Jobs act:senato incassa una fiducia piena di attriti
Il Senato vota «sì» alla fiducia sul Jobs Act. Una fiducia raggiunta con fatica alle 00.50, al termine di una giornata piena di attriti. Urla, proteste e lanci di libri al Presidente Grasso e, di alcune monete gettate verso i ministri Boschi e Poletti, gesto di scarso bon ton,(visto i tempi di crisi) che è valso l’espulsione dall’Aula per l’autore, il Senatore M5s Petrocelli. Il maxi emendamento del governo interamente sostitutivo della legge delega sulla riforma del lavoro ha ottenuto l’ok con 165 «sì», 111 «no» e 2 astenuti
Matteo Renzi, promosso dalla signora Merkel,( dimentica che nelle UE, CI SONO 25 MILIONI DI DISOCCUPATI) commentando il giorno dopo il voto sul Jobs Act si è detto molto soddisfatto per i numeri «Il margine è molto forte, 165 a 111», poi ha commentato la bagarre:«Una parte di senatori vuole bene all’Italia, altri non si sa e, stanno stancando anche i gli elettori». Sull’annuncio di dimissioni di Walter Tocci, senatore Pd, il premier sicuro: «Farò di tutto perché Walter Tocci, una persona che stimo molto, continui a fare il senatore. Proverò a dirgli che le sue dimissioni sarebbero un errore». È la ventiquattresima volta che l’esecutivo Renzi incassa la fiducia.
La tensione in aula è esplosa dopo il no al rinvio dello scrutinio, come richiesto dall’opposizione. Dopo che Lega e M5S hanno occupato i banchi del governo, c’è stato anche il lancio di un libro e fogli del regolamento all’indirizzo del Presidente Grasso. A tirarlo è stato il capogruppo della Lega Nord Gian Marco Centinaio. Che poi ha cercato in qualche modo di scusarsi. «È stato un momento di nervosismo. Grasso ha fatto carta straccia del regolamento, gliel’ho lanciato, è vero, ma non volevo fargli male, ho buona mira e sapevo che non l’avrei colpito». Non basta. Per quello che si è potuto vedere prima che la tribuna stampa fosse chiusa, sono venuti quasi alle mani la capogruppo di Sel Loredana De Petris e il Senatore del PD Roberto Cociancich.
Intanto, mentre ancora al Senato si attendeva l’esito della votazione, la minoranza dem ha programmato il prosieguo del forcing. «La battaglia sulla Delega lavoro da parte della minoranza del Pd – ha spiegato Damiano, che ha già dato primi risultati al Senato, dovrà continuare alla Camera. Noi riteniamo sbagliato lo strumento della fiducia e pensiamo che non debba essere riproposto nell’Aula di Montecitorio».
L’altro «fronte» per Renzi è stato aperto da 27 Senatori (ai 26 iniziali si è poi aggiunto Roberto Ruta) e 9 deputati, membri della Direzione PD, che hanno firmato un documento di critica sull’emendamento.
Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti difende con forza la riforma: «Noi non ci limitiamo a lamentarci del fatto che ci sono pochi contratti a tempo indeterminato e troppi precari. Noi agiamo per modificare questa situazione». Anche la Ministra Maria Elena Boschi afferma con decisione che quello che uscirà dal Senato «è comunque un buon testo, in cui ci sono delle modifiche che accolgono alcuni suggerimenti pur mantenendo l’impianto della richiesta»Alla fiducia non hanno votato due civatiani, Felice Casson e Lucrezia Ricchiuti, e anche Corradino Mineo. Gli altri sono andati alla conta. Scrivono i dissidenti del PD «Noi chiediamo con forza che prima della revisione delle tipologie contrattuali vengano approvate le norme sugli ammortizzatori sociali. E manca una definizione del contratto a tutele crescenti», sottolineano. Concludendo, la minoranza PD ha «un giudizio non positivo sulla fiducia, che interrompe un dibattito parlamentare».