L’OCCIDENTE INVASO DAL SUD DEL MONDO ?
“ La grande questione delle migrazioni: quale politica per l’Italia?”
Un tema di scottante attualità promosso dalla Rivista di Studi Politici Internazionali e dal Centro Studi Nuova Europa, ampiamente dibattuto presso l’aula dei Gruppi Parlamentari il 25 u.s..
Un fenomeno, quello delle grandi migrazioni, certamente non nuovo ma, che nel nostro tempo ha assunto dimensioni e caratteristiche complesse: fuga di massa dalla guerra, che, nel caso di questi ultimi anni, è, checchè se ne dica, guerra di religione e guerra di sopravvivenza economica.
E’ l’Occidente, con diverse pressioni interne ed esterne a subire l’urto di una migrazione mai verificatasi nelle attuali proporzioni; in questi settanta anni di pace (o se preferiamo di guerre per procura) con le inevitabili trasformazioni delle società, l’affermarsi di una globalizzazione dei consumi ed il parallelo sgretolamento dei confini degli stati mediorientali tracciati nel primo dopoguerra, è cresciuto, sul mito di democrazie di esportazione da una parte e di fondamentalismi dall’altra, con la diffidenza, l’antagonismo fra due mondi contrapposti.
In questo quadro, poco rassicurante, è stato ricordato, nel corso del Convegno dal Prof. TIBERIO GRAZIANI, Presidente dell’ ISAG -Istituto Alti Studi di Geopolitica, come il terrorismo jihadista trovi il suo humus nella stessa Europa, proprio nelle seconde e terze generazioni di immigrati che, secondo le aspettative, avrebbero dovuto crescere nel processo di integrazione.
L’Italia, come affermato dall’Ambasciatore GIULIO TERZI di SANT’AGATA, moderatore del dibattito, porta d’Europa, è una penisola euromediterranea, che ha, per storia e posizione geografica, il compito di ponte dialogante tra il Nord del Continente con le note problematiche spesso divergenti, ed il Sud europeo del Mediterraneo. Il nostro Paese nel farsi Nazione ha metabolizzato le speranze e le contraddizioni delle varie popolazioni transitate sul suo territorio e deve necessariamente seguire una politica leader di pacificazione prima e di dialogo costruttivo poi. In questa contingenza vanno riconsiderate alcune alleanze che per una manifesta ambiguità di comportamento assumono posizioni bizzarre nella questione siriana. Non è possibile tralasciare ulteriormente un ruolo guida proprio nell’assenza di una politica europea nel Mediterraneo meridionale: cosa avverrà, tralasciando ogni iniziativa in quello che era il Mare Nostrum, nei prossimi cinquant’anni? L’esplosione di conflitti regionali con relativi problemi economico-sociali pongono l’urgenza della questione.
Il continente europeo non produce nuova linfa alla demografia dei vari paesi, mentre Africa ed Asia, nel giro di sette anni, hanno visto crescere le loro popolazioni dal 5,8% al 15%. La destabilizzazione dei paesi rivieraschi è un letale pericolo per tutto il mondo occidentale. Si è gridato alla liberazione, quando un tiranno, comunque sanguinario, come Gheddafi è stato abbattuto su iniziativa franco-inglese, riducendo la Libia in una palude di guerre e di miseria: il paese nordafricano, che nel 2008 vantava un PIL positivo del 5% annuo, si trova, oggi, ad un meno 26%. Se si pretende una situazione continentale libera dai flussi migratori è dunque necessario andare a risolvere quei problemi sociali, economici ed umani che hanno generato la catastrofe. Il tempo stringe.
Alessandro P. BENINI