Report “Rosa Shocking” VIOLENZA SULLE DONNE
Violenza sulle donne: ci costa 17 miliardi, PERCHE’ PARLARE DI SOLDI?
Presentato a Roma il report “Rosa Shocking. Violenza, stereotipi… e altre questioni del genere”, che rivela come l’Italia sul tema sia ancora ferma ai luoghi comuni: per UN UOMO su dieci, INTERVISTATO, la causa è degli abiti aderenti, quindi ” te la sei cercata”. In calo gli omicidi sulle donne, ma in un anno sono 14 milioni gli atti di violenza subiti
UN Italiano su cinque considera accettabile la denigrazione di una donna tramite uno sfottò a sfondo sessuale. Ma un italiano su dieci è ancora convinto che se le donne non indossassero abiti provocanti non subirebbero violenza e, a questa stessa domanda, quasi un italiano su cinque sceglie di non prendere posizione.La cosa grave è: moltissime sono le donne che la pensano cosi, ma questo nessuno lo dice . Minimizzata anche la violenza domestica da 1 italiano su tre che pensa che questi abusi dovrebbero prima di tutto essere risolti in famiglia ed è convinzione di un intervistato su quattro che, se una donna resta con un marito che la picchia, diventa lei stessa colpevole.Un’altra violenza nascosta è quella dei figli maschi contro le mamme e sugli anziani. E’ questo il quadro che emerge dal report “Rosa shocking. Violenza, stereotipi… e altre questioni del genere”, su cosa pensano gli italiani della violenza, è stato presentato, con il patrocinio della Camera dei Deputati, oggi alla presenza, , della Presidente Laura Boldrini e di Giovanna Martelli, consigliera del Presidente del consiglio dei ministri in materia di Pari opportunità, realizzato da WeWorld Intervita, sotto l’egida della campagna “Le Parole non Bastano Più”.
Nonostante la nuova legge varata un anno fa, ogni 3 giorni in Italia una donna viene uccisa dal partner, dall’ex o da un familiare. Tra chi subisce violenza, solo il 7,2 per cento denuncia l’accaduto. In un anno più di 1 milione di donne finiscono nella rete dei soprusi al maschile, che si ripetono più volte arrivando alla vergognosa cifra di 14 milioni di atti di violenza (dallo schiaffo allo stupro). Oltre 25 casi al giorno di stalking. “È un’Italia che ha ancora molta strada da fare per contrastare gli stereotipi quella in cui viviamo. Per quasi 6 italiani su 10 è tutto sommato normale utilizzare un bel corpo di donna a fini commerciali. Proprio per questo motivo continuiamo nella direzione che abbiamo intrapreso lo scorso anno con la campagna “Le Parole non Bastano Più” – afferma Marco Chiesara, presidente WeWorld Intervita. Dal nostro sondaggio emerge la necessità di parlarne di più e in un modo più corretto, continuando ad indirizzare tutto il nostro impegno sulla prevenzione”.
A fronte di quasi 17 miliardi di Euro a carico dalla collettività per gli effetti devastanti della violenza sulle donne e dei 30 miliardi di euro che ogni mese in Italia si spendono per campagne pubblicitarie che divulgano un’immagine distorta della donna, dal report Rosa shocking emerge un aumento degli investimenti in prevenzione – anche grazie al sostegno dei Media e delle campagne di sensibilizzazione – che passano da 6,3 milioni di euro del 2012 a 16,1 milioni di euro nel 2013.
Dal sondaggio Ipsos contenuto nel report Rosa shocking emerge un’Italia ferma ai luoghi comuni, specie in relazione ai rapporti tra uomini e donne. Se da un lato, infatti, l’85 per cento del campione ritiene che anche gli uomini debbano occuparsi delle faccende domestiche, che l’istruzione sia importante indipendentemente dal genere e che la guida della famiglia non sia prerogativa esclusiva degli uomini, dall’altro i dati mostrano il permanere di un’immagine stereotipata della figura femminile soprattutto per quanto riguarda il matrimonio (considerato “il sogno di tutte le donne” per circa 1 uomo su 2), la famiglia (per cui è – per quasi 7 intervistati su 10 – più facile per una donna fare dei sacrifici), la casa e i figli (1 intervistato su 3 ritiene che la maternità sia l’unica esperienza che consente ad una donna di realizzarsi completamente) e con una posizione subordinata rispetto agli uomini.
Il numero degli omicidi volontari nel periodo 2012-13 è in lieve calo (passano da 528 a 501). Stazionari gli omicidi volontari in ambito familiare e affettivo (che passano da 173 a 172 nel 2013). Vi è un incremento della quota di vittime di sesso femminile, sia sul totale dei decessi (passa dal 64 per cento al 70 per cento nel 2013) sia sul totale degli omicidi commessi in ambito familiare e affettivo (dal 30 al 35 per cento). Come a dire, si uccide di meno, ma quando si uccide, la vittima è più spesso donna.
“Le Parole non Bastano Più” , è vero, non bastano, infatti ci sono persone e luoghi dove si agisce :
Dalla Maremma alla Sicilia con la TASK FORCE CODICE ROSA Nato dall’iniziativa della dottoressa Vittoria Doretti, medico della Asl 9, e del dottor Giuseppe Coniglio, sostituto procuratore della Repubblica di Grosseto che, il Codice rosa è supportato da una Task force interistituzionale, formalizzata da un protocollo d’intesa firmato da Asl 9 e Procura della Repubblica di Grosseto, nel 2010.
Cos’è il Codice Rosa
Il Codice Rosa identifica un percorso di accesso al Pronto Soccorso riservato a tutte le vittime di violenze, senza distinzione di genere o età che, a causa della loro condizione di fragilità, più facilmente possono diventare vittime di violenza: donne, uomini, bambini, anziani, immigrati, omosessuali. Il Codice viene assegnato insieme al codice di gravità da personale addestrato a riconoscere segnali non sempre evidenti di una violenza subita anche se non dichiarata. Quando viene assegnato un Codice Rosa, si attiva il gruppo operativo composto da personale sanitario (medici, infermieri, psicologi) e dalle forze dell’ordine, che dà cura e sostegno alla vittima, avvia le procedure di indagine per individuare l’autore della violenza e se necessario attiva le strutture territoriali. Al Codice è dedicata una stanza apposita all’interno Pronto Soccorso, la Stanza Rosa, dove vengono create le migliori condizioni per l’accoglienza delle vittime.
“Il Codice Rosa non è solo una stanza riservata e attrezzata con strumentazioni adeguate, ad esempio con un lettino ginecologico, ma è molto altro, è lavorare in squadra, contare su medici e infermieri di Pronto Soccorso addestrati a riconoscere anche il più piccolo segnale di violenza – ha spiegato Vittoria Doretti – Il nostro lavoro con la task force interistituzionale tra Asl di Grosseto e Procura, cui abbiamo dato vita nel 2010, si basa anche sul lavoro delle cosiddette sentinelle: la scuola innanzitutto, con maestre e insegnanti coinvolte nel riconoscere possibili segni di violenza, fino all’addestramento di estetiste o parrucchiere e al coinvolgimento dei medici di base”. “Insomma, il Codice Rosa è semplicissimo e non presuppone ingenti risorse economiche – ha concluso Doretti – Ci vuole grande lavoro di squadra, personale addestrato e buona volontà”.
E difatti i risultati nella Maremma non sono tardati ad arrivare: si è passati da soli 2 casi di violenza registrati in tre anni nel Pronto Soccorso, a 309 casi in un anno e, nel 2011, i casi registrati sono stati 503.
I dati sulle violenze
Dati che confermano le proporzioni di un fenomeno che non si arresta: secondo uno studio che ho commissionato al Centro studi della Camera, nel 2013 sono stati 501 gli omicidi in Italia (fonte Direzione Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell’Interno): di questi, il 35 per cento ha visto donne come vittime. Nello stesso anno, sui 172 omicidi in ambito familiare registrati in Italia, ben 120 hanno riguardato donne. Inquietanti anche i dati sullo stalking: nel 2012 sono stati 11.436 i procedimenti giudiziari su persecuzione e stalking (la fonte è il Ministero della Giustizia), il 92 per cento dei quali trae origine dalla denuncia della vittima, prevalentemente alla polizia giudiziaria. Ancora: nel 90 per cento dei casi le vittime di stalking sono donne, nel 42,5 per cento dei casi i processi hanno portato alla condanna del persecutore, nel 14,9 per cento ad un patteggiamento e solo nell’11,5 per cento ad una assoluzione.
“Il 23 per cento delle delle donne siciliane tra i 16 e i 70 ha subito una violenza fisica o sessuale e nel 50 per cento dei casi la violenza si è consumata in ambito domestico e familiare – ha spiegato Vincenzo D’Agate, coordinatore regionale dell’Aiilf, Associazione Italiana Infermieri Legali e Forensi – I Triage hanno grosse responsabilità in questo senso, perché il 64 per cento delle vittime di violenza che decidono di denunciare, lo fa direttamente al Pronto Soccorso: fondamentale è quindi l’accoglienza mirata, l’addestramento del personale e l’istituzione della task force sanitaria-giudiziaria”.
Si è discusso anche delle “vittime invisibili della violenza assistita che sono i bambini – ha spiegato la psichiatra Gisella Summa – e che vanno ugualmente tutelate”.
Importante il contributo di Fabrizia Giuliani, esponente della Commissione Giustizia della Camera, principale animatrice del movimento Se Non Ora Quando e relatrice del provvedimento di legge con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul, “l’unico strumento giuridico vincolante per tutti i Paesi che lo hanno accolto nel contrasto alle violenze” ha detto Giuliani. “La Convenzione è stato un grande passo, come la legge 119 del 2013, ma altrettanto lo è il Piano nazionale contro la violenza alle donne, che deve vedere tutte le istituzioni impegnate per sostenere le iniziative mirate al contrasto della violenza sessuale e di genere e su questo ci sarà il nostro impegno concreto”.
Le somme destinate al Piano Antiviolenza nel 2014 ammontavano a 18 milioni di euro e per il 2015 si prevede un leggero incremento della somma.
Il Codice Rosa a Catania
A contribuire al dibattito anche il Prof. Riccardo Vigneri, che ha citato i numeri dei Triage catanesi: 450 mila accessi annui in tutta la provincia, 250 mila nei soli nosocomi della città di Catania. “Con questi numeri – ha detto – non è facile raggiungere livelli organizzativi tali da permettere facilmente l’attuazione del Codice Rosa, ma sicuramente si può intervenire sulla formazione del personale: una legge regionale del 2012 prevede formazione specialistica per medici e infermieri del Pronto Soccorso, per tipologia di emergenza da trattare, ma purtroppo non viene rispettata”.
Aperture sono arrivate dal direttore sanitario dell’ASP, dott. Franco Luca: “E’ importante che si parli di violenza e Codice Rosa, perché anche noi dovremmo ragionare di più in termini di squadra, abbandonando la logica del ‘non è di mia competenza’ quindi sono d’accordo sulla necessità di una svolta non solo culturale ma anche organizzativa nel nostro territorio”.
“Vogliamo far sì che le nostre proposte politiche diventino realtà concrete, anche a Catania” ha sottolineato quindi Tania Spitaleri, rilanciando la proposta che con questa iniziativa ho voluto avanzare per la nostra città.
Guardiamo con ammirazione alle esperienze positive che stanno dando buoni frutti in altre città, a partire da quella di Grosseto, per replicarle anche da noi.
In conclusione, abbiamo visto che non ci vogliono grosse risorse economiche, ma coordinamento tra ASL, personale sanitario e giudiziario, con il coinvolgimento delle associazioni già molto impegnate anche sul nostro territorio: allora andiamo avanti e facciamo sì che il Codice Rosa venga realizzato anche a Catania.