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L’abuso dei farmaci

L’USO SCONSIDERATO dei FARMACI PROVOCA EFFETTI DELETERI sulla SALUTE 

La maggior parte dei farmaci di uso comune hanno “effetti collaterali” non solo sul corpo ma anche sulla psiche. Purtroppo NON esistono in commercio farmaci privi di effetti collaterali anche seri e le statistiche sulla mortalità parlano chiaro: le cause iatrogene (dovute a errori medici) sono una delle prime tre cause di morte nel mondo, assieme al cancro e alle malattie cardiovascolari. La ricerca statistica (basata su lavori scientifici) pubblicata nel 2003, dal titolo inequivocabile: “Death Medicine”, denuncia negli Stati Uniti le seguenti cifre:
– “Reazioni avverse da farmaci in ospedale” provocano ogni anno 106.000 morti;
– “Reazioni da farmaci non in ospedale” 199.000 morti;
– “Gli errori medici” 98.000 morti.
Le reazioni avverse di farmaci prescritti da dottori, provocano (negli Stati Uniti) oltre 300.000 morti ogni anno! Prendiamo per esempio gli antibiotici, che vengono sia prescritti, sia consumati come fossero confetti. Invece la loro azione sull’organismo umano è deleteria, e in molti casi, mortale. E questo non solo per la salute umana, ma anche per la salute degli animali da allevamento che poi ci ritroviamo sulle nostre tavole ogni giorno.

 Gli antibiotici nell’allevamento intensivo  

 Mentre l’Europa e negli Stati Uniti devono affrontare la minaccia di organismi che sono resistenti agli antibiotici, l’edizione del venerdì del quotidiano “The Independent” ha riportato che negli ultimi dieci anni tra gli agricoltori del Regno Unito è fortemente aumentato l’uso di farmaci che rischiano di sviluppare ceppi letali, che vanno a indebolire la possibilità dei medicinali di curare le malattie. Negli ultimi dieci anni è aumentato fino a un massimo di otto volte l’utilizzo negli allevamenti di tre classi di antibiotici ritenuti dall’OMS “di notevole importanza per la salute umana”: le cefalosporine, i macrolidi e fluourochinoloni. Nello stesso periodo, il numero di animali è diminuito del 27% nei suini, del 10% nei bovini e dell’11% negli uccelli. Gli esperti dicono che l’agricoltura intensiva, che alleva migliaia di animali in condizioni di ristrettezza di spazio per la pressione esercitata sui prezzi dalle grandi catene di supermercati, consente all’infezione di diffondersi più rapidamente e necessità sempre di una quantità maggiore di antibiotici. L’impiego diffuso degli antibiotici negli animali da allevamento viene riconosciuto come un fattore importante nel facilitare lo sviluppo di batteri resistenti. Questo sviluppo sottolinea la minaccia globale portata dalla diffusione di organismi che non rispondono ai farmaci esistenti. Si stima che nell’Unione Europea ogni anno muoiano circa 25.000 persone a causa di infezioni batteriche che sono resistenti agli antibiotici, secondo i dati dell’OMS. Gli ultimi dati rilasciati di venerdì dall’Health Protection Agency britannica mostrano un forte aumento dei batteri resistenti ai carbapenemici, un nuovo tipo di antibiotico potente, tanto da essere diventato un “problema globale di salute pubblica”. Gli organismi resistenti sono stati per la prima volta individuati nel 2003 e in ben cinque casi nel 2007. Nel 2011 sono stati identificati fino a maggio 657 casi, una cifra doppia del totale del 2010. Alcuni pazienti hanno contratto una setticemia mortale.

L’HPA, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA) e gli scienziati indipendenti hanno messo in guardia sulla connessione tra l’uso delle moderne cefalosporine e l’incidenza di MRSA. Il consumo dei farmaci era legato alla presenza di organismi resistenti negli animali allevate, tra cui l’E. coli e la salmonella. Mark Holmes, docente di medicina veterinaria presso l’Università di Cambridge che ha guidato la ricerca sul nuovo tipo di MRSA, ha dichiarato: “Le cefalosporine sono tra gli antibiotici più efficienti e moderni e sono molto usati negli animali da allevamento. Forse dovremmo tornare a usarle solamente per gli esseri umani”. La Norvegia, la Danimarca e la Svezia stanno introducendo normative severe sull’uso di antibiotici negli animali da allevamento, che richiederanno una diagnosi specifica da effettuare con prove di laboratorio per dimostrare quale tipo di antibiotico sia necessario. Ma in Gran Bretagna questi farmaci sono comunemente usati per evitare la mastite ai bovini, un’infezione della mammella che si verifica più frequentemente negli animali munti in modo eccessivo. Secondo le parole di Holmes: “Siamo l’unico paese dell’Unione Europea che consente alle aziende farmaceutiche di vendere antibiotici direttamente agli agricoltori. Penso che sia ragionevole aspettarsi che le autorità debbano limitarne la vendita alle persone. Ci sono 18.000 i produttori di latte e molti a malapena riescono a guadagnarsi da vivere; per questo, andare da loro e dirgli di smettere di utilizzare gli antibiotici è ridicolo. Le autorità dovrebbero essere pronte a intervenire e dovrebbero trovare il modo migliore per proteggere gli allevamenti dai ceppi resistenti agli antibiotici.” Gli scienziati hanno allertato sulla resistenza agli antibiotici da decenni, ma il problema si è acutizzato proprio quando il rilascio di nuovi farmaci è diminuito in modo sostanziale. In occasione di un incontro tenuto il mese scorso, l’OMS ha avvertito che l’uso sconsiderato degli antibiotici potrebbe far ritornare il pianeta alla condizione esistente prima della loro scoperta. Un progetto di legge è stato presentato nel Senato USA per incoraggiare lo sviluppo di nuovi antibiotici contro le infezioni che resistono ai farmaci esistenti.

Purtroppo tracce di questi farmaci confluiscono anche nel latte rendendolo molto pericoloso per la salute umana, come conferma un recente studio sui campioni di latte che evidenzia come questi contengano tracce di farmaci e sostanze chimiche: antibiotici, analgesici e ormoni della crescita. A rivelare quest’inquietante realtà è una ricerca condotta da alcuni scienziati dell’Università di Jaen in Spagna e pubblicata sul Journal of Agricultural and Food Chemistry. I ricercatori hanno scoperto che una certa quantità di composti chimici usati per curare animali, come capre e mucche, si ritrovano anche nel latte venduto e consumato quotidianamente. Sebbene si tratti di quantità troppo piccole per avere effetti sulla salute, lo studio mostra che i composti chimici creati dall’uomo risiedono ormai stabilmente in tutta la catena alimentare.
In particolare le più elevate quantità di ‘medicinali’ sono stati rinvenuti nel latte di mucca. Gli scienziati sostengono che queste sostanze possono essere somministrate direttamente agli animali per farli crescere meglio o potrebbero essere entrate nella loro alimentazione indirettamente in seguito ad una contaminazione ambientale. Il latte prelevato per gli esami da 20 mucche di Spagna e Marocco conteneva tracce di sostanze antinfiammatorie, come acido niflumico, mefenamico e chetoprofene, comuni analgesici utilizzati per animali e persone. È stata riscontrata inoltre la presenza di ormoni sessuali estrogeni.
La nostra metodologia di test – ha affermato Evaristo Ballesteros, che ha coordinato il gruppo di ricerca – è altamente sensibile e fornirà un sistema molto più efficace per determinare la presenza di questo tipo di contaminanti nel latte e in altri prodotti. In un momento in cui il controllo della qualità del cibo è fondamentale”.

Questo succede perché, ormai, sono ben poche le mucche che vengono allevate in modo naturale pascolando libere nei prati. Il bestiame viene tirato su a mangimi, spesso ricchi di composti chimici e bombardato di farmaci, sia per combattere patologie da cui possono essere affette sia per accelerarne la crescita. Inoltre, spesso alle mucche vengono praticate iniezioni di ormoni per aumentare la montata lattea. Tutti questi composti passano nel latte e la pastorizzazione non riesce certo ad eliminarli. Anzi, la pastorizzazione dà una “scusa” in più agli allevatori per trascurare le condizioni igienico-sanitarie del bestiame.

  • ·Effetti nocivi degli antibiotici sul sistema nervoso umano

Il Dr Shamik Bhattacharyya della Harvard Medical School e del Brigham and Women’s Hospital di Boston (Massachussets) ha condotto uno studio retrospettivo utilizzando i dati storici dei pazienti. Ha mgh2rilevato che i legami tra antibiotici e delirio potrebbero essere più forti di quanto si pensava precedentemente. Tale recente analisi si è concentrata su rapporti medici che si estendono per un periodo di 70 anni: in totale, il Dr Bhattacharyya ha studiato 391 pazienti che avevano assunto antibiotici e che in seguito avevano mostrato segni di delirio e problemi neurologici. Non meno di 54 antibiotici appartenenti a 12 classi erano implicati.
Gli antibiotici in questione andavano dalle versioni intravenose, come il cefepime e la penicillina, ai farmaci più comuni inclusi i sulfonamidici (o sulfamidici) e la ciprofloxacina. Gli effetti neurologici degli antibiotici variavano: il 47% dei pazienti hanno avuto allucinazioni o deliri, il 14% ha avuto crisi epilettiche, il 15% ha mostrato contrazioni muscolari e il 5% ha perso un certo grado di controllo sui propri movimenti. Inoltre, il 70% dei casi hanno riscontrato risultati EEG anormali (elettroencefalogramma). Qualcuno potrebbe chiedere “Perchè non si è dato molto peso all’impatto neurologico degli antibiotici in passato ?

il Dr Bhattacharyya ha affermato: “Il legame è stato effettivamente riconosciuto da decenni, a cominciare dal diffuso impiego della penicillina a metà del XX secolo. Tuttavia il problema non è stato attentamente investigato in parte perché il fenomeno viene sottovalutato dai medici ospedalieri e dalla comunità” (il corsivo è nostro). Poi ha aggiunto che questi eventi negativi non sono la norma; la vasta maggioranza dei pazienti non mostrerà queste reazioni neurologiche, rendendole più difficili da rintracciare.

Cercando di organizzare gli schemi rilevati nelle sue ricerche, Dr Bhattacharyya ha diviso i tipi di reazione antibiotica in tre categorie:

  • tipo 1 – maggiormente associato all’uso di Penicillina e Cefalosporine: reazione caratterizzata da crisi epilettiche. I sintomi si presentano dopo diversi giorni dall’inizio del trattamento e scompaiono dopo alcuni giorni la fine del trattamento stesso.
  • tipo 2 – maggiormente associato all’impiego di Penicillina G (procaina), Sulfonamidici, Fluorochinoloni e Macrolidi: reazione caratterizzata da psicosi. I sintomi si presentano dopo diversi giorni dall’inizio del trattamento e scompaiono dopo alcuni giorni la fine del trattamento stesso.
  • tipo 3 – associato solo con il Metronidazolo : risultati EEG anormali, coordinazione muscolare compromessa e altri sintomi neurologici. Tale reazione è avvenuta dopo settimane (non giorni), e i sintomi si sono prolungati molto più a lungo rispetto al tipo 1 e 2.

La ricerca ha anche evidenziato la possibilità che l’infezione stessa che richiedeva l’uso di antibiotici poteva causare il delirio stesso. Ma, specialmente nei casi in cui il sistema nervoso centrale non era implicato, la connessione tra delirio e antibiotici è stata considerata probabile.

il Dr Bhattacharyya ha spiegato : ”gli antibiotici non solo agiscono contro i batteri ma hanno anche degli effetti collaterali interferendo con i normali segnali elaborati all’interno del cervello. Diversi antibiotici influiscono sul cervello in modi diversi, provocando quindi svariati tipi di tossicità”. Poiché un’infezione può generare il delirio, e gli antibiotici impiegati per combattere l’infezione stessa possono anche loro causare delirio, questo è un fenomeno particolarmente arduo da misurare e comprendere. Il Dr Bhattacharyya spera di stimolare una maggiore consapevolezza nel personale medico e continuare a investigare questa interazione (tra antibiotici e problemi neurologici). Spera anche di collaborare con un maggior numero di Centri allo scopo di raccogliere più dati pertinenti possibile.aaa

Come consigliato da ogni medico esperto, questo recente studio del Dr Bhattacharyya ci riconferma la necessità di essere cauti nell’uso massivo degli antibiotici. Soprattutto non vorremmo assumerne quantità incontrollate a livello personale, in una sorta di medicina ‘fai da te’. Questi possibili impatti negativi sul sistema neuro-cerebrale possono essere un sicuro deterrente.

Fonti:  healthgrades.com e disinformazione.it

                                                                                                                                                              CINZIA PALMACCI