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La Svalutazione dello Yuan

La svalutazione cinese – (di Oeconomicus)

Che la Cina sia ormai una grande potenza economica continentale è oggi convinzione comune. Che abbia dei problemi enormi, se non altro per le sue macro dimensioni, è altrettanto noto. Meno nota, invece, potrebbe essere la sua situazione finanziaria. Cerchiamo di capire cosa sta succedendo.

Per  decenni, ormai, le esportazioni cinesi hanno invaso il mondo. Dirette da un’accorta politica di bassi salari e d’incentivi alle imprese straniere che s’installavano in Cina, il prodotto cinese si è largamente imposto un po’ dappertutto, specie in Africa ed in Asia (ovviamente). All’inizio, i prodotti cinesi erano solo imitazione, non sempre riuscita, dei prodotti occidentali: Successivamente, la qualità è migliorata, anche sotto il profilo tecnologico. L’aumento crescente delle esportazioni ha determinato molti  effetti, non tutti positivi.

In primo luogo, sono aumentati i salari sul mercato interno, il che ha favorito grandemente i consumi. La gente ha avuto più soldi, maggiore libertà, ha cominciato ad usare Internet, ha avuto conati di autonomia ed improvvise esplosioni di ricchezza, testimoniate, fra l’altro, dal maggior afflusso di turisti cinesi nel mondo. In secondo luogo, sono emersi i problemi tradizionali di un Paese già sottosviluppato: l’affollamento urbano, la mancanza d’infrastrutture adeguate, le difficoltà derivanti dal passaggio da una società agricola ad una società, più che industriale, urbana. Maglia nera per l’inquinamento, con regole economiche e tecniche insufficienti per  rendere affidabili i prodotti di largo consumo, nonostante gli enormi sviluppi dell’edilizia e della tecnologia, una gran parte del Paese è ancora ancorata ai tradizionali ritmi della vita contadina, povera e remota dai grandi problemi.

Il mercato interno  chiede più prodotti, più infrastrutture, maggiori salari, più diritti sindacali, servizi sociali adeguati e, neppure tanto sottovoce, più libertà. Con il suo imponente commercio estero, la Cina si è dotata di un background finanziario di tutto rispetto. Oggi, è una delle maggiori potenze finanziarie del mondo. I suoi forzieri sono pieni di dollari, di euro e di titoli.

Da tempo era evidente che la sopravvalutazione della moneta cinese rispetto al dollaro. Progressivamente, questo squilibrio ha influito in modo negativo sull’intercambio. Il fatto che ora le autorità finanziarie cinesi stiano goccia a goccia svalutando non dovrebbe stupire nessuno. Invece, così non sembra, ed i mercati finanziari, che se lo dovevano aspettare, ora sono in subbuglio.

Il processo di svalutazione in corso tende ad un rilancio delle esportazioni, che non potranno non essere favorite da prezzi minori. Per converso, le importazioni saranno più care. E’ la conseguenza logica di ogni svalutazione. D’altro canto, c’è chi sostiene che, invece, si tratterebbe di un’inversione di tendenza, nel senso che questa manovra sarebbe rivolta a favorire il mercato interno. Ciò mi sembra difficile, perché una svalutazione rende più cari i prodotti ed i servizi. Ma questo è un problema interno della politica cinese. Tra l’altro, chi ha investito i propri risparmi in borsa, comprando titoli azionari cinesi, è rimasto ustionato dalla caduta dei titoli. Centinaia di miliardi di yuan sono andati in fumo. La distruzione di parte del risparmio cinese non è stata certamente un buon affare.

Ciò che è più importante, invece, è il riflesso di questa misura di adeguamento al mercato finanziario sul mercato internazionale. I principali Paesi dell’area asiatica ne sono coinvolti, tra i quali, in primo luogo, Giappone, Australia e Thailandia. Ma gli effetti, peraltro, sono ancora modesti, perché fin quando l’oscillazione dei cambi sul mercato internazionale, auspicata dalle autorità cinesi, non si sarà stabilizzata, le borse reagiranno in modo difforme, incrementando comunque comportamenti speculativi.

La Cina è piena di denaro americano ed è il maggior creditore nei confronti degli Stati Uniti. Ma di quale denaro? Dollari e titoli, di cui una gran parte, direttamente od indirettamente, “tossici”. Ora, gli acquisti sul mercato mondiale avvengono in base a transazioni “miste”. Non è un segreto che grandissima parte dei titoli del debito pubblico americano sia nelle casse cinesi e gran parte degli acquisti di energia e materie prime saranno pagati con questa massa valutaria che, in fin dei conti, è un insieme di carta straccia.

Le autorità cinesi parlano della svalutazione come di una necessità determinata dall’adeguamento al mercato reale. Ma quale mercato? Il mercato, oggi, non c’è più, perché tutto il sistema finanziario internazionale è gravemente inquinato dalla speculazione e dai titoli tossici che si trasferiscono da una parte all’altra in cambio di merci: valori fittizi contro valori reali, e ciò spiega il costante deprezzamento delle materie prime. Nell’incertezza della crisi, tra l’altro, i grandi operatori finanziari non hanno orizzonti a medio termine. Speculano e non producono. Chi produce, specie nei Paesi  produttori di materie prime alimentari, che generalmente sono a basso reddito, è strozzato dai debiti, dal mancato credito delle banche e dalla flessione dei prezzi internazionali.

L’annunciato rialzo degli interessi da parte americana, probabilmente, dovrà essere rivisto. La concatenazione fra i grandi acquirenti (India e Russia comprese) è tale che gli effetti della non ancor completo riallineamento dello yuan ai valori di mercato trasforma in ancor più instabile un sistema che ha falle da tutte le parti.

L’instabilità distrugge i patrimoni ed impoverisce sempre di più i Paesi meno fortunati, specie africani. Il mercato dovrebbe essere il supremo regolatore dei commerci, ma non è questo mercato il migliore degli equilibratori, se non si pone mano ad una sostanziale riforma del sistema. Ma ciò porterà lacrime e sangue.

Roma, 15 agosto 2015 >  Stelio W. VENCESLAI

NOTE  A  MARGINE – Si potrebbe dire che la “Grande Svalutazione” stia sostituendo la “Grande Muraglia” – Sul nostro web, già nella settimana precedente, sul tema della svalutazione era stato pubblicato un interessante intervento di ADRIANO TILGHER, L’articolo oggi pubblicato riguarda una serie di analisi e riflessioni elaborate dal Prof. STELIO VENCESAI  il 15 agosto …. a dimostrazione che anche sotto il Sol-Leone c’è chi medita e pensa (al contrario dei nostri Rappresentanti Politici, occupati in altre faccende senz’altro più impegnative). Purtroppo proprio in questi ultimi 3 giorni la situazione dei “mercati finanziari” sembra stia evolvendo al peggio, almeno in base ai pessimi dati che ci pervengono dalle Borse Asiatiche ed Europee.  A questo punto bisognerebbe riproporre una domanda forse retorica e probabilmente utopistica: ma perché non realizzare una concreta separazione tra “economia reale” ed il Kaos generato dalla globalizzazione internettiana dei mercati finanziari ? 

Personalmente, non mi permetto di sentenziare soluzioni riguardanti il mondo della macro-economia, perché mi considero, forse presuntuosamente, solo un professionista che opera nel campo delle PMI, ma ritengo che oggi – per sopravvivere – bisognerebbe tornare al baratto !   Giuliano Marchetti