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“Lectio Brevis” di Massimo D’Alema …. e, a seguire, una lunga intervista

“L’Italia nel mondo globale” –  una lezione di politica estera svolta dall’on. MASSIMO D’ALEMA

PUBBLICHIAMO QUI DI SEGUITO UN’ INTERESSANTE  “LECTIO BREVIS”,  RECENTEMENTE  SVOLTA  A  TREVISO DA UN RELATORE DI NOTEVOLE CALIBRO  … AL TERMINE DELLA STESSA CONFERENZA,  DA LEGGERE UNA LUNGA INTERVISTA  RACCOLTA DAL “NOSTRO”  RICCARDO ABBAMONTE   

Lunedì 14 marzo, presso la LIBRERIA LOVAT di Villorba (Treviso), l’onorevole MASSIMO D’ALEMA, presidente di ItalianiEuropei e FEPS, ha tenuto una interessantissima lezione di politica estera dal titolo “L’Italia nel mondo globale”, durante la quale ha risposto alle nostre domande sull’argomento oltreché a quelle del pubblico presente in sala. Una serata in compagnia dell’ex premier e ministro degli Esteri per parlare anche delle alleanze in Medio Oriente, che peraltro oggi sono curiosamente quasi capovolte, con i nemici di ieri diventati nostri alleati. Ha introdotto la serata l’onorevole FLORIANA CASELLATO, deputato del Partito Democratico per Treviso, la quale ha evidenziato l’importanza di trovarsi davanti personalità come l’onorevole D’Alema per riuscire ad avere un respiro più ampio nell’ambito della politica internazionale. Oggi infatti in Europa serpeggiano il rancore, il timore e la sensazione di insicurezza anche a causa dell’irrisolto problema dei migranti e dei profughi che fuggono dalla miseria e dalle guerre, e che avrebbero diritto alla nostra solidarietà, mentre invece ovunque si alzano i muri dell’indifferenza e della paura. Cosa potrebbero fare gli Stati europei per ricostruire un’Europa dell’accoglienza? E cosa può fare il PD, col suo ruolo di partito socialista europeo? Quanto esso ha saputo incidere sulla realtà europea? Il PD appare in realtà un partito in fase di mutamento strutturale, in cui, a differenza di un tempo, non ci sono più ruoli, circoli in cui discutere. Il partito oggi è fatto di comitati elettorali, e non ha luoghi dove le persone possano pensare di ritrovarsi in una casa della politica. E poi ci sono i temi dell’immigrazione. In Veneto per esempio la LEGA di MATTEO SALVINI ha osteggiato da sempre i profughi. Invece tutti dovrebbero fare la loro parte per cercare di risolvere il problema. Il Papa ha recentemente detto che siamo dentro la terza guerra mondiale. Ci sono invero amministratori che organizzano l’accoglienza in maniera seria. Per aiutarli nel loro compito ci vorrebbe un partito più organizzato, una casa comune di sinistra, a livello europeo, per una opinione pubblica europea.

Ma oggi noi esistiamo come Europa? Gli Stati europei dovrebbero guardare agli avvenimenti odierni in maniera collettiva, e non solo pensando ai loro problemi interni. Questa battaglia andrebbe portata avanti in tutte le sedi opportune. Essa riguarda il futuro. Per la sinistra infatti la diversità dalle destre è soprattutto la capacità di costruire un’Italia e un’Europa fatta di popoli nuovi, integrati, provenienti da tutto il mondo, costruire insomma una cultura per l’integrazione.

___________________________________________Riccardo ABBAMONTE 

SEGUE  INTERVISTA

DOMANDA  On. D’Alema, ultimamente in Veneto si è giocato molto sulle politiche migratorie. A livello internazionale invece come sta andando e qual è la possibile risposta dell’Europa al problema?

D’ALEMA – Oggi stiamo vivendo la crisi drammatica del progetto Europa, con la crisi dei rifugiati e degli immigrati (quest’ultima ovviamente di più lungo periodo). Oggi tutto ciò è il detonatore della crisi dell’Europa, ma l’Europa stessa vive da circa 8 anni la più profonda crisi economica e sociale della sua storia, per cui l’accoglienza fatica a stare insieme all’immigrazione per mancanza di prospettive, con le società europee deboli e intimorite e con le destre che costruiscono muri. L’Europa è risultata impreparata a tutto questo, anche perché non ha predisposto per tempo risorse finanziarie, strumenti idonei ad affrontare il problema. Oggi noi abbiamo un’area di libera circolazione detta di Schengen, ma non difendiamo i confini comuni, di cui dovrebbe essere responsabile l’Europa intera e non i singoli Stati. Peraltro ripristinare i confini nazionali comporterebbe alti costi per i paesi europei. In altre parole l’Europa è rimasta  prigioniera di vecchie regole.

L’Italia stessa poi è stata un paese di emigranti, tanto da creare comunità di milioni di italiani in tutto il mondo. In Brasile ad esempio ci sono 24 milioni di cittadini nati in Italia o figli o nipoti di italiani. In gran parte peraltro provenienti dal Nord Italia. Tra essi numerosissimi i veneti. Strano a dirsi, in Nord America andarono soprattutto i meridionali, in Sud America i settentrionali, provenienti soprattutto dal Veneto e dal Piemonte. Che non essendoci più posto nella zona costiera si stabilirono più all’interno, nella zona collinosa e montagnosa del Brasile, soprattutto nel Rio Grande del Sud, per la cui libertà combatté anche Giuseppe Garibaldi. Oppure in Argentina e in Uruguay. In Brasile peraltro si parla tuttora una strana lingua meticciata denominata taliàn. Oggi in tutta l’America meridionale ci sono migliaia di cittadine e località denominate con nomi italiani. Da Genova si andava in Sud America con la compagnia Rubattino, mentre da Napoli si arrivava direttamente a New York. Oggi paradossalmente si potrebbe dire gli Stati Uniti d’America hanno importato la mafia per colpa della politica delle nostre compagnie di navigazione.

Tornando a noi, oggi i profughi scappano piuttosto dalla guerra e hanno quindi tutti i diritti legali di essere accolti. Tutto nasce dalle guerre in Siria, Libia, Iraq, paesi peraltro destabilizzati dall’Occidente. L’Europa per questo doveva essere preparata e darsi delle regole di comportamento. Invece il Trattato di Dublino ha lasciato il problema in gestione ai singoli paesi. La risposta è stata la xenofobia. Anche a causa del fondamentalismo islamico. Prevalgono ovunque le paure. Si è rotto un rapporto di solidarietà. Ma se rifiutiamo l’accoglienza finiamo per alimentare vieppiù l’odio per l’Occidente che alimenta il fondamentalismo. La risposta dovrebbe essere la solidarietà. D’altronde la Germania e l’Italia sono attualmente i paesi più vecchi d’Europa e hanno bisogno dei giovani. Da noi tra 25 anni avremo 2 persone che lavorano di contro a 3 pensionati. E la previdenza salterebbe in aria. Gli immigrati in Italia creano oggi l’11% del Pil e pagano regolarmente i contributi, anche se non hanno la pensione. Se oggi cacciassimo gli immigrati non si pagherebbero più le pensioni, e questo ci porterebbe in breve alla rovina. Paradossalmente poi, invece di attirare i più preparati, abbiamo varato la legge Bossi-Fini che impedisce  l’emigrazione legale, perché in pratica non si concedono più visti per l’Italia. Naturalmente gli stranieri arrivano lo stesso da noi, ma come clandestini. Si dovrebbe quindi innanzitutto riformare la legge Bossi-Fini. L’Europa poi dovrebbe impostare una politica europea per l’immigrazione. Dovremmo anzitutto aiutare i paesi in cui c’è il maggior numero di rifugiati, possibilmente vicino alla Siria. Poi bisognerebbe portare la pace in Siria, Libia e Iraq, ristabilendo la convivenza. E’ una sfida complessa, e l’Europa non si può fare travolgere dagli avvenimenti. Non molti anni fa, solo dal Kossovo in guerra ci furono ben 300.000 profughi. Essi in parte furono collocati in Albania, ovvero vicino ai loro confini. Altri li portammo in Europa. Oggi il discorso naturalmente è diverso, soprattutto per quanto riguarda i numeri, ma rispetto ad allora manca ogni strategia, non si è saputa governare la crisi per incapacità di visione e organizzazione e oggi i dati sono assai allarmanti.

DOMANDA   Oggi si assiste al risorgere del populismo, con il successo di partiti nuovi come Alba Dorata, oppure di politici fuori dalle righe come Donald Trump, Marine Le Pen, ecc., con la rinascita di un estremismo di destra e di un neofascismo che si pensava finito per sempre. In Italia crea inquietudine invece l’emergere di partiti che cavalcano la protesta come la Lega e il Movimento 5 Stelle. Cosa può fare il governo italiano contro tutti questi populismi?

D’ALEMA – Il rischio indubbiamente esiste. Ma populismo è un’espressione impropria. I sistemi politici basati sul bipolarismo socialisti-popolari che si alternavano è entrato ovunque in crisi. E’ oggi soprattutto il tema dell’uguaglianza quello che divide la destra e la sinistra, soprattutto oggi che le distanze tra coloro che sono sempre più ricchi e quelli che sono sempre più poveri si va allargando sempre più. Ma oggi ci sono altri due punti di frattura. Essere pro e contro l’Europa, e insieme il conflitto tra il cosiddetto establishment e i partiti anti establishment o populisti che dir si voglia, sia di destra che di sinistra. Oggi si assiste all’erosione delle forze tradizionali, che finiscono per convergere necessariamente tra loro. Ciò ha portato a una profonda crisi del socialismo europeo. In Spagna e Portogallo sono risultati ad esempio ancora primi i conservatori, ma perdendo voti e maggioranza. Così i socialisti, premuti da tutte le parti per fare un governo con i conservatori, si sono rifiutati. In Portogallo oggi c’è un governo di sinistra, tra socialisti e  comunisti (peraltro in quel paese assai oltranzisti). In Spagna non si sa. A mio parere la sinistra non si dovrebbe alleare mai con la destra, ma cercare ovunque nuovi interlocutori. Anche se anti establishment. Per fare un esempio, a Bruxelles è al potere una grande coalizione tra destra e sinistra, così come in Germania. In Grecia invece i socialisti sono praticamente scomparsi per aver a suo tempo fatto una coalizione con le destre, e in quel paese è nata una nuova sinistra. E’ quindi un problema tutto europeo, con sistemi politici frammentati. Il dilemma è dunque se rinchiudersi nella fortezza dei partiti tradizionali o cercare nuovi interlocutori.

DOMANDA Onorevole D’Alema, perché a suo parere oggi in Italia non si sostiene di più la famiglia? I giovani italiani infatti non sono in condizione di fare figli, anche se lo volessero. Le paghe spesso sono molto basse, mentre il lavoro non è affatto sicuro. E’ giusto accogliere i rifugiati, ma in Italia abbiamo moltissimi poveri, e il governo stesso dà l’impressione di voler aiutare gli immigrati ma non badare ai poveri.

D’ALEMA – Ci vorrebbe una politica che aiuti effettivamente i giovani, mentre la libertà di licenziamento tanto sbandierata dal governo in questo senso non aiuta. Con queste politiche si è avuto solo una crescita del lavoro a tempo determinato ma non del lavoro fisso. C’è poi il problema della tendenza alla denatalità, unita all’aumento delle aspettative di vita degli italiani, con susseguente aumento delle pensioni, onde per cui si sta assistendo in tutto il mondo all’aumento di flussi migratori tra paesi ricchi e paesi poveri, come accade anche in America, e come del resto è sempre successo ovunque. Semmai tali processi dovrebbero essere governati. La legge Turco-Napolitano ad esempio prevedeva quote e accordi con i paesi di provenienza per attirare persone qualificate. Oggi invece i lavoratori qualificati vanno da altre parti mentre noi prendiamo i clandestini, ovvero la grande massa dei lavoratori non qualificati. E veniamo al problema integrazione. Occorre cercare di integrare chi viene da noi e vuole vivere da noi. Oggi invece l’11% dei lavoratori in Italia non ha ancora dritto al voto. Costoro peraltro fanno lavori che i giovani italiani non vogliono fare. Ci vuole un’immigrazione governata, non di porte aperte Ci vogliono i diritti fondamentali, i diritti civili e di cittadinanza. Ma chi non rispetta le leggi del paese di accoglienza dovrebbe andare via.

DOMANDA   Onorevole D’Alema, lei parla tanto di integrazione, ma i musulmani non condividono la nostra stessa concezione dei diritti umani. Da loro c’è la sharia e la donna è subordinata all’uomo. C’è difficoltà di integrazione. Dare la cittadinanza a chi ha concezioni tanto diverse dalle nostre ci pone di fronte a tantissimi dubbi.

D’ALEMA – La realtà islamica è complessa. Si potrebbe e dovrebbe fare crescere un Islam europeo moderato e riformatore. Che sappia interpretare l’Islam in senso moderno e moderato e non alla lettera. In Italia ad esempio abbiamo 1 milione  e mezzo di musulmani, ma non c’è alcuna intesa tra lo Stato e la comunità islamica. In Europa i musulmani sono 40 milioni, ma da noi non sono riconosciuti come tali. In Italia si sta cercando di creare una Consulta islamica riconosciuta, che abbia diritto all’8 per mille, onde poter costruire moschee che abbiano predicatori musulmani europei, assertori di un Islam moderato e  moderno e non fanatico come accade oggi che le moschee sono finanziate dai paesi del Golfo, che ci inviano perciò dei predicatori fin troppo estremisti o addirittura fondamentalisti.

DOMANDA L’Europa oggi è solo monetaria, mancano politiche fiscali e di sviluppo. In queste condizioni, è pensabile avere in futuro un unico rappresentante dell’Europa all’ONU? E permanendo la crisi dell’Unione, si potrebbe un giorno ripartire dai soci fondatori?

D’ALEMA – L’Europa soffre di debolezza politica e delle illusioni create dall’introduzione del mercato unico e della moneta unica. Pensare che questo risolvesse d’un colpo tutti i nostri problemi era solo pura illusione. D’altronde la Costituzione europea è stata a suo tempo bocciata in Francia e in Olanda. Oggi l’unico istituto veramente democratico in Europa appare essere la Banca Centrale Europea, che da parte sua ha fatto una politica di sostegno all’economia, svalutando l’euro e dando sostegno economico ai paesi in difficoltà. Il che è tutto dire. La colpa della crisi europea deriva in realtà dai veti incrociati degli Stati nazionali. Forse la Gran Bretagna uscirà dall’Unione Europea, ma anche se non lo facesse avrà comunque ottenuto delle regole speciali e altri potrebbero seguire il suo esempio. Invece occorrerebbe un’unità politica più forte tra chi ci vuole stare, senza scardinare l’assetto europeo, ma facendo una cooperazione rafforzativa, come ad esempio una politica estera comune che oggi ancora non c’è.

_________________A CURA DI   RICCARDO ABBAMONTE

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