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L’euro è di tutti ma non lo sappiamo

Nel suo libro “L’euro è di tutti”, edito da Fioriti e con la prefazione del Premier Renzi, Roberto Sommella ne spiega le ragioni

«L’euro è stato creato poiché la moneta unica offre molti vantaggi e benefici rispetto alla situazione precedente, che vedeva ogni Stato membro dotato di una propria valuta… Oggi circa 333 milioni di cittadini europei lo usano quale moneta e ne godono i benefici…» Così la Commissione Affari economici e finanziari dell’Unione Europea motivava l’entrata in vigore dell’euro come moneta unica, ed è in parte ciò che pensava e auspicava, nel 2002, ogni cittadino italiano. Un inizio positivo per giungere, ad oggi, ad una situazione di totale sfiducia al punto estremo da proporre un ritorno alla lira e l’uscita dall’UE. Quale sia il vero problema e come superarlo è ciò che ha cercato di individuare Roberto Sommella nel suo saggio “L’euro è di tutti”, edito Fioriti e con la prefazione del Premier Renzi.
Fuori dai palazzi del potere e a contatto con la quotidianità di chi stenta ad arrivare a fine mese, ci si ferma sempre più spesso a fare considerazioni e riflessioni analizzando la realtà. Proprio dalla sua Italia posta in un contesto ormai europeo e dai suoi cittadini è partito Sommella, noto giornalista esperto di finanza pubblica e di temi europei, attualmente Direttore delle Relazioni Esterne e dei Rapporti Istituzionali dell’Autorità Antitrust, commentatore per il quotidiano L’Europa e il settimanale Milano Finanza di cui è stato condirettore. Grazie ai dati forniti nelle 80 pagine del libro, anche l’associazione tra mercati finanziari e quelli rionali diventa comprensibile, così come controllare l’aumento esponenziale dei prezzi di numerosi beni di consumo e di altrettanti servizi dall’introduzione dell’euro ad oggi! Rispondendo ad una serie di domande, Sommella ha voluto però anche dimostrare come sia difficile, ma non impossibile, cambiare l’Europa e ridurre le diseguaglianze a partire proprio dall’euro.

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Foto di Flavia Cortonicchi per Capalbio Libri 2014

D. Dott. Sommella, quali sono gli elementi che in Italia mancano per far sì che l’euro sia e venga considerato realmente la moneta di tutti? E come considera la scelta della Gran Bretagna che, pur facendo parte dell’Unione Europea, ha ritenuto più opportuno non aderire all’euro?

R. L’euro è il più grande successo nella storia del dopoguerra ma ha un problema: non è ancora entrato nell’economia reale, nelle istituzioni e nel cuore dei cittadini europei, italiani compresi. Ma ci vuole tempo, siamo solo nella preistoria della moneta unica. Si ha la sensazione che in questa Unione abbiano più diritti le cose, le banche, che le persone.
Quanto alla Gran Bretagna ho un’idea netta: gli inglesi dicano  chiaramente se vogliono stare nell’euro e adottarlo. Restare dentro con un piede fuori è sbagliato e frena l’integrazione.  A loro va bene, per noi è solo un danno.

D. Come sta vivendo l’Europa l’attuale recessione della Germania e la perdita di fiducia dei creditori? Quanto e come influirà sul pensiero dei cittadini e sugli Stati membri, che fino ad oggi sono apparsi assoggettati alla potenza tedesca?

R. La Germania pensa che ciò che è buono per lei, lavoro, rigore, zero inflazione e moneta forte, sia buono per l’Europa. Non è così e con l’andare del tempo, se Berlino non capirà questo dato di fatto, non farà che contribuire all’aumento del rischio dei nuovi nazionalismi. Il rigore va bene ma non quando c’è la recessione, non quando anche i prezzi calano innescando una pericolosa spirale di sfiducia che coinvolge famiglie, imprese e Stati. Quanto alla subordinazione a Berlino, io la vedo così: la Germania ha il terrore di avere una leadership in Europa ma bada fin troppo bene ai propri interessi. A questa posizione, del tutto legittima dal punto di vista dei tedeschi, si risponde solo con l’autorevolezza degli altri leader europei, con la capacità di Roma e Parigi di proporre ricette alternative. In assenza di ciò, scatta la Berlinofobia e tutto va a rotoli perché alla fine comandano solo loro.

D. Cosa dovrebbe esser fatto per far sì che anche gli italiani si sentano pienamente cittadini europei? Non crede che il problema sia da ricercare nel cattivo rapporto tra il Governo e la società civile? Cioè tra ciò che avviene nei Palazzi, dove si prendono le decisioni, e quella che è invece la reale situazione economica e sociale che vivono i cittadini italiani?

R. Il problema è che negli ultimi vent’anni in Italia i sacrifici li hanno fatti solo le famiglie e le imprese oneste. I governi, tutti i governi, hanno riformato poco e tagliato le spese ancor meno, mentre gli evasori sono aumentati in maniera socialmente insopportabile. Uno spread clamoroso. Lo scollamento politica-società civile nasce da questo, il rancore verso l’euro è solo la razionale constatazione che non serve nemmeno prendersela più con gli esecutivi: chi comanda sta a Bruxelles, a Berlino, a Francoforte. Non a Roma.

D. Non è stato forse un errore aver cercato di costruire un’Europa Unita basandosi solo su un impianto legislativo dedicato quasi esclusivamente agli interessi dell’economia e dei mercati e perdendo di vista le persone e i cittadini?

R. Certo. Al disegno Euro mancano una vera Costituzione Europea, un’unione fiscale, una federazione politica, una comune difesa, un unico esercito, un solo debito. Su questi presupposti sono nati gli Stati Uniti, da qui deve ripartire l’Europa.

D. “L’euro è di tutti. Con la moneta unica ci hanno guadagnato in pochi. Ora tocca ai cittadini”, ma come? E chi dovrebbe farlo? Come convincere i cittadini che l’euro sia veramente una moneta di tutti?

R. I cittadini si convinceranno che l’euro è di tutti quando non saranno i soli a fare sacrifici e quando le istituzioni europee si occuperanno della crescita e della lotta alla disoccupazione, varando un vero Piano Marshall da 300 miliardi di euro. Miliardi veri, non quelli solo sulla carta annunciati dalla nuova Commissione Europea guidata da Jean Claude Juncker.

 

Roberta Spinelli