Skip to main content

La terra si ribella

 

La Terra tradita si ribella

Cemento, burocrazia, speculazioni del cemento, business dell’ emergenza…

Solite lacrime e promesse, tragedie che tornano.  La prima legge del 1989 era la più avanzata d’Europa, poi  nuovo cemento, nuove speculazioni, burocrazia, business dell’emergenza. A chi interessa la difesa del suolo?Argini rotti, intervenire con urgenza, situazione drammatica, mettere in sicurezza, unita di crisi..  rafforzamento degli argini per il futuro, bilancio dei danni, frane, smottamenti,  danni all’ agricoltura, abitazioni, arredi, danni significativi, impegno delle istituzioni a garantire il ripristino veloce delle attività produttive ,  in certi luoghi gli interventi sono stati tempestivi ”vedi toscana”, in altri posti – vedi il Lazio,  tutta la  macchina si è inceppata , scene da terzo mondo, la città di Roma in ginocchio, colpe che rimbalzano da un amministrazione all’ altra. Dove devono cercare le colpe i cittadini  italiani? Questo il lungo elenco di frasi che immancabilmente sentiamo ovunque, ormai per molti non hanno più neanche un significato preciso.

Regione.. Stato? arriveranno gli aiuti ?O meglio, chi farà prevenzione affinchè tutto questo non debba succedere più ?e mai possibile che  ancora oggi si debba chiedere aiuto?.. la cattiva gestione del territorio  ha fatto si che l’ Italia è arrivata alla distruzione .. il piano di risanamento nelle mani sempre dei ladri della politica?  . nessuno ha voglia di rischiare sul futuro .. grandi opere  come le mura di Volterra non esistono più. .

Investire in prevenzione, prigionieri a Roma…tornati ai tempi delle paludi e cosi continua la litania delle frasi fatte… nel frattempo” Le cause di tanta fragilità vanno cercate nella pesante urbanizzazione e nella speculazione edilizia”

Dopo ogni alluvione ,il ministro di turno (ieri è toccato ad Andrea Orlando), ci sommerge, di rituali parole.

 immagini roma

Un altro allarme è arrivato da Gianvito Graziano, Presidente Consiglio Nazionale Geologi che ci ha spiegato come il territorio sia stato devastato , e che fino ad ora non sia stata registrata alcuna manutenzione. “Il dissesto idrogeologico è un’emergenza nazionale”. Ma la politica, dal giorno successivo, si occupa davvero dei 5 milioni di italiani che vivono in 6633 Comuni ad alto rischio? E dire che non molto tempo fa eravamo all’ avanguardia in Europa, grazie alla legge sulla difesa del suolo approvata nel 1989 e frutto di una lunga elaborazione dei migliori studiosi seguita alle alluvioni del Polesine (1951) e di Firenze (1966). Il concetto di base era: se riduco artificialmente gli argini di un fiume alla sorgente, i danni si ripercuotono fino alla foce. Dunque non ha senso che ogni Comune agisca da solo. Nascono così le Autorità di bacino ed è una rivoluzione: per la prima volta si affidano funzioni così importanti a organi con confini non amministrativi ma ambientali e si stabilisce che per ogni opera che impatta sul territorio bisogna valutare le conseguenze a monte e a valle. La rivincita della natura sulla burocrazia.La vita delle Autorità di bacino non è stata facile, e non solo perché, come dice Graziano, «sono, come dice Graziano, «sono diventate centri di potere dove collocare amici degli amici». Per varare i piani, dovevano ottenere quindici pareri di altre istituzioni, poi ridotti a dodici dalla legge Bassanini. Il bilancio l’ha tracciato qualche anno fa il Consiglio nazionale degli ingegneri: «grande frammentazione istituzionale e decisionale… criticità e distorsioni… cronica e drammatica assenza di risorse».I primi piani sono arrivati dopo dieci anni. A fronte di una stima di 40 miliardi per 11 mila interventi di riassetto del territorio nazionale (un quarto urgenti), si spendono circa 350 milioni l’anno, dieci volte meno della cifra per far fronte alle emergenze. È dimostrato che un euro speso in prevenzione ne fa risparmiare almeno 4 per riparare i danni, ma fa meno business.Negli ultimi anni i soldi per la prevenzione sono ulteriormente diminuiti: Legambiente calcola 200 milioni l’anno, in grado di coprire solo un terzo degli interventi pianificati. Del resto il ministero dell’Ambiente è stato quello più colpito, prima dai tagli di Tremonti poi dalla spending review di Monti: il budget è crollato da 1,6 miliardi nel 2009 ai 500 milioni attuali (Letta ne ha aggiunti 40, invertendo la rotta). Chimerico, se non controproducente, era risultato nel 2006 l’appello del ministro Altero Matteoli ai capitali privati, con l’utilizzo sciagurato del project financing.

sardegna

Per la verità, anche quando i soldi ci sono si fa fatica a spenderli. Dei primi soldi stanziati dopo la frana di Sarno, a quindici anni di distanza risulta completata meno della metà dei progetti. Nel 2009, dopo il disastro nel Messinese, Stefania Prestigiacomo aveva racimolato 2 miliardi: in quattro anni solo l’8% è stato speso per avviare il 3% dei progetti, come documentato da Legambiente. Per questo, dopo le alluvioni dello scorso autunno, il ministro Orlando ha sbloccato 1,3 miliardi nella legge di stabilità. Soldi del vecchio piano a cui ha aggiunto 180 milioni in tre anni. Dai Comuni sono arrivate tremila domande, due terzi saranno respinte.Nel frattempo le Autorità di bacino sono state abolite e sostituite dai Distretti, dai confini molto più ampi ed eterogenei. Quello meridionale spazia dalla Campania alla Calabria, la Liguria fa riferimento a uno con sede a Firenze, quello dell’Arno arriva nelle Marche. La norma è del 2006 ma la transizione non è ancora completata. Alcune Autorità sopravvivono come zombie, altre sono scomparse ma il Distretto non è ancora operativo. E si capisce perché gli ingegneri dipingano «un quadro sconsolante e pessimistico, con apparati depotenziati e norme rese farraginose nell’inerzia dei decisori politici». Sopravvivono tanti piccoli centri di potere a difesa di rivoli di spesa pubblica e le competenze si sovrappongono. Nel caos dilaga il cemento nelle zone a rischio: l’80% degli edifici nelle aree alluvionali ha meno di quarant’anni di vita.

L’altra novità della legge dell’89, la relazione geologica sulle opere, non ha avuto miglior sorte. L’ultima dimostrazione è arrivata dalla Sardegna, quando è crollata una strada che aveva creato un effetto diga su un fiume: sbarrando le acque che arrivano da monte, l’allagamento è assicurato. «Nove volte su dieci – dice amaro Graziano – ci interpellano a decisione presa: non per dire se l’opera si può fare, come vuole la legge, ma per mettere chi ha deciso nelle condizioni di farla senza intoppi. Nel 10% dei casi, il geologo se ne lava le mani perché non ha la schiena dritta e sa che se si mette di traverso non riceve«Se uno muore in un fiume e fossi un magistrato, non saprei a chi mandare l’ avviso di garanzia.

rmL’ ex-ministro dell’Ambiente Corrado Clini aveva  promesso che avrebbe presentato un Piano di Manutenzione del Territorio, inteso come ”una grande infrastruttura per il nostro Paese” perché avrebbe  consentito di recuperare territori abbandonati, ”riportarli ad attività produttive nei settori della gestione forestale e dell’agricoltura di qualità”. Idea sostenuta dal presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, che insieme presidente dell’Anci Graziano Delrio , ora ministro per gli affari regionali e al climatologo Luca Mercalli  avevano lanciato un appello al governo chiedendo di “rinunciare ad alcune grandi opere inutili per destinare le risorse recuperate (oltre 9,4 miliardi) agli interventi per l’attuazione del Programma Nazionale per la Sicurezza e la Manutenzione del Territorio” proposto da Clini. D’altra parte, sottolinea il Wwf, “l’adattamento ai cambiamenti climatici implica un ripensamento della gestione del territorio basato prioritariamente sul mantenimento della vitalità dei sistemi naturali”. L’organizzazione chiede “che l’Italia applichi correttamente due direttive europee fondamentali per riaffermare un governo adeguato del territorio e delle acque: la direttiva quadro Acque (2000/60/CE) e la direttiva rischio alluvionale (2007/60/CE) e che siano istituite le Autorità di Distretto. Per quanto riguarda i fiumi, “dagli anni Novanta – spiega Luigi Fortunato, direttore dell’Agenzia Interregionale per il fiume Po – si è investito molto per la realizzazione di una rete di monitoraggio dei diversi bacini”. Lo stesso Po è guardato a vista da una rete di oltre mille sensori in grado di misurare diversi parametri (tra cui il livello dell’acqua e i millimetri di pioggia) e di trasmettere i dati agli organismi competenti quasi in tempo reale. A metà ottobre, in un convegno sul tema, AiPo ha sollevato di fronte al capo della protezione civile Franco Gabrielli l’importanza della creazione dell’Unità di coordinamento e controllo per le emergenze del fiume Po, “così come previsto da una direttiva del Consiglio dei ministri del 2004”, precisa Fortunato. Il centro avrebbe il compito di coordinare le azioni in casi di piena e di magra, ma anche di inquinamento. L’ostacolo, di nuovo, è economico: “”Lo scoglio è ora la Ragioneria dello Stato perché bisogna capire di quanto denaro potrà essere dotata l’importante struttura. La bozza di progetto è passata al vaglio dei vari Ministeri, ora è una questione di risorse”, ha detto Gabrielli. “Ma possibile – si chiede Fortunato – che per un bacino di 72 mila chilometri quadrati, con 18 milioni di cittadini coinvolti, non si trovino 300 mila euro all’anno per far funzionare questa Unità?”.

Alluvione-Albinia-2012

“Dissesto idrogeologico, 43 miliardi per mettere in sicurezza il territorio nazionale”…tutto questo ce lo ricorda  Legambiente 

Le cause vanno cercate nella pesante urbanizzazione e nella speculazione edilizia.

Adelfia Franchi