intervista a Franco Freda
INTERVISTA a FRANCO FREDA, pubblicata sull’ INSERTO VENETO de “IL CORRIERE DELLA SERA” del 24/12/2014, a cura di Andrea Priante
Come giudica questa Avanguardia Ordinovista? «Mi pare che sia improprio parlare di “giudizio”: parlerei solo di igiene mentale. E proprio per questo mi stupisco che ci siano dei magistrati che emettono mandati di cattura. I dementi si curano, non si catturano»
E del leader, Stefano Manni, che idea s’è fatto ? «Le rispondo solo per cortesia: Nessuna».
Tra gli indagati ci sono ex di Ordine Nuovo. Li ricorda? «Gianni Nardi l’ho conosciuto a San Vittore e mantengo di lui un ricordo di persona cortese. Era un devoto della “volontà di potenza”. La sua lettura degli aforismi nietzschiani si esauriva, però, in questa parafrasi: “Non è la buona causa a giustificare una guerra ma è la buona guerra a giustificare una causa”. Rutilio Sermonti è un vecchio signore molto garbato che ebbi l’onore di conoscere nel suo gabinetto di paleontologo all’università di Roma. So che è stato un generoso miliziano nazifascista».
Qual era l’obiettivo di Ordine Nuovo? «So che le semplificazioni della cronaca mi attribuiscono un’adesione a Ordine Nuovo. Non è così. Negli anni ‘60 avevo formato a Padova una sodalità, il Gruppo di Ar, e con gli ordinovisti abbiamo avuto solo contatti occasionali. Io intendevo coniugare il verbo “volere”, loro si contentavano di sparlarsi addosso. Invocavano la rivoluzione, d’altronde era di moda: c’era chi si costruiva ottime carriere posando da antiborghese. Ma al di là delle parole quanta vanità e vuotezza».
Parliamo di estrema destra, allora. Quale doveva essere l’obiettivo? «Ho fondato le Edizioni di Ar nel ’63. Il mio proposito era e resta quello di disintossicare le anime, e quanto meno i cervelli, dai veleni della modernità».
Ha ancora senso, oggi, una destra di lotta? «Oggi più di ieri occorrerebbe assumere dei riferimenti culturali e politici diversi rispetto a quelli che ci vengono ossessivamente proposti. Se ieri c’era soprattutto un impulso ideale-ideologico e anche storico-sentimentale, oggi ci sono la coazione e l’urgenza dei fatti, la pressione e l’oppressione dei fatti, che deturpano e snaturano tutto quanto. Se rischia il collasso per colpa della propria antimodernità una casa editrice come «Il Mulino», e nel contempo vediamo dei bipedi spintonarsi per aggiudicarsi il nuovo iPhone, la situazione è veramente di una gravità spaventosa. C’è stata la resa incondizionata alla mercatura, alla dittatura della fatuità, del soldo. E allora sa cosa le grido? Viva Togliatti, piuttosto che i commis della finanza internazionale»
Da questa nuova indagine emerge la perdita della centralità del Veneto negli equilibri dell’eversione di destra, a favore di altre zone d’Italia. Cos’è cambiato? «Mi sembra una domanda non rispettosa della globalizzazione. Tutto è centro e niente è centro, oggi. I veneti non hanno forse impiantato le loro fabbriche in Cina?»
L’organizzazione stroncata ieri si richiamava a Ordine Nuovo. Paragone sostenibile? «A me non è mai piaciuta la locuzione Ordine Nuovo, che è il calco-traduzione della Neue Ordnung della propaganda nazista, dimenticando Gramsci, che fu il primo a impiegarla. Io mi riconosco nell’Ordine, quello con la “O” maiuscola, che non è né di ieri né di oggi né di domani, né vecchio né nuovo. È l’Ordine tout-court».
Riproviamo: Avanguardia Ordinovista sta alla sua idea di estrema destra come… «Come certi matti che si credono la Madonna rispetto alla Cappella Sistina. Entrambi, apparentemente, trovano riferimento nel Cristianesimo».
Eppure lei poneva le premesse della presa del potere sul disordine sociale. In fondo anche Avanguardia Ordinovista punta allo stesso obiettivo: destabilizzare attraverso azioni di forza. «Ho l’impressione che lei voglia confondere la tattica con la strategia. Insisto: mi sembra gravissima questa confusione. Escludo che attualmente vi sia un disegno strategico in senso proprio da parte di gruppi o organizzazioni di estrema destra. Quanto alla tattica, che deve risultare in ogni caso subordinata alla strategia, non credo nemmeno che costoro siano all’altezza di pensarne e svilupparne una».
Negli anni ’60-’70 furono compiute azioni stragiste su treni, banche e piazze. Oggi nel mirino finiscono politici, magistrati ed Equitalia. Almeno in parte, sono cambiati i “nemici” per la destra eversiva? «Se negli anni ‘60 si poteva pensare di distruggere quello che non andava per creare e dare ossigeno all’Italia migliore, oggi è solo creando che si può distruggere. Sono troppo radicate certe storture, troppo endemico il contagio della corruzione, troppo lontani i riferimenti ideali alti, puri, giusti. Occorre ritornare a guardarli da vicino, riscoprirli, prima di potersi dare a una politica “in ordine”, temperata o spregiudicata che sia. I libri sono una possibilità: per questo ho ritenuto di dedicare il mio tempo alle bozze dei testi di Ar ripetendomi “ogni riga è profitto”. Un’altra possibilità, è osare l’utopia di Tommaso Campanella: cercare di generare esseri migliori, che sappiano inventarsi un modo per restituire all’avventura umana la “maraviglia”».
La violenza è giustificabile, se l’obiettivo è l’instaurazione di un nuovo ordine sociale? «Sono un monaco gentile, non brandisco la “spada di Satana”. Ma già prima le ho detto che, nel dominio ideale in cui mi riconosco, l’aggettivo “nuovo” non può attaccarsi al sostantivo “ordine”. Si immagini poi se ci vuole appiccicare anche il sociale…».