M5S a Treviso: Idee & Progetti
M5S – I RAPPRESENTANTI del MOVIMENTO a TREVISO: dichiarazioni, , Progetti e Provvedimenti _________________una sintesi elaborata da RICCARDO ABBAMONTE
E’ in pieno svolgimento la raccolta di firme del M5S per il referendum sull’euro –
Il 13 dicembre 2014 è partita in tutta Italia la raccolta firme del Movimento 5 Stelle per la legge di iniziativa popolare che porterà, nel dicembre 2015, al referendum di indirizzo sull’euro. L’iniziativa è stata presentata al Senato in una conferenza stampa che ha visto relatori Barbara Lezzi, Giorgio Sorial e Laura Castelli. Assieme ai portavoce anche Beppe Grillo. In quell’occasione il Movimento faceva rilevare che da un lato la maggioranza a guida Pd si disinteressa della macelleria sociale provocata dalla moneta unica, dall’altra Salvini critica l’euro ma non prende alcuna iniziativa per uscirne.Il M5S è invece convinto che l’arma del referendum consentirà a milioni di cittadini di informarsi e far sentire alle élite italiane ed europee la loro voce fino ad ora emarginata. Più firme saranno raccolte, sostengono i sostenitori del M5S, più costringeranno televisioni, giornali e partiti a parlare di euro e a gettare la maschera sugli interessi che protegge. Un dibattito a carte scoperte è quello che in effetti è mancato in Italia prima di entrare nell’euro.
E’ inaccettabile che anche al culmine della crisi alimentata dalla moneta unica i cittadini siano lasciati al loro destino. L’euro è insostenibile perché disegnato su misura per la Germania e le oligarchie finanziarie. Dietro questa gabbia non è possibile nemmeno reagire e spezzare il circolo vizioso perché all’Italia manca sovranità monetaria e di spesa per rilanciare domanda, lavoro e investimenti. Molto lo scetticismo anche tra chi vorrebbe uscire dall’euro ma teme conseguenze ancor peggiori. Per questo ai gazebi del M5S si può trovare materiale informativo, compresa le domande frequenti sull’argomento –come riportate qui di seguito.
“Cosa sarebbe successo se non fossimo entrati nello SME?” I paesi che fanno parte dell’Unione Europea e non hanno adottato l’euro sono cresciuti di più. Non entrando nello SME e poi nell’euro saremmo cresciuti di più. Prova ne sia il fatto che i migliori anni di crescita negli ultimi 20 anni si sono avuti dopo la temporanea uscita dallo SME nel 1992, quando svalutammo la lira.
“Perché calcolare la decrescita dal 1977 e non dal 2002 quando è entrato l’euro?” Perché nel 1997 sono stati fissati i cambi, ma solo dal 2002 è entrata effettivamente in circolo la moneta unica. Da quel momento il paese non ha più potuto utilizzare la leva monetaria per migliorare la competitività del sistema.
“Il problema primario per le aziende è l’euro o piuttosto la pressione fiscale?”Euro e imposizione fiscale sono strettamente correlati. Con l’euro lo Stato non può stampare moneta, quindi si può agire solo in due modi: Più tasse: diminuzione competitività con le imprese europee e internazionali. Imprese che falliscono, delocalizzano e crollo del Pil. Più debito pubblico: quindi aumento del debito e interessi crescenti a scapito degli investimenti. Il M5S ha messo a punto e depositato in Parlamento una legge di stabilità a 5 Stelle che rafforza gli investimenti e toglie l’Irap alle micro imprese.
“Non sarebbe meglio cambiare regole europee e trattati che uscire dall’euro?” La richiesta di rinegoziare i trattati è parte del programma per il Parlamento Europeo del M5S; la risposta del Parlamento Europeo è stata ignorare ogni proposta del M5S e in seguito di non concedere al Movimento nemmeno le cariche nelle Commissioni (presidenze e vicepresidenze) a cui avrebbe avuto diritto come gruppo, creando un pericoloso precedente per la democraticità del Parlamento stesso, che diventa di fatto un governissimo europeo tra destra e sinistra, escludendo le altre voci. Se di Fiscal Compact ed Eurobond non si può parlare è necessario riprenderci la nostra sovranità monetaria.
“Non rimarrà il problema del ricatto degli investitori che comprano il nostro debito?” L’Italia ha un avanzo primario positivo quindi l’unico motivo per cui può chiedere di essere finanziata è per pagare gli interessi sul debito pubblico esistente che sarebbe ridenominato nella nuova valuta e quindi i crediti dei paesi esteri sarebbero svalutati del 30% circa nell’arco di un anno. Lo spread sarà tenuto sotto controllo dal fatto di avere la Banca d’Italia come prestatore di ultima istanza che quindi calmiererà i tassi. Inoltre con l’Italia che torna a crescere con la sua sovranità monetaria il mercato non avrà problemi a finanziare il nostro debito perché ciò che guida i rendimenti sui titoli pubblici è prima di tutto la sostenibilità del debito.
“La svalutazione della moneta non equivale a una patrimoniale del 20%?” L’euro è stato svalutato del 10% rispetto al dollaro durante l’estate 2014, ma nessuno ha visto il suo patrimonio decurtato o la sua capacità di spesa limitata. Questo perché se la moneta che si possiede è quella usata dove si vive il suo valore rispetto ad altre valute non è importante per la spesa corrente. L’unico caso si similitudine tra sovranità monetaria e patrimoniale è qualora il ritorno alla lira avesse forti impatti sull’inflazione che andassero a erodere il potere d’acquisto. Questo non sarà il caso perché in Italia oggi soffriamo del problema opposto, la deflazione. Un po’ d’inflazione non può che far bene alla sostenibilità del nostro debito pubblico.
“Lo spread si impennerebbe e gli interessi sul debito aumenterebbero di molto?” Con la Banca d’Italia in veste di prestatore di ultima istanza i tassi sarebbero calmierati dalla Banca stessa, che potrebbe in ogni momento decidere di comprare debito se i tassi aumentassero oltre una certa cifra, regolando così il mercato dei bond pubblici. Bankitalia avrebbe le mani molto più libere rispetto alla Banca centrale europea.
“L’uscita dall’euro corrisponde a un default?” Default vuol dire non rispettare gli impegni presi per il debito. Il 94% del nostro debito pubblico è sotto legge italiana e quindi verrebbe ridefinito nella nuova valuta nazionale. E’ il principio giuridico della “lex monetae”.
“L’uscita dall’euro via referendum, non è una strada troppo lunga e macchinosa?” Se un problema richiede una soluzione lunga è meglio partire il prima possibile. Altri modi per uscire possono essere adottati solo dal governo, che tuttavia appare insensibile e sordo al problema. Anzi, Palazzo Chigi è prono ai diktat dell’austerity dell’Europa germanocentrica.
“Come si potrà vincere il referendum con le percentuali del Movimento 5 Stelle alle elezioni?” Il referendum sarà votato da tutti gli italiani indipendentemente dalla formazione politica che hanno sostenuto con l’ultimo voto e gli ultimi sondaggi indicano che già oggi la maggioranza degli italiani vuole uscire. Non a caso rappresentanti di tutte le forze politiche si stanno esprimendo in questo senso. Si stanno ricredendo anche gli esponenti delle formazioni politiche dove erano presenti più persone pro euro fino allo scorso anno, per esempio il Partito democratico.
“Perché fare una legge di iniziativa popolare per indire il referendum quando i parlamentari 5 Stelle potrebbero proporla direttamente in Parlamento?” L’iniziativa di legge popolare permette di far sapere al Palamento che non è una sola forza politica che vuole il referendum per l’uscita dall’euro, ma i cittadini italiani che hanno votato tutte le forze politiche. I rappresentanti delle altre forze politiche non potranno quindi ignorare la richiesta come una dell’opposizione perché se già oggi i sondaggi dicono che gli italiani che vorrebbero uscire dall’euro sono la maggioranza, se si aggiungono anche coloro che non sono convinti, ma ritengono giusto che siano i cittadini a scegliere tramite un referendum, sono numeri non ignorabili da qualunque forza politica. Inoltre la raccolta firme servirà anche a sensibilizzare le persone che ancora non conoscono il problema a fondo.
“Ne soffriranno le imprese che hanno ricavi nella nuova lira e i costi delle importazioni aumentano?”Quando il cambio si riallinea ai fondamentali di un paese, l’economia riparte e le imprese ripartono, come è successo in Italia nel 1992. Il costo variabile di produzione già rilevante è in molti casi quello del lavoro, che normalmente si allinea all’inflazione importata con un certo ritardo. Se il paese svaluta del 20% gli acquirenti esteri ricevono uno sconto del 20% subito e quindi ricominciano a comprare incrementando il fatturato delle aziende. Per l’impresa invece i costi non aumentano subito e molto meno del 20%, dato che la componente di import sul costo del venduto è di norma minoritaria (in particolare rispetto al costo del lavoro). La svalutazione del cambio (svalutazione esterna) ha effetti uniformi su tutti i cittadini (ugualmente colpiti dall’eventuale inflazione importata) e rilancia la domanda estera. La svalutazione del salario colpisce solo i salariati e uccide la domanda interna. Naturalmente un governo indirizzato dalle banche preferisce la svalutazione interna.
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FinanziAriabuona: la stabilità a 5 stelle >
Lanciata ufficialmente dal Movimento 5 Stelle la FinanziAriabuona: la legge di stabilità del Movimento a 5 stelle. A favore della spesa sociale, perché nessuno deve restare indietro, ma soprattutto con investimenti produttivi per far ripartire l’economia e creare nuovi posti di lavoro. Questa è la FinanziAriabuona, che i 5 stelle stanno proponendo al paese. Mentre il governo, a dire degli esponenti 5 stelle, fa inginocchiare il paese sui ceci dolorosi degli zero virgola e si piega agli stupidi diktat contabili dell’euro, il M5S dice no a una legge di stabilità zeppa di nuove tasse (evidenti e occulte) e lancia una visione alternativa della politica economica che serve al paese. Così è nata la FinanziAriabuona, la prima legge di stabilità da almeno un ventennio a questa parte che frantuma i totem del consolidamento fiscale per rovesciare la prospettiva: non più riduzione delle uscite (che poi significa abbattimento della spesa buona per investimenti e compressione dei diritti), che finisce per deprimere la produzione di ricchezza, ma piuttosto un taglio degli sprechi per rilanciare i settori del futuro e dare diritti a chi li sta perdendo. Con la FinanziAriabuona stop all’autolesionismo di bilancio imposto dalla moneta unica. Il M5S tira via il tappeto rosso steso da tanti, troppi governi sotto i piedi dell’euro-burocrazia guidata dalla Germania.
Secondo gli esponenti 5 stelle la crisi impone di sforare il parametro stupido e anacronistico del 3% sul deficit/Pil perché il benessere degli italiani è più importante di una soglia decisa negli anni Ottanta da uno sconosciuto funzionario del governo di François Mitterrand. La FinanziAriabuona distrugge i feticci del pareggio di bilancio strutturale e della riduzione del debito a prescindere. Sostituisce gli inutili 80 euro con il reddito di cittadinanza che dà dignità ai disoccupati e garanzie per i reinserimento nel mercato occupazionale. Abolisce la riforma delle pensioni Fornero, che blocca l’ingresso di molti giovani nel mondo del lavoro. Sblocca investimenti per la manutenzione del territorio massacrato dai cataclismi naturali. Potenzia il trasporto locale, tagli 2 miliardi di spese militari in favore di quelle sociali, taglia le missioni armate all’estero per 350 milioni, rafforza la cooperazione allo sviluppo. Poi la FinanziaAriabuona toglie l’Irap alle Pmi (mentre il governo favorisce le grandi aziende), riduce le tasse universitarie, difende il vero made in Italy e le giovani partite Iva, chiede l’Imu alle piattaforme petrolifere e taglia le inutili auto di servizio degli enti sanitari. Tanta spesa buona, insomma, che porta il nostro deficit/Pil al 4,4%, esattamente il livello della Francia, che difende gelosamente la propria sovranità di bilancio e se ne infischia dei diktat della Merkel. La procedura di infrazione Ue? Nessuno ha mai applicato sanzioni a chi ha sforato come i francesi e la stessa Germania oltre dieci anni fa. E nessuno, vedrete, punirà oggi Parigi. Anche i mercati finanziari, peraltro, guardano ormai più alla produzione di ricchezza che al contenimento del deficit/debito. Dunque, perché dovremmo temere qualcosa? Prendiamo il coraggio a due mani, osservano gli esponenti del Movimento. La FinanziaAria buona è in questo senso una manovra di tipo francese, perché prende esempio dai vicini d’Oltralpe nell’obiettivo di riguadagnare l’orgoglio nazionale perduto, di riprendersi al libertà di spesa per il welfare giusto e per gli investimenti produttivi. E detta la linea rivoluzionaria a un’Europa anemica, in cui mancano 500 miliardi di investimenti dal periodo pre crisi. A dire degli esponenti 5 stelle la FinanziAriabuona dice no a un continente guidato da Juncker, il lussemburghese amico degli evasori transnazionali. Dice no all’austerity della moneta unica. Dice no alla dittatura dello spread. Dice sì agli italiani che vogliono riprendere in mano il loro destino. E la FinanziAriabuona è anche uno dei nostri ormai molti eventi storici: per la prima volta una forza di opposizione presenta una legge finanziaria, per la prima volta lo fa il Movimento 5 Stelle, che di nuovo non ha paura di confrontarsi con le tematiche più spinose dell’attività di governo.
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La proposta sul reddito di cittadinanza: 750 euro al mese per chi non ha reddito, o una compensazione per chi guadagna meno
Uno dei progetti di punta del Movimento 5 Stelle, da sempre obiettivo fondamentale dei grillini in Parlamento e che ha da poco iniziato il suo iter parlamentare, è il disegno di legge sul reddito di cittadinanza, che è stato presentato al Senato proprio nel giorno in cui il governo ha chiesto la fiducia sul Job Act a Palazzo Madama, e che viene ora illustrato ai cittadini del Veneto. Un progetto così importante che per la prima volta il movimento di Grillo apre anche ad altre forze politiche, in particolare Sinistra ecologia e libertà, che aveva presentato tempo fa un progetto simile. Il grillino Luigi Di Maio, in occasione della presentazione del ddl al Senato, aveva chiesto addirittura il supporto dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, affermando che si poteva fare tutto ciò anche con un decreto. Il movimento ci aveva messo molto impegno per questo disegno di legge e adesso lo avrebbe portato avanti in tutte le sedi. Se il presidente faceva appello alle Camere sempre più spesso, perché non farne una sul reddito di cittadinanza? In tal modo si poteva liberare gli italiani dalla minaccia di voto di scambio degli 80 euro di Renzi.
Anche se si cercava ogni tipo di appoggio, non ci sarebbero state comunque mediazioni di alcun genere sull’argomento, era sempre Di Maio a spiegarlo. A suo dire, se si doveva barattarlo con l’omicidio della democrazia, allora il reddito di cittadinanza non serviva più. I valori infatti erano assai più importanti. Il testo del disegno di legge in questione è stato discusso per più di un anno da un gruppo parlamentare specifico. Poi è stato il turno del web. Militanti e simpatizzanti dei 5 stelle lo hanno commentato e il testo ha subito ulteriori modifiche. L’idea era quella di mettere a disposizione a chi ne farà richiesta e ne avrà i requisiti 780 euro mensili. Per accedere al reddito sarà necessario dimostrare di essere a reddito zero o senza lavoro.
Nel caso di un salario inferiore alla cifra prevista dal disegno di legge, sarà possibile chiedere una compensazione. E a quanto dicono dai 5 stelle le coperture ci sono. Le coperture hanno avuto il via libera degli uffici di Camera e Senato. In totale servono circa 17 miliardi. E si pensa di recuperarli con varie misure. Intanto l’aumento della tassazione sul gioco d’azzardo (600 milioni); poi l’aumento delle tasse alle grandi imprese del petrolio e del gas (1,2 miliardi); la riduzione dei costi della pubblica amministrazione e del costi della politica (1,1 miliardi); il risparmio spese per acquisto di beni e servizi e forniture di prodotti (4,5 miliardi).
Un recupero di fondi tramite una serie di tagli, che dovrebbero essere reinvestiti per combattere la marginalità sociale e riportare al di sopra della soglia di povertà chi si trova al di sotto. Sono circa 10 milioni i cittadini che oggi sono a rischio povertà. Con la disoccupazione oltre il 13% e 4 milioni di persone. Per queste persone ci vuole un ammortizzatore sociale attivo e non passivo, che si prenda cura del cittadino, per il suo reinserimento nel mercato del lavoro e della società.
Il M5S fin dall’inizio della legislatura non ha mai smesso di credere che fosse possibile portare in Parlamento un provvedimento che per gli altri è solo utopia. Per il Movimento invece il reddito di cittadinanza comincia a essere a portata di mano. Si inizierebbe così a colmare il vergognoso gap del nostro paese: il reddito di cittadinanza infatti è presente in tutti i paesi d’Europa, fatta eccezione per la Grecia, l’Ungheria e appunto l’Italia. Il reddito di cittadinanza per il M5S è una misura che tutela e restituisce dignità ai cittadini più deboli: è destinato ai disoccupati e coloro che percepiscono un reddito di lavoro o una pensione inferiori alla soglia di povertà. L’importo massimo è di 780 euro mensili a persona (9360 euro l’anno), che variano a seconda del reddito che già si percepisce e a seconda dei componenti del nucleo familiare. La platea che potrà usufruirne ammonta a circa 9 milioni di italiani.
Ma l’integrazione del reddito non sarà fine a se stessa. Accanto a questa, infatti, si prevedono misure per inserimento nel mondo del lavoro o nella società, attraverso specifici percorsi di orientamento, di formazione professionale e di accompagnamento che aiuteranno i disoccupati a rientrare nel mondo del lavoro. Finanziare il reddito costa quasi 17 miliardi di euro, che si possono finanziare, attraverso una vera riduzione dei costi della pubblica amministrazione e dei costi della politica (riduzione delle indennità parlamentari, eliminazione degli enti inutili, taglio agli affitti della P.A., taglio alle spese di consulenza della P.A., taglio delle auto blu, taglio alle pensioni d’oro e divieto di pensioni cumulative). L’impegno del Movimento 5 Stelle in questo senso non si fermerà al Parlamento italiano. Nel corso del 2014 è stato presentato una risoluzione al Consiglio d’Europa per introdurre il reddito di cittadinanza universale, garantire a tutti dignità e rafforzare i diritti sanciti dalla Carta sociale europea.
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Proposta per l’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria
Il Movimento 5 Stelle ha da poco presentato alla Camera la prima proposta di legge scritta dai cittadini per abolire il finanziamento pubblico all’editoria. Nel primo esperimento di democrazia diretta on line della storia della Repubblica, lo scheletro della proposta elaborata dai componenti della VII commissione è stato sottoposto al contributo degli attivisti sulla piattaforma del M5S: gli interventi sono stati 4456, di cui 3269 suggerimenti, 639 integrazioni, 137 modifiche, 258 obiezioni e 57 vizi di forma. Una partecipazione straordinaria, che si è tradotta in questi punti principali: Abrogazione di tutte le disposizioni che prevedono finanziamenti all’editoria, ad eccezione di quelle per i contributi di natura prevalentemente sociale. Dirottare gli 80 milioni di euro di fondi diretti riservati all’editoria per finanziare le start up di nuovi progetti editoriali nel campo media per gli under 35. Risparmiare 3 miliardi di euro delle pubbliche amministrazioni abolendo l’obbligo di pubblicazione dei bandi di gara e sostituendoli con altre modalità di pubblicazione meno costose per gli enti locali. Mantenimento del fondo per la mobilità e la riqualificazione professionale dei giornalisti, e quello per il finanziamento delle pubblicazioni per le minoranze linguistiche. Abolizione dei fondi per l’editoria italiana all’estero. Il tema del conflitto di interessi nell’editoria viene rimandato al lavoro della commissione giustizia.