storia dei Cristiani d’Oriente.

Laureato in Lettere antiche – Archeologia all’Università di Roma La  Sapienza. Laureato in Archeologia Medievale all’Università della Tuscia di Viterbo. Specializzato in Archeologia Subacquea presso l’Università di Siena. Ha diretto campagne archeologiche, a terra e in acqua con le Soprintendenze della Toscana, del Lazio e dell’Etruria Meridionale. Ha diretto progetti archeologici in Francia, Nicaragua e Ghana. Docente di archeologia presso l’UPTER – Università Popolare di Roma. Docente di archeologia presso la L.A.R. – Libera Accademia Romana. Direttore dell’equipe Medioevo del Gruppo Archeologico Romano. Gran Precettore dell’OSMTH. Rettore dell’Accademia Templare Italiana – Templar Academy. Accademico dell’Accademia Angelica Costantiniana di Roma. Presidente dell’associazione culturale archeologica CAMPO BASE.

 “La Chiesa ortodossa siriaca è una delle chiese cristiane più antiche del mondo e conta circa due milioni di fedeli nel mondo.

I Siro-ortodossi sono tutt’oggi monofisiti, cioè credono in un Cristo solo apparentemente uomo, ma la cui natura è totalmente divina; pertanto non riconoscono i decreti del Concilio di Calcedonia (451).

La Chiesa ortodossa siriaca utilizza come lingua liturgica il siriaco; a capo della Chiesa è il Patriarca siro-ortodosso di Antiochia, con sede a Damasco.

L’apporto culturale della Chiesa siriaca alla cultura occidentale è stato fondamentale. Furono i Cristiani siriaci, infatti, a tradurre dal greco al siriaco e poi all’arabo i tesori dell’eredità classica.

Nel VII secolo, con la conquista araba, la Chiesa di Antiochia non poté più proseguire l’opera di evangelizzazione. Nonostante ciò, la Chiesa di Siria contava nell’Alto Medioevo venti metropoliti, con 103 diocesi, e si estendeva ad est fino all’India sud occidentale, grazie ai traffici marittimi lungo il Golfo Persico e l’Oceano Indiano.

Nel lungo periodo della dominazione turco-ottomana, la comunità cristiana siriaca non subì repressioni né persecuzioni, mantenendosi anzi maggioritaria fra le comunità cristiane d’Oriente.

Dopo molte vicissitudini politiche e rovesciamenti di vari regimi, nel 1959 trovò la sua attuale collocazione a Damasco. La sede attuale del Patriarcato è nel quartiere cristiano di Bab Tuma (lett. “Porta di Tommaso”) ed il Patriarca risiede nel monastero Mor Aphrem, a circa 25 km a nord della capitale.

Per tutta la durata del governo della famiglia Assad e del Partito Baath, la Chiesa di Siria non ha mai avuto alcun problema, né religioso, né politico, questo grazie alla politica laica del governo siriano. Dopo la “primavera araba” e  con la guerra civile, i Cristiani sono diventati un obiettivo delle bande islamiche legate a movimenti jihadisti.

I cosiddetti “rivoluzionari”, anche se colpiti duramente dall’esercito siriano, attaccano città e villaggi abitati dai Cristiani, li uccidono e li depredano senza che nessun governo venga in loro aiuto. E’ la più grande tragedia umanitaria a sfondo religioso del XXI secolo.”

Successivamente, ha preso la parola Mons. MTANIOUS HADAD B.S. Archimandrita e Rettore della Basilica Santa Maria in Cosmedin, sul tema  Siria ieri. Siria oggi! Siria domani?

La storia della Siria è intrisa profondamente di Cristianesimo, cominciando dagli eventi di Pentecoste fino ad oggi, ma non è solo cristiana, benché sia stata felicemente definita dallo stesso Presidente Bashar Al Assad come “culla del cristianesimo”, in occasione della visita di Giovanni Paolo II nel maggio 2001.

La Siria è, stata, infatti, un felice mosaico di religioni conviventi fianco a fianco: non solo di quella cristiana, ospitando differenti confessioni cristiane, ma anche musulmana, con i diversi rami confessionali dell’Islam. Tale mosaico di pietre vive ha visto alti e bassi nel corso del tempo, ma in ogni epoca i Cristiani di Siria hanno dato al Paese il loro contributo e, in particolare, la testimonianza di come un pensiero laico possa accomodare tutti. Dal canto suo la direzione islamica del Paese, ad oggi non ha nulla da invidiare ad altri Paesi: è l’unico Paese arabo ad offrire istruzione obbligatoria e gratuita per tutti, ad avere attenzione  per i nuovi centri urbani cui regala lotti di terreno per edificare luoghi di culto per ogni confessione religiosa esistente, esenta chiese e moschee, da tasse, pagamenti di luce ed acqua.

La Siria di oggi, è anche l’unico Paese a poter vantare di un felice connubio tra dialogo interreligioso ed ecumenismo. Ad esempio, recentemente il Governo  ha donato un lotto di terreno, in un nuovo quartiere alla periferia di Damasco, a Doummar, per edificare una prima chiesa di comproprietà tra Cattolici ed Ortodossi, ed un’altra simile esiste nei pressi di Aleppo.

I rapporti tra Cristiani e Musulmani sono stati e sono in genere buoni e pacifici. Purtroppo, la Siria è vittima di un gioco di potere esterno che ha esportato il terrorismo nel Paese. Mercenari arabi sono venuti a devastare, sgozzare, rubare, assediare villaggi e città intere. Non tutti sono Siriani: i più sono giunti da ogni dove, indottrinati di false idee e convinzioni. Alcuni, addirittura, credevano di essere a Gerusalemme.

L’unico peccato della Siria è il suo status di paese democratico de facto. C’è un Presidente eletto dal popolo ed un Governo che ascolta il popolo. Per le remore sorte a seguito della Primavera araba scoppiata in Tunisia, Egitto e Libia, la Siria ha apportato le modifiche richieste, sul suo suolo. I reati di opinione non sono perseguiti come potrebbe accadere nella Turchia che aspira ad entrare in Europa. C’è libertà di parola e d’espressione, di stampa e di culto.

Si può accedere nelle chiese siriane perché non sono blindate e pattugliate come nel democratico Iraq, che deve la sua libertà all’America. Le donne sono libere di portare o meno il velo e, sia musulmane che cristiane, guidano, camminano da sole per le strade a qualunque ora, cosa inimmaginabile per Paesi come l’Arabia Saudita od altri che, forniscono armi e danaro ai ribelli.

I terroristi hanno reintrodotto la tassa per i Cristiani (o paghi e resti cristiano, o ti converti o muori). La Siria oggi piange i suoi martiri e le sue distruzioni. Questa importazione forzata di presunta libertà e democrazia comporta, inoltre, la perdita di patrimoni dell’Umanità come gli altari storici, unici al mondo, di Maaloula, della Chiesa dei Santi Sergio e Bacco e, cosa più importante e preziosa, la perdita delle vite dei giovani Cristiani sgozzati come agnelli, per essere riamasti fedeli alla propria fede.

Il mosaico vivente delle religioni, in Siria, nonostante tutto, tiene e si colora della solidarietà e della cura reciproca: i Cristiani proteggono i Musulmani ed i Musulmani proteggono i Cristiani, come il Presidente protegge il popolo che è chiamato a governare ed a difendere.

Per questo è importante che l’Occidente comprenda utilità e motivazione non solo religiose, ma anche politiche e giuridiche, di fermare la corsa ai finanziamenti ed alla fornitura di armi ai ribelli.

La Siria di domani è una sfida, un campo aperto in cui entra in gioco la speranza della ricostruzione e della riconciliazione, materiale ed umana. Aspettiamo la pace.”

Ha preso, poi, la parola il Prof. STELIO W. VENCESLAI sul tema: “Tra un destino possibile ed uno impossibile. Ridisegnare il Medio Oriente”.

Docente di politica economica, ha svolto gran parte della sua carriera professionale sia nell’ambito dell’Amministrazione dello Stato sia come Direttore Generale di un’Agenzia internazionale per l’informatica. Attualmente si interessa di ricerche storico-filosofiche, con particolare riferimento al Medioevo. Dal 1997 è G. Priore d’Italia e dirige il più importante gruppo templare italiano ed europeo, membro fondatore dell’O.S.M.T.H., Membro dell’Accademia Angelica Costantiniana e membro onorario dell’Accademia delle Scienze (Istituto di archeologia) della Repubblica mongola. Autore di numerosi articoli e saggi in materia economica e templare, nel 2001 ha pubblicato una Bibliografia templare, di 560 pagine, in 5 lingue, con ampi commenti sulla storia e sulla Regola degli antichi Cavalieri. Nel 2012 ha pubblicato un libro dal titolo: L’utopia templare.

La situazione politica siriana sta diventando paradossale. Da un lato, esiste un governo sostanzialmente laico anche se il Presidente deve essere un musulmano, tradizionalmente alleato della Russia e della Cina, ma che, ciò nonostante, ha partecipato all’alleanza multinazionale contro Saddam, nell’operazione Desert Schield.

Dall’altro, abbiamo il mondo occidentale, diviso in correnti di pensiero diverse. L’Unione Europea che, politicamente, non esiste, è interessata solo alla stabilizzazione di un’area molto sensibile per gli interessi strategici israeliani e per le ripercussioni che possono esercitare su Paesi come l’Arabia Saudita, i Paesi del Golfo, l’Egitto e sull’instabile equilibrio politico del Libano.

In più, il problema dell’eventuale passaggio di gasdotti e di oleodotti attraverso il territorio siriano costituisce fonte di gravi preoccupazioni per il rifornimento energetico di tutta l’area occidentale.

Gli Stati Uniti, che temono una deriva islamica e, potenzialmente terroristica, in Siria, che coinvolgerebbe anche Israele, sono riluttanti ad assumere una qualunque iniziativa diretta.

L’esperienze di politica estera interventista degli Stati Uniti, dopo la fine della seconda guerra mondiale, sono state tutte disastrose: Corea, Vietnam, Somalia, Iraq, Afghanistan, dove hanno impegnato miliardi di dollari ed avuto migliaia di morti senza alcun risultato apprezzabile.

Inizialmente, l’idea di abbattere il regime dittatoriale di Bashar Assad e di sostituirvi una democrazia di tipo occidentale ha smosso simpatie nei confronti di coloro che, nelle piazze siriane, sull’onda della primavera araba, manifestavano contro il regime. Poi, a questi interessi astratti, si sono sostituiti interessi più concreti, derivanti dalla necessità di salvaguardare i diritti umani della popolazione civile, angariata dagli uni e dagli altri, un tema che si “vendeva” bene sul piano internazionale.

Ma la rivolta contro Bashar è stata un polo d’attrazione per tutto il terrorismo internazionale, per gli integralisti islamici (Sunniti), finanziati da alcuni Paesi del Golfo, per i Salafiti e per gli eredi di Al Qaeda.

La mossa d’inviare la flotta americana nelle acque siriane è stata bloccata dalla flotta russa di fronte ai porti siriani, determinando una situazione di stallo che si é poi sbloccata con la questione delle armi chimiche siriane ed il conseguente faticoso accordo russo – americano  per la loro eliminazione.

Il mondo arabo, in prevalenza sunnita, non ama Bashar, che è un alawita, ma, al contrario di quel che si potrebbe pensare, Iran ed Iraq, sciita il primo e prevalentemente sunnita il secondo, sono suoi alleati.

Il pasticcio siriano sta diventando inestricabile ed i giochi delle grandi potenze sempre più raffinati al punto da essere contraddittori fra loro.

In sostanza, l’America è dalla parte dei terroristi islamici contro la Siria governativa, appoggiata da Iran ed Iraq (che dovrebbe essere una creatura americana).

La Russia appoggia Bashar che combatte gli integralisti islamici che, altrove (nel deserto algerino), sono finanziati da Russia e Cina. D’altro canto, Mosca ha avuto il suo da fare con gli stessi integralisti in Cecenia.

Israele, tradizionale nemico della Siria, ha interesse a che il regime di Bashar, cui ha sottratto le alture del Golan, tenga, perché teme l’integralismo islamico alla sua frontiera settentrionale e l’influenza degli Hetzbollah siro-libanesi, con i quali è sempre in guerra ,e che appoggiano gli insorti siriani.

In mezzo a tutto questo sta il popolo siriano, oggetto passivo di attentati, di stragi, di esecuzioni sommarie, di bombardamenti e di saccheggi. Su circa 26 milioni di abitanti, almeno la metà è coinvolta nel conflitto e circa dieci milioni sono giovani al di sotto dei 15 anni.

Quattro milioni di persone sono profughi che affollano i campi, distribuiti tra Libano, Turchia e Giordania. 5,5 milioni di bambini, il 56% di tutti i bambini siriani, avrebbe bisogno di assistenza sanitaria. Oltre 10.000 di loro sono morti nel conflitto, poca cosa rispetto ai 150.000 adulti che hanno già perso la vita nella guerra civile siriana. 8.000 bambini sono profughi senza genitori. Circa 3 milioni, il 40% di quelli in età scolare, non vanno a scuola, e quasi 5.000 scuole sono state distrutte.

Un milione di bambini è senza cibo ed acqua, intrappolato nelle zone dove si combatte, denuncia l’UNICEF.

Questo è il quadro. La tragedia siriana è forse la maggiore dopo il 2° dopoguerra.

Fuggono dalle loro case distrutte, dalle loro radici millenarie, da un mondo pervaso dalla ferocia e dagli odi che solo una guerra civile, che si tramuta spesso in guerra di religione, può suscitare.

Come ridisegnare il futuro d’un Paese insanguinato e così duramente colpito nelle sue generazioni future? Ma di Siria, ora, non si parla più. L’attenzione del mondo politico si è spostata in Crimea. La tragedia siriana può consumarsi nel silenzio del mondo.”

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