…No, non è la BBC !
Vergogna e ipocrisia
La vergogna, dal latino verecondia, è un atteggiamento di timore del biasimo altrui, per il disonore che si prova a seguito di un errore commesso; in parallelo l’ipocrisia, che La Rochefoucauld definisce come l’omaggio che il vizio rende alla virtù, è l’atteggiamento di chi finge per ingannare gli altri, di chi indossa una maschera per apparire diverso da ciò che è realmente.
Un vecchio adagio recita che chi ha gettato la vergogna alle ortiche non la ritrova quando ne ha bisogno. Nessun altro motto potrebbe essere adatto per descrivere il comportamento del Governo e della dirigenza del Nazareno a proposito dello scandalo degli stipendi in Rai.
Grazie all’insistenza del Movimento 5 Stelle, la Rai è stata costretta a rendere pubblici i compensi dei dirigenti e giornalisti di Viale Mazzini. Finalmente sono usciti i numeri, quelli veri, dei mega stipendi dei professionisti del servizio pubblico, trasformato in megafono della propaganda di regime, che mediamente oltrepassano abbondantemente il tetto di 240.000 euro all’anno stabilito per legge per gli uffici pubblici e che costano al cittadino ben 25 milioni all’anno, cioè la metà di quanto Renzi dice di voler risparmiare con la riforma della Costituzione.
Il popolo che si appresta a pagare da questo mese, il balzello del canone della RAI incorporato nella bolletta elettrica, sta schiumando di rabbia per l’assurda magnitudine della montagna di soldi che va sprecata. Occorre il pagamento di ben 250.000 canoni di altrettante famiglie (a 100 euro l’uno) per mantenere 94 paperoni nominati a chiamata diretta in modo opaco privilegiando la fedeltà e la sottomissione al potere.
Sono cifre raccapriccianti, che oscillano tra gli 800 e i 1600 euro al giorno, ripeto al giorno, festività comprese: si va dai 650.000 euro del nuovo Direttore Generale Campo dall’Orto ai 392.000 per Marano, presidente di Rai pubblicità, cioè la divisone che fa accordi di cartello con Mediaset per spartirsi la torta pubblicitaria coordinandosi a mandare in onda la pubblicità in contemporanea con puntualità cronometrica su tutte le reti, dai 360.000 euro di Leone, coordinatore dei palinsesti roba che fa concorrenza al film “good bye Lenin”, ai 352.000 di Cariola capo anticorruzione (sic!) ai 340.00 di Agresti capo settore finanza, dai 326.000 di Teodoli direttore di Rai Gold ai 322.000 di Piscopo AD della pubblicità (cioè quasi 700.000 al mese con il suo presidente), dai 320.000 di Orfeo direttore di Rai1 e di Verdelli Direttore News ai 300.000 della Bignardi nuova direttore di Rai3, della Tana direttore di Rai 2, Galletti capo del personale, Berlinguer direttore di TG 3 eccetera per finire con 270.000 della Maggioni, presidente della Rai, che però aggiunge anche un altro bonus come giornalista di 60.000 euro. Credete che basti? Macché. Ci sono gli stipendi di ben 12 dirigenti senza incarico che non lavorano e che percepiscono puntualmente lo stipendio tra cui Mazza ex direttore di TG2 340.000, Vianello ex direttore di Rai3 320.000, Fiorespino ex direttore del personale 303.000, Lei ex direttore generale 243.000, La Rosa ex direttore di Rai parlamento 240.000, Lasorella ex conduttrice 204.000, Pionati ex conduttore ed ex parlamentare DC 230.000.
Ci sono poi tutti i corrispondenti dall’estero che veleggiano sopra i 200.000 euro, come PIERO MARRAZZO dal medio Oriente 240.000 euro, nonché le opacissime consulenze. Ben 61 di questi 94 privilegiati che hanno vinto la lotteria prendono uno stipendio superiore a quella della cancelliera tedesca Merkel. Questo spiega perché la TV e la Radio pubblica sono sempre così in stato di soggezione e sottomissione al potere. Queste cifre che fanno congelare il sangue nelle vene di milioni di lavoratori disoccupati, di esodati, di pensionati al minimo, di poveri (secondo l’ultimo rapporto Istat sono 4 milioni e 598 mila quelli che vivono in povertà assoluta per 1 milione e mezzo di famiglie) sono la consacrazione dello stravolgimento dell’etica pubblica che vorrebbe il top manager guadagni non più di 10 volte quanto percepisce il suo dipendente più in basso nella scala gerarchica, mentre il presidente del Consiglio Renzi e quello del PD Orfini mostrano di indignarsi con ampio sfoggio di ipocrisia. Come se fossero caduti dal pero fanno finta di aver appreso solo ora l’enormità della dissipazione del denaro pubblico.
Ma come è stato mai possibile che una legge dello Stato (art.13 della 89/2014) generata da un decreto che era stato voluto dal Governo Monti, sia stata aggirata, anzi violata e rinnegata in modo così plateale? Grazie ad un cavillo ordito e inserito a bella posta nelle righe del testo legislativo senza che quella massa di babbei che vota le leggi se ne accorgesse: il tetto agli stipendi di 240.000 euro non si applica a quelle aziende quotate in borsa o che abbiano messo in collocazione sul mercato delle obbligazioni.
Per questo il CONSIGLIO di AMMINISTRAZIONE della RAI dopo aver accettato per tutti la riduzione dello stipendio entro il limite dei 240.000 euro, a maggio 2015, con piena sponda del Governo Renzi, decise all’unanimità di emettere obbligazioni per 350 milioni di euro. Con tale stratagemma da imbroglioni, veniva fatto saltare il tappo del limite di legge agli stipendi.
Il M5S denunciò apertamente quel cavallo di Troia e ne propose il 21 ottobre 2015 l’eliminazione con un emendamento a firma della deputata Liuzzi (il cui intervento gira in rete anche se pervicacemente nascosto dai media di regime). Ed alla Camera tutto il PD votò compatto insieme a Forza Italia, contro l’emendamento che fu bocciato con 257 voti a 150. Da quel momento i babbei diventarono complici di una ruberia ai danni del popolo italiano, tutti ben consci che con il trucco dell’emissione delle obbligazioni sarebbe stato cancellato il vincolo allo sperpero del denaro pubblico.
Tutti felici e contenti alle spalle di chi fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, mentre sarebbe bastato, una volta tanto, mostrare un po’ di coerenza con le tante promesse elettorali. Invece…
Ecco perché giudicare ridicola, falsa e ipocrita l’indignazione ora mostrata dal Pd è dire poco. C’è mai stato qualche mezzo di informazione che ha fatto sapere al cittadino i nomi dei deputati che si sono fatti beffe della decenza? Spulciando negli atti è venuto fuori l’elenco di chi ha tradito la fiducia popolare, ed è bene che il popolo ci mediti sopra, che comprende anche i nomi della cosiddetta minoranza interna del PD a partire da Bersani e Cuperlo in buona compagnia dei vari Rotta, Romano (transfuga di scelta civica), Realacci (difensore dell’ambiente), Quartapelle (che Renzi avrebbe voluto nominare addirittura ministro degli esteri), Richetti (finto oppositore di Renzi), Rosato (capogruppo del PD), Morani (vice capo gruppo PD), Giacomelli (sottosegretario allo sviluppo economico), Ascani (studente in filosofia), Garavini, (eletta all’estero), Gutgeld (consigliere economico di Renzi e responsabile della spending review), Fedi (eletto all’estero), Epifani (ex segretario generale della CGIL e ex segretario del partito), Carloni (moglie di Bassolino), Giachetti (aspirante a perdere sindaco di Roma) Porta (eletto all’estero) e tanti altri. Qualcuno potrebbe dire che in questa lista non ci sono altri nomi importanti del PD. Niente paura se si va a controllare il sito delle votazioni si scoprirà che non hanno avuto un sussulto di dignità per votare a favore, ma erano semplicemente assenti (Amici, Bindi, Boccuzzi, Boccia, Carbone, Boschi, Bonifazi, Colaninno, De Micheli, D’Attorre, Fiano, Farina (eletto all’estero) Gentiloni, Guerini, Migliore, Orfini, Morassut, Santelli, Scalfarotto, Stumpo, Speranza, Zoggia, Tinagli, Damiano, Madia, Franceschini, Fioroni, Orlando).
E poi si domandano ancora come mai il PD dal 40,8% delle elezioni europee sia sceso al limite del 30% ed abbia clamorosamente perso le elezioni amministrative in 18 Comuni su 19 ballottaggi! Si rassegnino. È solo questione di tempo per vedere la fine dei loro privilegi e dei loro amici dell’establishment.
Torquato Cardilli