Il “Mare degli Altri”
Extracomunitari a bordo – italiani a terra – Un appello per la marineria
Essere italiani e vivere in questa nostra penisola mediterranea, con attitudini ed interessi assai distanti da quelli del Nord Europa, interessi notoriamente germanocentrici, significa vivere e lavorare per tanta parte della nostra popolazione sul mare e per il mare.
Sono anni, purtroppo, che con il logorarsi della situazione politica sulle sponde meridionali del Mediterraneo e con la colpevole inerzia dell’Unione Europea per quanto andava delineandosi di tragedie a ripetizione nelle acque di casa nostra, chi dalla navigazione traeva il principale mezzo di sostentamento ha visto indebolirsi o addirittura dissolversi quelle prospettive di lavoro, che, per molte generazioni, avevano rappresentato il futuro.
A peggiorare quell’insieme di superficialità, egoismi e come sempre nell’esasperazione del profitto è giunta l’iniziativa dell’Associazione degli Armatori Italiani, la CONFITARMA, di chiedere l’allargamento dei benefici fiscali a “tutte le unità di bandiere comunitarie che fanno capo ad aziende armatoriali italiane”, evitando, in questo modo, un eventuale procedimento di infrazione da parte dell’Unione nei confronti del nostro Paese. Tutto questo, pur sapendo che molte compagnie di navigazione europee consentono l’imbarco di marittimi extracomunitari anche per quelle linee del cabotaggio in servizio per le nostre isole minori. Cosa significa, dunque, questa insensata richiesta se non la minaccia, per ventimila marittimi, di essere sostituiti a bordo da altrettanti bengalesi, filippini, indiani e quant’altro?
Va detto che un marittimo non europeo percepisce, nel periodo d’imbarco, meno di ottocento euro mensili e, conseguentemente, gli armatori si troveranno a dover decidere: licenziare i marittimi italiani oppure ammainare la bandiera nazionale. Un altro macigno, quasi una pietra tombale, su quei giovani e meno giovani che del mare fanno, a ragione, un motivo di vita; chi ha navigato a lungo, ma ancora è lontano dall’approdo del pensionamento, teme di essere sbarcato, e, chi aspira all’imbarco, nei ruoli base della gerarchia marinara, non troverà una compagnia disposta all’ingaggio, dal momento che il profitto deciderà a favore dei ridotti costi.
Le decisioni della Confitarma colpiranno, salvo interventi di buonsenso in particolare i giovani del nostro Mezzogiorno, disoccupati per circa il 65% ed insieme ai lavoratori dell’ILVA in serio pericolo di passare in mani straniere saranno i testimoni dell’abbandono sociale in cui il Paese attualmente si trova.
L’armatore Vincenzo Onorato, mai un cognome fu più appropriato, unica voce forte e chiara nel deserto dell’ignavia, ha, superando gli interessi di bottega, sollevato il problema, così come da un decennio ha sollevato tanti adolescenti napoletani dal disagio di quartieri degradati portandoli ad amare, attraverso la scuola di vela, il mare. Non possiamo che aggiungere la nostra preghiera al Governo, che proclama quotidianamente la sua vicinanza ai giovani disoccupati, a quella dell’armatore partenopeo. Le nostre navi devono tornare ad essere vettori di giustizia e sicurezza, contro le piraterie di ogni genere.
Alessandro P. BENINI