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la guerra del petrolio

RUSSIA, AMERICA, ARABIA SAUDITA, LA GUERRA DEL PETROLIO ________di Pier Luigi PRIORI

Si stimava pochi anni fa che l’economia russa, male industrializzata e pesantemente dipendente dalle esportazioni risorse naturali e petrolio, sarebbe tracollata ad un suo calo di prezzo, e molti economisti discutevano quale potesse essere il “punto di non ritorno”, dibattendolo fra i $ 60 ed $ 80 a barile.  La Russia, superata recentemente dagli Stati Uniti, è il secondo produttore del mondo di petrolio, davanti all’Arabia Saudita, e petrolio e gas rappresentano circa la metà delle sue entrate.

Di fronte alla rapida crescita produttiva dello “shale oil” americano, a differenza che in passato l’Arabia Saudita non ha ridotto la sua produzione: per eccesso di scorte e di offerta nei giorni scorsi il prezzo del barile di petrolio è addirittura precipitato a 30 dollari… un prezzo poco remunerativo per i sauditi, ma tale da non rendere più conveniente l’estrazione di buona parte dello “shale oil” americano,  e di stroncare l’economia russa, e con essa la figura di Putin, reo di essersi opposto all’espansione islamica nei territori del Caucaso ed in Siria, e di mantenere la sua presa sulle province orientali dell’Ucraina, abitate in prevalenza da russi.
Vista la resistenza della Russia nelle zone  di sua influenza storica all’espansione economica occidentale, è probabile che gli Stati Uniti mantengano comunque la loro produzione di petrolio ai livelli più alti sostenibili, anche ad onta della “concorrenza” dei loro alleati sauditi, sperando di riaffermare con l’arma economica il loro stato di unica superpotenza.

Se la Russia precipitasse ancora nel caos economico, come alla fine del 1998, il destino politico di Vladimir Putin sarebbe segnato, la pax nord-atlantica riaffermata, e l’espansione islamista garantita. Nell’agosto 1998 i prezzi di gas e petrolio declinarono significativamente, e non bastarono più a bilanciare le problematiche economiche della giovane democrazia russa: il rublo vide crollare il suo valore da 6 a 20 rubli per dollaro, l’inflazione salì al 80%, la borsa di Mosca perse il 75% del suo valore, i titoli di stato non poterono essere ripagati, né gli stipendi pubblici retribuiti… Ma fu proprio in quel periodo, sanguinoso e violento, che prese autonomia e forza Putin, allora vice-sindaco di Leningrado (San Pietroburgo): nel caos della amministrazione moscovita raggiunse l’autorizzazione a poter esportare direttamente in Europa ingenti quantità di prodotti petroliferi dalla sua regione, ottenendo derrate alimentari e quanto altro per farne sopravvivere gli abitanti alla vigilia di un inverno glaciale. Gli fu certamente utile la sua trascorsa esperienza nel KGB: dimenticando il contesto in cui operava, noi occidentali potremmo dissertare sulla liceità delle transazioni con cui bypassò l’apparato centralizzato moscovita e su chi si sia appoggiato per rendere questo possibile… ma si trattava quantomeno di un burocrate capace e decisionista, che abbinava una forte preparazione economica ad un notevole pragmatismo.

Dopo la sua ascesa al potere (maggio 2000) nelle elezioni che seguirono le dimissioni di Eltsin,  Putin seppe liberarsi della mafia degli “oligarchi”, perlopiù ex esponenti comunisti, che soffocava una economia della quale si era impadronita: fece poi piazza pulita della criminalità che infestava le strade, e ridette ai cittadini russi certezze e senso di appartenenza. La sua alleanza con la Chiesa Ortodossa, in nome della Rodina e delle sue tradizioni cristiane, ne ha poi alimentato una popolarità poco intaccata da sporadici ricorsi a “maniere forti”… la situazione antecedente era ben più tetra!

Sulla carta gli Stati Uniti dispongono di risorse (economiche e militari) enormemente superiori a quelle della Federazione Russa: non hanno però personaggi-guida capaci di gestire situazioni politico-economico tremendamente complesse con qualità che Putin ha dimostrato di possedere, salvo che in occasione del tragico affondamento del Kursk…
Nel teatro siriano la Nato  sta perdendo la sua compattezza, con le forze aeree francesi che bombardano l’Isis assieme a quelle russe, mentre gli americani sono costretti ad accettare le duplicità di Turchia e paesi arabi.  La guerra del petrolio e del gas naturale dunque continua, e per il mondo liberista è l’unico modo di piegare l’avversario senza un conflitto nucleare: da piccolo studioso di economia mi meraviglio del fatto che la Russia sopravviva ancora ai prezzi attuali del greggio… ma dietro al suo presidente c’è un popolo che ha ritrovato nell’ortodossia cristiana la sua anima, e con una capacità di sopportazione e sofferenza indicibile, come testimoniato dagli assedi di Stalingrado e Leningrado. Non potendo purtroppo influirvi, lasciamo  il futuro nelle mani di Dio!