Il confronto-incontro di oggi si potrebbe ripetere già la prossima settimana, anche sulle riforme costituzionali, con i grillini che hanno detto di non essere “contrari né al doppio turno elettorale né a premi di maggioranza”.
Renzi ha annunciato , che entro venerdi il Pd pubblicherà sul proprio sito cinque punti “irrinunciabili” per proseguire il confronto con il M5s, già esposti durante la riunione, che vanno dalla questione delle alleanze elettorali dichiarate prima del voto alle dimensioni dei collegi.
Al vertice, trasmesso in streaming dal canale tv della Camera, nell’aula della commissione Ester di Montecitorio, insieme a Renzi, la vice segretaria del Pd Debora Serracchiani, al capogruppo dei deputati Roberto Speranza e alla neo-parlamentare europea Alessandra Moretti.
Beppe Grillo – protagonista dello scontro di febbraio, quando Renzi stava formando il suo governo -ha delegato il vice presidente della Camera Luigi Di Maio, i capigruppo di Camera e Senato Giuseppe Brescia e Maurizio Buccarella e Danilo Toninelli, vice presidente della commissione Affari costituzionali ed esperto di riforme del M5s.I toni stavolta sono stati molto diversi. Col Pd, reduce dalla vittoria alle Europee e forte di un accordo già ottenuto con Forza Italia, disposto a un benevolo ascolto – battuta pungente da parte di Renzi in risposta alle battute di Di Maio – e il M5s che, dopo le polemiche interne sul voto per l’Europarlamento e la scelta dell’allenza con gli euroscettici dell’Ukip, è apparso pronto a mostrarsi dialogante.
Icomponenti dei 5 stelle, hanno esposto la proposta di legge elettorale del movimento, basata su un proporzionale corretto con una soglia di sbarramento del 5% circa, il ritorno delle preferenze e l’introduzione delle preferenze “negative” per colpire i partiti che candidano “impresentabili”.
Renzi però ha praticamente smontato punto per punto l’impianto della proposta, contestando prima di tutto il rischio che non produca un vincitore effettivo, al contrario del suo Italicum, che oggi prevede un premio di maggioranza e un ballottaggio se nessuna delle coalizioni supera al primo turno il 37%.
“Siamo molto felici di poterci confrontare con voi”, ha detto il premier e leader Pd, che poi ha definito il sistema elettorale grillino, il cosiddetto “democratellum” – che ha chiamato prima “complicatellum” poi “grandefratellum” per il meccaniso delle preferenze negative – “molto interessante su molti punti, ma deficitario sotto il profilo della governabilità”.
“Siamo pronti a ragionare sulle preferenze se c’è la garanzia della governabilità”, ha detto ancora Renzi, anche se sul voto di preferenza pesa il no di Silvio Berlusconi, alleato del premier sul progetto di legge elettorale.
Di Maio ha risposto che la proposta di legge “è solo un punto di partenza per trovare un punto di incontro su alcune criticità”, e ha spiegato che il confronto col Pd “ha portato anche risultati vantaggiosi per i cittadini italiani” in questi mesi. Un tentativo di seppellire l’ascia di guerra, dopo gli attacchi ripetuti a Renzi (e gli insulti sul sito web di Grillo, fino a ieri, al ministro delle Riforme Maria Elena Boschi).
La linea dell’ incontro è stata denileata e limitata da Renzi, che ha spiegato: “Trovo inutile rivederci se prima non abbiamo chiari i punti” della riforma elettorale, poi ha snocciolato cinque possibili materie d’intesa, riassunti subito dopo dal Pd su Twitter: “Governabilità, mai più inciuci, collegi più piccoli, Corte Costituzionale giudica prima [cioè si esprime sulla nuova legge elettorale quando viene varata e prima che venga utilizzata], riforme costituzionali”.
Sull’allargamento del confronto alle riforme costituzionali (a partire da quella del Senato) il M5s non ha chiuso la porta, ma ha chiesto più tempo per gli emendamenti. Rinviata per domani mattina da questa sera la scadenza per la presentazione dei subemendamenti in commissione al Senato