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Il Presidente “Più Amato” (?) dagli Italiani

  Chi fu veramente Sandro Pertini ?

____________________________________________________________________di Cinzia Palmacci

Qui di seguito riportiamo un lungo articolo già pubblicato sul blog di “Radio Spada. Trattasi di una complessa, brillante e veritiera analisi effettuata da Cinzia Palmacci sul “Personaggio“ SANDRO PERTINI, sul suo “Regno” come Presidente della Repubblica Italiana, nonché sui “Danni Collaterali” del suo Settennato, concludendo  – al termine – con alcune brevi annotazioni da parte della nostra redazione. 

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Chi fu veramente Sandro Pertini? Le cronache della sua gioventù lo descrivono come un attivista, un agitatore sociale sempre pronto ad alimentare il fuoco dell’odio politico e di classe, in un’epoca già piuttosto violenta di suo (il “Biennio Rosso”). Nel 1924 fu condannato alla pena detentiva per stampa clandestina, oltraggio al Senato e lesa prerogativa regia, fattispecie previste dal codice Zanardelli (codice sabaudo, non fascista, che verrà modificato da Mussolini solo dal dicembre 1925). Continuò la sua attività sino a guadagnarsi il confino previsto dalle “leggi fascistissime”. Esiliato, rientrerà in Italia: nuovo processo e nuova condanna. Alla difesa in Tribunale, preferì dare spettacolo rifiutando le lettere della madre, scritte in sua difesa. Partecipò alla resistenza, raggiungendo i vertici del C.L.N. Alla testa dei suoi uomini provocò un’orgia di sangue: condanne capitali (più di quelle comminate a seguito della reintroduzione della pena di morte durante il Fascismo), esecuzioni sommarie ed eccidi. Non va dimenticata poi via Rasella, che Pertini non fece nulla per evitare. Come se non bastasse, conferì a Bentivegna (autore materiale dell’attentato) la medaglia d’oro al valor militare. Nel curriculum di Pertini, però, alle atrocità d’armi si uniscono quelle civili. Appena eletto Presidente, nel 1978, “concesse la grazia a quel Mario Toffanin, nome di battaglia «Giacca», che nel 1954 la Corte di Assise di Lucca condannò all’ergastolo (in contumacia, perché Botteghe Oscure riuscì a farlo riparare in Jugoslavia). Quel Toffanin che da capo partigiano della Brigata Osoppo si era aggregato, dandogli manforte, al IX Corpus titino responsabile delle foibe e che fu protagonista della strage di Porzûs. E che oltre all’ergastolo per i fatti di Porzûs avrebbe dovuto scontare anche trent’anni per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato. Un criminale fatto e finito, dunque, al quale lo Stato, grazie alla famigerata «legge Mosca», elargiva persino la pensione”.

Ciò che crea più sdegno, tuttavia, è senz’altro la vicenda legate alle Foibe. Il silenzio di Pertini fu vergognoso e connivente. Mentre migliaia di Italiani cadevano, vittime della ferocia comunista, lui contribuiva a sostenere il muro dell’omertà e la congiura del silenzio. E dire che (come denunciato più volte dall’encomiabile prof. Marco Pirina) il governo di quegli anni, oltre a ricevere Tito a Roma, pagava addirittura milioni di lire perché la Jugoslavia trattenesse nelle sue galere i nostri prigionieri. Addirittura, lo Stato Italiano eroga tutt’oggi la pensione, con reversibilità del 100%, agli esecutori materiali degli “infoibamenti”.

cribioCome mai Pertini, (né alcuno di quelli che l’hanno preceduto), non disse nulla di tutto ciò? Semplice: era un socialista di sinistra ed un acceso antifascista; evidentemente condivideva l’operato slavo. Ipotesi che viene avvalorata da ciò che Pertini fu capace di fare durante il funerale del Maresciallo Tito: partecipare in maniera assolutamente commossa, baciando il feretro del boia di migliaia di veri Italiani e la bandiera slava, sotto la quale essi erano stati massacrati.

Che fosse stato anche premiato nel 1984 con il “Premio Kalergi” nel contesto del noto “Piano Kalergi” di ibridazione delle popolazioni europee con popolazioni asiatiche ed africane per far perdere l’identità e creare popoli più facilmente manipolabili, ben pochi se ne ricordano. Piano del quale oggi possiamo ravvisare le nefaste conseguenze. Questo il titolo d’archivio della Repubblica di quegli anni:

A PERTINI IL PREMIO KALERGI

LOSANNA – Il premio europeo Coudenhove-Kalergi – che premia l’ azione delle personalità che contribuiscono alla costruzione dell’ Europa – verrà assegnato il prossimo sei luglio a Losanna al presidente Sandro Pertini. Lo ha reso noto ieri la fondazione Coudenhove-Kalergi (che prende il nome dal creatore del primo movimento federalista europeo) che ha precisato che il premio al presidente della Repubblica italiana vuole testimoniare “la riconoscenza all’ uomo di Stato che ha servito l’ Europa fedele agli ideali di libertà e di democrazia”. I precedenti riconoscimenti della fondazione vennero attribuiti a Raymond Barre (quando era primo ministro francese), al presidente greco Constantin Tsatsos e all’ austriaco Rudolf Kirchschlaeger. – 3 maggio 1984

Nel 1985 s’è consumato ai danni del popolo italiano un vero e proprio golpe istituzionale che nessuno tra i pretesi guardiani della democrazia si è mai sognato di denunciare.

Il 12 dicembre 1977 nelle stanze sorde e grigie dei commissari della Comunitá Europea veniva emanata una direttiva (la n. 77/780) che, al fine di favorire condizioni di concorrenza degli istituti di credito nel territorio comunitario, stabiliva una sorta di liberalizzazione dell’attivitá bancaria. In Italia si diede attuazione a questa direttiva attraverso successivi provvedimenti legislativi, l’ultimo dei quali (il d.p.r. 350 del 1985 firmato: PERTINI) così stabiliva: L’ATTIVITÀ DI RACCOLTA DEL RISPARMIO FRA IL PUBBLICO SOTTO OGNI FORMA E DI ESERCIZIO DEL CREDITO HA CARATTERE D’IMPRESA, INDIPENDENTEMENTE DALLA NATURA PUBBLICA O PRIVATA DEGLI ENTI CHE LA ESERCITANO. L’AUTORIZZAZIONE ALL’ESERCIZIO DI TALE ATTIVITÀ È RILASCIATA DALLA BANCA D’ITALIA .

Poche parole ma sufficienti a creare i presupposti d’una vera e propria sovversione istituzionale. Infatti la natura dell’attivitá bancaria era stata fino a quel momento regolamentata dalle riforme del 1936 e dalla legge 141 del 1938 che così stabiliva:  LA RACCOLTA DEL RISPARMIO FRA IL PUBBLICO SOTTO OGNI FORMA E L’ESERCIZIO DEL CREDITO SONO FUNZIONI DI INTERESSE PUBBLICO REGOLATE DALLE NORME DELLA PRESENTE LEGGE. TALI FUNZIONI SONO ESERCITATE DA ISTITUTI DI CREDITO DI DIRITTO PUBBLICO, DA BANCHE DI INTERESSE NAZIONALE; DA CASSE DI RISPARMIO E DA ISTITUTI, BANCHE, ENTI ED IMPRESE PRIVATE A TALE FINE AUTORIZZATI. TUTTE LE AZIENDE CHE RACCOLGONO IL RISPARMIO TRA IL PUBBLICO ED ESERCITANO IL CREDITO, SIANO DI DIRITTO PUBBLICO CHE DI DIRITTO PRIVATO, SONO SOTTOPOSTE AL CONTROLLO DI UN ORGANO DELLO STATO CHE VIENE A TAL FINE COSTITUITO E CHE È DENOMINATO “ISPETTORATO PER LA DIFESA DEL RISPARMIO E PER L’ESERCIZIO DEL CREDITO”.

La legge del 1985 cessava di qualificare come attività di “INTERESSE PUBBLICO” la raccolta del risparmio e l’erogazione del credito che così assumevano semplicemente “CARATTERE D’IMPRESA”; inoltre, dal controllo dello Stato si passava al controllo della Banca d’Italia, le cui quote, come pochi sanno, sono detenute dalle stesse banche private le cui quote azionarie sono a loro volta possedute da SPA.

E tutto ció in palese violazione dell’articolo 47 della carta costituzionale che impone il controllo dello Stato sul credito e sul risparmio. Negli anni immediatamente successivi è scattata la competizione a comprare tutto quanto di pubblico era presente in Italia. BANCHE, ASSICURAZIONI, ENEL, ENI, ecc. con il risultato che oggi è sotto gli occhi di tutti. PERTINI sapeva ciò che faceva quando firmava quel decreto? Bella domanda che trova la risposta negli atti del “Britannia”. Sì, lo sapeva eccome e il silenzio del MI6 gli consentiva di conservare tale terribile segreto.

Decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1985, n. 350Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 1985, n. 165

Attuazione della direttiva, in data 12 dicembre 1977, del Consiglio delle Comunità europee n. 77/780 in materia creditizia, in applicazione della legge 5 marzo 1985, n. 74 Decreto ABROGATO dall’art. 49, d.lgs. 14 dicembre 1992, n. 481

Art. 1.

1. L’attività di raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e di esercizio del credito ha carattere d’impresa, indipendentemente dalla natura pubblica o privata degli enti che la esercitano.

2. L’autorizzazione all’esercizio di tale attività è rilasciata dalla Banca d’Italia alle condizioni che seguono, ferme le altre di applicazione generale:  a) esistenza di un capitale nel caso di società azionarie, a responsabilità limitata e cooperative ovvero di un capitale o fondo di dotazione nel caso di enti pubblici, di ammontare non inferiore a quello determinato in via generale dalla Banca d’Italia; b) possesso da parte delle persone, alle quali per legge o per statuto spettano poteri di amministrazione e direzione, di requisiti di esperienza adeguata all’esercizio delle funzioni connesse alle rispettive cariche, in conformità delle previsioni di cui ai successivi articoli 2, 3 e 4; c) possesso, per le persone indicate sub b ), per quelle che esercitano funzioni di controllo nonché per coloro che, in virtù della partecipazione al capitale, siano in grado di influire sull’attività dell’ente, dei requisiti di onorabilità di cui al successivo art. 5; d) presentazione di un articolato programma di attività di cui siano indicate in particolare la tipologia delle operazioni previste e la struttura organizzativa dell’ente.

3. Le autorizzazioni rilasciate ai sensi del presente articolo sono comunicate alla commissione delle Comunità europee.

Da allora la giurisprudenza dei tribunali penali iniziò a statuire che il precedente quadro normativo che stabiliva la natura pubblica dell’attività bancaria e, conseguentemente, qualificava come incaricato di pubblico servizio il banchiere (anche di banca privata) quando operava come collettore del risparmio e come erogatore del credito e, dunque, puniva come malversazione o corruzione o concussione od abuso d’ufficio i comportamenti illegali che venivano tenuti in quell’ambito, NON poteva più avere vigore. Insomma, se chi erogava credito fuori dalle condizioni previste dalla legge o dai regolamenti interni o commetteva abusi nella gestione del risparmio era passibile di pesanti sanzioni penali, da allora in poi sarebbe ricaduto nella disciplina dei reati comuni; assai difficilmente comportamenti abusivi dei banchieri – tranne casi limite di volgari sottrazioni di danaro – avrebbero potuto essere penalmente puniti.

Da una situazione di tutela dell’aspetto sociale del credito e del risparmio si passava così ad una situazione di totale deregolamentazione. Non solo dal punto di vista del controllo penale sulle condotte ma, soprattutto, dal punto di vista sociale ed economico. L’attivitá bancaria, giá considerata MEZZO per l’ordinata crescita dell’economia diviene SCOPO ossia l’arricchimento di caste di speculatori al di fuori d’ogni controllo da parte dello Stato. E’ stato Pertini a sottrarre il controllo delle Banche allo Stato, vanificando ciò che fece circa 40 anni prima Benito Mussolini che Sandro Pertini fece assassinare, l’ordine arrivò da Roosevelt poi Churchill e …. fecero a cambio il famoso “Carteggio Churchill – Mussolini” per “l’Oro di Dongo” il Tesoro della Banca d’Italia.

Il D.P.R. è stato firmato da Pertini che si è “dimesso” anticipatamente tre giorni dopo la firma e il 3 luglio è subentrato Cossiga. Ormai aveva assolto il suo compito utile alle mire dei grandi banchieri. E nel 1982, proprio mentre lo stesso PERTINI riceveva la nazionale di calcio, la “triade” che allora mise in ginocchio l’Italia con la guerra in Libano si componeva di Lelio Lagorio (ministro della difesa, socialista e Cavaliere di Gran Croce dell’Impero Britannico), Beniamino Andreatta (ministro del tesoro che riformò “economicamente” lo Stato maggiore Militare su ordine della NATO) e GIOVANNI SPADOLINI (presidente del consiglio, già redattore de “La difesa della Razza, successivamente passato nei ranghi dei fedelissimi di Israele): basta ciò a comprendere il potere dei sovrasistemi di governo? Questi tre personaggi erano ben noti a Paolo Borsellino che, segretamente, raccoglieva prove sulla morte di Falcone e sul britannia“PATTO BRITANNIA” che risaliva al 2 giugno 1992.

Napolitano fu il “primo comunista italiano” ricevuto negli USA dal 4 al 19 aprile del 1978. Fu un viaggio storico, sia perché fu il primo di un dirigente del Pci negli Usa, sia perché avvenne in un momento drammatico della storia del nostro Paese. Erano, infatti, i giorni del rapimento di Aldo Moro: l’Italia della solidarietà nazionale era sconvolta dai comunicati delle Brigate Rosse, dai morti, era lacerata tra la sofferta linea della fermezza e quella della scelta umanitaria. Ma gli USA volevano dal capo dei “MIGLIORISTI” (finanziati da Marcello dell’Utri, vedi “IL MODERNO) la GARANZIA che Moro sarebbe “finito male”!  Per quale ragione? Perchè Moro voleva ristampare la “banconota” di proprietà del popolo (fonte Ansa).  Ma proprio quando tutto il popolo era distratto dalla “grandiosa impresa” della nazionale di calcio e delle truppe in Libano, venivano poste le basi del futuro DPR 350. Con il Regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375 Articolo 20, si stabiliva: “La Banca d’Italia, creata con Legge 10 agosto 1893, n. 449, è dichiarata Istituto di diritto pubblico”! Con il d.p.r. 350 firmato da Pertini, veniva affidato il controllo e la nomina dei controllori alla Banca d’Italia che da lì a poco diventava “privata” perchè di proprietà di banche privatizzate!

  • ALLE ORIGINI DEL “PATTO SCELLERATO”

La strategia anglo-americana dietro le privatizzazioni in Italia: il saccheggio di un’economia nazionale . Il 2 giugno 1992, a pochi giorni dall’assassinio del giudice Giovanni Falcone, si verificava in tutta riservatezza un altro avvenimento che avrebbe avuto conseguenze molto profonde sul futuro del Paese. Il «Britannia», lo yacht della corona inglese, gettava l’ancora presso le nostre coste con a bordo alcuni nomi illustri del mondo finanziario e bancario inglese: dai rappresentanti della BZW, la ditta di brockeraggio della Barclay’s, a quelli della Baring & Co. e della S.G. Warburg.

 A fare gli onori di casa era la stessa regina Elisabetta II d’Inghilterra. Erano venuti per ricevere alcuni esponenti di maggior conto del mondo imprenditoriale e bancario italiano: rappresentanti dell’ENI, dell’AGIP, Mario Draghi del ministero del Tesoro, Riccardo Gallo dell’IRI, Giovanni Bazoli dell’Ambroveneto, Antonio Pedone della Crediop, alti funzionari della Banca Commerciale e delle Generali, ed altri della Società Autostrade. Si trattava di discutere i preparativi per liquidare, cedere a interessi privati multinazionali, alcuni dei patrimoni industriali e bancari più prestigiosi del nostro paese. Draghi avrebbe detto agli ospiti inglesi: “Stiamo per passare dalle parole ai fatti”. Da parte loro gli inglesi hanno assicurato che la City di Londra era pronta a svolgere un ruolo, ma le dimensioni del mercato borsistico italiano sono troppo minuscole per poter assorbire le grandi somme provenienti da queste privatizzazioni. Ergo: dovete venire a Londra, dove c’è il capitale necessario. Fu poi affidato ai mass media, ed al nuovo governo Amato, il compito di trovare gli argomenti, parlare dell’urgente necessità di privatizzare per ridurre l’enorme deficit del bilancio. Al grande pubblico, sia il governo che i mass media hanno risparmiato la semplice verità che il “primo mobile” dietro tutto il dibattito sulle privatizzazioni è costituito dalle grandi case bancarie londinesi e newyorkesi. L’obiettivo è semplicemente quello di prendere il controllo di ogni aspetto della vita economica italiana sfruttando le numerose scuse di ingovernabilità, corruzione, partitocrazia, inefficienza, ecc.

Quasi in contemporanea con la nomina del governo Amato, l’agenzia di “rating” newyorchese Moody’s annunciò, con la sorpresa di molti, che avrebbe retrocesso l’Italia in serie C dal punto di vista della credibilità finanziaria. Questo, senza che le cifre del debito italiano fossero cambiate drasticamente (la tendenza al deficit era nota almeno da due anni) e senza alcun rischio di insolvenza da parte dello stato. La giustificazione di Moody’s fu che il nuovo governo non dava sufficienti garanzie di voler apportare seri tagli al bilancio dello stato. Negli ambienti finanziari internazionali, Moody’s è famosa perché usa come arma “politica” la sua valutazione di rischio, tale che beneficia interessi angloamericani a svantaggio di banche rivali o, come nel caso dell’Italia, di intere nazioni. Il presidente della Moody’s, John Bohn, ha ricoperto un’alta carica nel ministero del Tesoro USA sotto George Bush.

 La mossa di Moody’s costrinse il governo Amato ad alzare i tassi d’interesse sui BOT per non perdere gli investitori. Essa segnalò anche l’inizio di una guerra finanziaria contro la lira. Secondo fonti ben informate, i più aggressivi speculatori contro la lira, nell’attacco del luglio scorso, furono la Goldman Sachs e la S.G. Warburg di Londra. Ribadiamo che la speculazione ebbe un movente principalmente politico, non finanziario, e che, purtroppo, ebbe successo. L’Italia fu costretta ad abbandonare lo SME e il governo varò un piano di tagli e annunciate privatizzazioni per ridurre il deficit. Ciò che Amato non ha mai detto è che la svalutazione della lira nei confronti del dollaro ha dato agli avventurieri della Goldman Sachs e delle altre finanziarie di Wall Street un grande “vantaggio”. Calcolato in dollari, l’acquisto delle imprese da privatizzare è diventato, per gli acquirenti americani, circa il 30% meno costoso. Lentamente, specialmente dopo l’ultimo attacco speculativo dell’inizio dell’anno, la lira si andò assestando sul valore “politico” di circa 1000 lire a marco, esattamente il valore indicato dalla Goldman Sachs come “valore reale” della moneta italiana. Come mai un economista come Romano Prodi, “senior adviser” della Goldman Sachs, suggerì di privatizzare alla grande, vendendo tutte e tre le banche d’interesse nazionale (Banca Commerciale, Credito italiano, Banca di Roma), più il San Paolo di Torino, il Monte dei Paschi di Siena e l’Ina (Convegno presso l’Assolombarda il 30 settembre 1992)? Lo stesso Prodi, che nel passato era stato a capo dell’IRI, sposò completamente la causa neoliberista angloamericana, tanto da proporre che l’Europa applicasse verso i paesi dell’est una politica simile a quella dell’accordo di libero scambio siglato tra Stati Uniti, Messico e Canada (NAFTA). Un tale trattato dava il via libera alle grandi imprese per trasferire le loro attività all’est, dove la forza lavoro costava meno.

  • I PROTAGONISTI DELLA DESTABILIZZAZIONE ITALIANA

Discorso nel 1993 di William Engdahl, esperto economico dell’EIR di Wiesbaden, autore di «A Century of War» un libro che descrive il ruolo del petrolio come un’arma fondamentale nella politica anglo-americana dei Nuovo Ordine Mondiale:

L’Italia è vittima di una destabilizzazione sistematica ad opera di forze coordinate interne ed estere. La componente solitamente meno compresa è quella estera, rappresentata da un cartello di speculatori stranieri impegnati a distruggere il paese con denaro preso a prestito. Nel 1948 l’Italia era considerata di importanza strategica nella NATO per arginare il diffondersi del comunismo in Europa, in particolare nei Balcani e nel Mediterraneo. In questo contesto di strate- gia geopolitica una crescita economica del Paese era ritenuta una componente essenziale. Un discorso differente è invece quello che riguarda l’ indipendenza dell’Italia. Howard K. Smith, un “insider” americano, parlò apertamente della spartizione del bottino della seconda guerra mondiale nel 1949 affermando: “Fino al 1946 le potenze vittoriose si sono disputate gran parte del vuoto lasciato da Hitler (…) l’Italia, occupata dalle potenze occidentali, sarebbe diventata un’area in cui avrebbe predominato l’ influenza britannica”. Questo predominio fu rappresentato principalmente dall’influenza che la Mediobanca avrebbe assunto sotto Enrico Cuccia. La Mediobanca fu posta sotto il controllo di fatto della Lazard Freres di Londra, una banca che è proprietà di un raggruppamento estremamente influente dell’establishment britannico, il Pearson Group PLC. Il Pearson Group controlla anche la rivista «Economist» ed il quotidiano «Financial Times», che si sono recentemente distinti nella campagna di attacchi alle istituzioni economiche e politiche italiane.

Dal 1989 però, e dalla fine del regime comunista di Mosca, l’establishment anglo-americano si è reso conto del fatto che un’Italia economicamente stabile e collegata ad un’Europa continentale che si rafforza attorno ad una Germania riunificata e prospera non serviva più agli scopi di un’egemonia globale atlanticista, anzi, rappresentava una minaccia.

La crisi finanziaria in cui sia l’America che l’Inghilterra versavano nel 1989 si avvicinava alle dimensioni della Grande Depressione degli anni Trenta. Per far fronte all’erosione della propria egemonia gli anglo-americani adottarono una dottrina tanto semplice quanto folle: cercare in ogni modo di distruggere la stabilità dell’Europa continentale per impedire che essa potesse fungere da polo antagonista all’egemonia globale anglosassone. Questo è il contesto in cui si colloca tutto ciò che viene fatto contro l’Italia ed il resto dell’Europa.

Nel gennaio 1993, l’EIR pubblicò un documento intitolato “La strategia anglo-americana dietro le privatizzazioni italiane: il saccheggio di un’economia nazionale”. In quello studio, inviato ad alcuni organi di stampa, alle forze politiche ed alle istituzioni, si delineava un quadro preoccupante di attacco all’economia italiana nel contesto della cosiddetta “globalizzazione dei mercati”, cioè la realizzazione di un unico sistema economico mondiale in cui non vi sarebbe stato più alcun controllo sui movimenti e sulla creazione di capitali.

In quel documento si riferiva l’episodio del Britannia, passato inosservato. Il Britannia, dopo aver imbarcato gli ospiti italiani a Civitavecchia, prese il largo ed uscì dalle acque territoriali. Avvenne dunque che i potenziali venditori delle aziende da privatizzare (governo e manager pubblici) discussero di ciò con i potenziali acquirenti, i banchieri londinesi, a casa di questi ultimi. Non sappiamo indexche cosa si siano detti questi signori, sappiamo solo che il direttore del Tesoro Mario Draghi provò tale imbarazzo che chiese di poter leggere il suo discorso quando il panfilo era ancora in porto, per poter scendere subito ed evitare di rimanerci quando questo prese il largo. Sappiamo dell’imbarazzo di Draghi perché un settimanale, L’Italia, riprese l’articolo dell’EIR, citando la fonte, ed un parlamentare missino, Antonio Parlato, che lo lesse, presentò un’interrogazione parlamentare, anzi, poté rivolgere una domanda allo stesso Draghi, che quel giorno riferiva su altre questioni in Commissione Bilancio. In seguito, la notizia fu ripresa da numerosi organi di stampa, anche grazie al fatto che l’ex segretario del PSI Bettino Craxi aveva diffuso il documento dell’EIR alla Camera. Ci furono quindi numerose interrogazioni parlamentari (a Parlato, che ne fece mi sembra tre, si aggiunsero l’on. Tiscar, qui presente, e gli on. Pillitteri e Bottini) e altre sollecitazioni ufficiali (la senatrice Edda Fagni citò questo fatto nel discorso al Senato il giorno del voto di fiducia al governo Ciampi), ma né il governo di allora, guidato da Giuliano Amato, né quello attuale si sono sentiti in obbligo di fornire un chiarimento all’opinione pubblica ed al Parlamento.

Il fatto del Britannia mostra che scelte decisive, come quelle delle privatizzazioni, vengono fatte al di fuori del Parlamento e addirittura in sedi così lesive dell’onore e della dignità nazionale come il panfilo della regina Elisabetta d’Inghilterra! Su quel panfilo c’era anche il ministro degli Esteri Beniamino Andreatta, un personaggio che entrò nel governo Amato proprio per accelerare il processo di privatizzazioni.

Quel documento dell’EIR, comunque, inquadrava l’episodio del Britannia in uno scenario più ampio, di vera e propria destabilizzazione politico-economica del paese. Come abbiamo sentito prima, la strategia geopolitica anglo-americana considerava l’Italia, assieme ai Balcani, il fianco sud, il “ventre molle” di un potenziale blocco di sviluppo euroasiatico, e per questo l’Italia venne colpita. Che la destabilizzazione fosse in arrivo lo si sapeva da quando l’allora capo della CIA sotto Bush, William Webster, annunciò che, come conseguenza del crollo del comunismo, l’apparato di spionaggio USA avrebbe impegnato le sue risorse in una strategia volta a contrastare i rivali economici: l’Europa ed il Giappone. Webster enunciò la nuova dottrina proprio mentre il Muro stava cadendo, il 19 settembre 1989, di fronte al World Affairs Council di Los Angeles. La Dottrina Webster è uno dei pilastri del “nuovo ordine mondiale” inaugurato sotto la presidenza Bush. L’altro pilastro, più concepito per le nazioni del Terzo Mondo, è la cosiddetta “Dottrina Thornburgh”, secondo cui la legge americana è al di sopra del diritto internazionale. La Dottrina Thornburgh, dal nome dell’ex ministro della Giustizia USA, è quella che ha giustificato l’invasione del Panama.

Ed abbiamo, in coincidenza con questi sviluppi, l’apertura di una sede italiana della Bishop International, un’agenzia di informazioni operante nel mondo dell’economia, affiliata ad un altro ente simile, più noto, che si chiama Kroll International. Fu la Kroll, infatti, a raccogliere e divulgare informazioni sulle imprese europee che avevano fornito all’Iraq materiale e tecnologia ritenuti “indesiderati” dall’amministrazione Bush. Ebbene, Bishop era un ex agente di Scotland Yard che ha lavorato per anni con Kroll e poi si è messo in proprio a raccogliere “informazioni economiche”. Bishop aprì anche una filiale a Milano.

Ma l’iniziativa su scala più vasta sinora intrapresa nell’ambito della Dottrina Webster ci sembra quella di Robert McNamara, il quale fondò un organismo internazionale chiamato “Transparency International”, il cui scopo era quello di combattere la corruzione su scala mondiale. Ora, è bene che noi italiani guardiamo con attenzione a ciò, perché dobbiamo evitare che nella sacrosanta lotta alla corruzione intrapresa a casa nostra ci affidiamo a metodi e “consigli” d’oltreoceano, se non addirittura a strutture investigative che sfuggono al controllo nazionale o sono influenzate da centri occulti. Questo vale sia per i reati amministrativi che per la lotta alla mafia. Transparency International esibiva alcuni nomi famosi come fiore all’occhiello, come l’ex ambasciatore di Carter alle Nazioni Unite, Andrew Young, o l’ex presidente dei Costarica Arias (su quest’ultimo ci sarebbe da ridire), ma non furono costoro a combattere la “corruzione”. Il compito verrà svolto dallo staff di funzionari, tutti provenienti dalla Banca Mondiale e dal Dipartimento di Stato americano. Transparency si occupava di “consigliare” i paesi del Terzo Mondo e del settore in via di sviluppo, nonché quelli dell’Europa dell’est, su quali contratti stipulare con le nazioni dell’OCSE, e quali no. Il vero obiettivo di Transparency era quello di impedire il trasferimento di tecnologia dall’Europa ai paesi in via di sviluppo. Gli acquisti di impianti ad alta tecnologia, macchine ecc., comportavano infatti transazioni finanziarie elevate, all’interno delle quali, dichiaravano quelli di Transparency, potevano facilmente celarsi tangenti e bustarelle. Questa è la tradizionale politica malthusiana della Banca Mondiale, che ha sempre elargito i suoi scarsi finanziamenti a progetti di bassa produttività.

Un altro protagonista della destabilizzazione economica è la più grande finanziaria di Wall Street, la Goldman Sachs. Nel nostro documento indicavamo come la G. Sachs avesse svolto un ruolo nel crollo della lira, dapprima annunciandone la sopravvalutazione ed indicando nel livello di 1000 lire al marco il tasso di cambio che essa riteneva realistico, poi buttandosi a vendere lire per contribuire a ottenere quel risultato. La Goldman Sachs si posizionò sul mercato italiano aprendo un ufficio “operativo” a Milano. Sorge quindi lecito il sospetto che la svalutazione della lira di circa il 30% servisse tra l’altro a rendere più appetibili i prezzi delle ex PPSS che lo Stato decise di mettere in vendita ad acquirenti stranieri visto che nessuno in Italia aveva i capitali a sufficienza. Il comportamento di un personaggio come Romano Prodi, nominato dall’ex governatore Ciampi a presidente dell’IRI, conferma questi sospetti. Infatti Prodi espose le sue idee in materia di privatizzazioni: privatizzare tutte le banche d’interesse nazionale, più il San Paolo di Torino, il Monte dei Paschi di Siena e l’Ina. Guarda caso, Romano Prodi fu “senior adviser” della Goldman Sachs. Prodi faceva parte del pool di economisti, assieme al famoso Jeffrey Sachs, che mise a punto il cosiddetto Piano Shatalin, un piano per la riconversione economica dell’ex URSS ideato da Soros, così radicale che fu respinto a suo tempo da Gorbaciov (1990-91). Prodi è dunque collegato agli ambienti che specularono contro la lira, che saccheggiarono l’economia dell’Europa dell’est ed hanno permesso in quei paesi un saldo insediamento della mafia. E’ legittimo, quindi, il sospetto che la liquidazione dell’IRI, col passaggio in mano straniera delle migliori aziende, ad alto contenuto tecnologico, sia stata attuata per volere di Prodi, semplice esecutore delle volontà degli ambienti internazionali cui era legato.

  • MARZO 2008 – LA DISTRUZIONE DELLO STATO SOCIALE ATTRAVERSO LA CATASTROFE DELLE LIBERALIZZAZIONI-PRIVATIZZAZIONI IN ITALIA: UN DOCUMENTO IMPORTANTE

Il Movimento Solidarietà pubblicò un nuovo dossier per dimostrare che il processo di liberalizzazioni e privatizzazioni attuato in Italia dall’inizio degli anni Novanta non portò nessun beneficio al paese. Lo scritto iniziale, elaborato da Claudio Giudici, dimostrava che:

A) le liberalizzazioni portarono ad un aumento dei prezzi;  B) le liberalizzazioni portarono alla distruzione di posti di lavoro ed all’abbassamento degli stipendi dei lavoratori e dei fatturati delle piccole imprese;  C) la liberalizzazione-privatizzazione dell’impresa pubblica nel periodo 1992-2000 non fu conseguenza dell’inefficienza economica;  D) i processi di liberalizzazione-privatizzazione non migliorarono minimamente la capacità produttiva italiana;  E) le liberalizzazioni favorirono i concentramenti di capitale in poche ricchissime mani;  F) il rendimento finanziario delle aziende privatizzate fu peggiore rispetto alla generalità del mercato finanziario italiano.

Attraverso una serie di esempi lampanti, diventa sempre più evidente che questo processo di “modernizzazione” del paese in realtà rappresentò un grave attacco al suo tessuto produttivo, accelerando il processo di disintegrazione economica e finanziaria che sta mettendo in ginocchio l’economia mondiale

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NOTE a MARGINE – Probabilmente, per un distorto concetto di bontà o di obbligatoria riverenza nei confronti di coloro che sono passati ad “un’altra vita”, risulta sempre disdicevole parlare non bene dei Defunti, eccezion fatta per quelli appartenenti o collocabili nella così detta  “parte sbagliata”. Infatti, solo per tali “reprobi” non può essere concessa alcuna comprensione, né può esprimersi qualsiasi sentimento di perdono cristiano o di pietas romana. Qualora tale mancata deferenza venisse esternata verso alcune personalità, a torto o ragione,  icone di quei principi tanto apprezzati dalle tante immarcescibili sentinelle dei “valori democratici” o scaturiti dalla Resistenza e dall’Antifascismo … beh a questo punto gli arditi di tanto osare potrebbero (anzi dovrebbero !) essere condannati per reati di diffamazione, lesa maestà e negazionismo. Pertanto la “nostra” Cinzia Palmacci, autrice di questa ricostruzione agiografica sull’operato del “Presidente_più_amato_dagli_italiani” (come la mistificazione dei media ha rappresentato tale personaggio) meriterebbe essere condannata al rogo.

Ma perché quando qualcuno passa ad altra vita, diventa sempre più santo e più nobile, in  particolar modo se “Ex Presidente della Repubblica” ? …. Perché non è consentito parlare male  del “compianto” Luigi Scalfaro che sino ad oggi continua a detenere “l’Oscar” quale peggior Presidente di questa nostra Repubblica ? Perché domani, quando sarà, dovremo listarci a lutto e commemorare altri “Emeriti Presidenti” che in vita hanno collezionato più demeriti che meriti ?

Beh ! …. Per coloro che ancora non se fossero resi conto, a mio avviso c’è solo una spiegazione: Trattasi della “Forza della Democrazia “, ove solo le minoranze e i “non ossequianti” al pensiero  unico dominante non sono tutelati dalle leggi e dalla consuetudini. (G.M.)