Perchè continuano ad ucciderci?
Il 2013 segna un incremento dei femminicidi rispetto agli anni precedenti, con 134 donne uccise. In occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale delle donne, la Casa delle donne di Bologna, ha reso pubblica l’8/a indagine sul femmicidio in Italia, condotta per l’anno 2013, da un gruppo di volontarie mediante l’esame della stampa nazionale e locale. La media annuale per i 9 anni in cui sono stati condotte le indagini, segna 116 casi per anno. Nel 2013 – in base all’indagine – restano confermati i dati dei femminicidi risultanti dalle indagini degli anni precedenti: i femminicidi riguardano per lo più donne italiane (70%), sono commessi da uomini italiani (70%), interessano tutte le fasce di età pur se si riporta quest’anno una incidenza maggiore nella fascia di età tra i 36 e i 45 anni, mentre l’anno scorso si registrava nella fascia 46-60. “Trovano origine – spiega la Casa delle Donne – nella relazione di genere, posto che nel 58% dei casi l’autore è stato il partner attuale o ex della donna”.
Gli elementi di differenziazione rispetto alle risultanze delle indagini degli anni precedenti riguardano la distribuzione territoriale dei casi di femminicidio, dato che dall’indagine 2013 la loro incidenza cala al Nord e aumenta al Sud e al Centro. In Emilia-Romagna in particolare i casi diminuiscono della metà in valore assoluto (da 15 del 2012 a 8). “Anche nel 2013 – viene aggiunto – abbiamo rilevato il dato delle donne prostitute o prostituite uccise (13 in numero assoluto), ritenendo che il femminicidio come estrema forma di violenza di genere comprenda le uccisioni per mano maschile di donne che esercitano, volontariamente o in maniera coatta, l’attività di prostituzione”.
“Anche con l’indagine 2013 – dice ancora la Casa della donna – intendiamo mettere in rilievo il legame tra femminicidio e violenza di genere, di cui il primo rappresenta la forma estrema e sicuramente più visibile, e quanto il contrastare l’uno e l’altra richieda di mettere in campo politiche strutturali ed efficaci sia per la protezione delle singole vittime, che per il cambiamento della cultura patriarcale che li sostiene ed alimenta”. I tentati femminicidi – in base all’indagine – sono stati 83 casi. “Va ritenuto – concludono – totalmente sottostimato perché la stampa non riporta tutti i casi realmente accaduti e per avere la reale dimensione del fenomeno sarebbe necessario avere a disposizione i dati provenienti dalle Questure. L’elevato numero di casi di violenza gravissima ci porta a considerare quanto la violenza maschile contro le donne sia diffusa, e pericolosa per la vita delle donne, posto che come i Centri antiviolenza hanno da sempre denunciato, affermando nessun atto violento ai danni delle donne possa essere tollerato, la violenza tende ad aumentare di frequenza e di quantità, e può portare alla morte”.