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Imu agricola : escamotage elettorale?

Imu: felici che la questione sia al centro del dibattito, speriamo non sia solo escamotage elettorale

 Il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino: è tempo di agire, Governo e Parlamento devono trovare una soluzione strutturale e definitiva. Risolvere la questione dell’Imu agricola deve restare una priorità anche dopo lo spoglio dei voti.

 “E’ importante che il tema dell’Imu agricola continui a tenere banco nel dibattito politico, l’auspicio è che se ne continui a parlare anche dopo le elezioni regionali e che finalmente Governo e Parlamento trovino una soluzione a una tassa che sta mettendo in seria difficoltà migliaia di aziende”. Lo afferma Dino Scanavino, presidente nazionale della Cia-Confederazione italiana agricoltori.IMU AGRICOLTURA

“Sfogliando in questi giorni i quotidiani e guardando i talk-show televisivi, notiamo con soddisfazione che la questione dell’Imu agricola è tra i temi centrali dei programmi di quasi tutti i candidati -osserva Scanavino-. Il fatto che si continui a parlare dell’iniquità di questa imposta è senza dubbio una notizia positiva, ma la nostra speranza è che questo fondamentale tema resti al centro del dibattito politico anche dopo lo spoglio dei voti e una soluzione venga finalmente trovata. Di contro, sarebbe oltremodo grave se si trattasse di un escamotage e si stesse semplicemente facendo campagna elettorale sulle spalle degli agricoltori, magari, dimenticandosi delle loro difficoltà il giorno dopo le elezioni”.

“Abbiamo ribadito con forza negli ultimi mesi come sia urgente una risoluzione strutturale e definitiva -prosegue il presidente della Cia-. Gli sforzi sostenuti da migliaia di agricoltori, che nei mesi scorsi hanno manifestato a Roma e sul territorio nazionale il loro dissenso nei confronti dell’eccessivo carico fiscale a partire proprio dall’Imu, hanno prodotto alcuni primi risultati. In tal senso le dichiarazioni del premier Renzi che ha definito l’Imu ‘una sciocchezza’ e la mozione approvata in Parlamento per superare al più presto (e comunque al massimo nell’ambito del riordino della local tax) le disposizioni in materia di applicazione dell’Imu, sono stati segnali positivi”.

“Adesso però è il momento di agire. E’ necessario -conclude Scanavino- che tutti facciano la propria parte e che Governo e Parlamento prendano in mano l’iniziativa per rivedere definitivamente l’impianto di funzionamento dell’imposta municipale sui terreni agricoli. È questa l’unica via per ridare certezze e ottimismo alle imprese agricole italiane”.

Il nuovo decreto ha quindi stabilito che sono esenti dall’IMU, a partire dall’anno 2015, i terreni agricoli e quelli non coltivati:

  • ubicati nei Comuni classificati come totalmente montani nell’elenco dei Comuni italiani predisposto dall’ISTAT (art. 1, co. 1, lett. a) del DL n. 4 del 2015), da chiunque posseduti;
  • ubicati nei Comuni delle isole minori di cui all’allegato A della legge n. 448 del 2001 (art. 1, co. 1, lett. a-bis) del DL n. 4 del 2015), da chiunque posseduti;
  • posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del Dlgs. n. 99 del 2004, ubicati nei comuni classificati parzialmente montanidi cui allo stesso elenco ISTAT (art. 1, co. 1, lett. b) del DL n. 4 del 2015).

Quest’ultima esenzione spetta anche nel caso in cui un CD o IAP iscritto alla previdenza agricola conceda il terreno in comodato o in affitto a CD o IAP.VENDESI TERRENO

Secondo l’interpretazione fornita dall’IFEL, la dichiarazione IMU il cui termine per la presentazione è fissato al 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui sono intervenute variazioni cui consegue un diverso ammontare dell’imposta dovuta, pur essendo obbligatoria anche per i casi di esenzione, non deve essere inviata nei casi di esenzione oggettiva(terreni ubicati nei Comuni totalmente montani o nelle isole minori) essendo le informazioni necessarie al controllo dell’imposta ricavabili dalla banca dati catastale. Diversamente, per i terreni situati nei Comuni parzialmente montani, la presentazione della dichiarazione appare necessaria, qualora sussistano le condizioni previste per l’esenzione e la qualifica del possessore non sia stata in passato già dichiarata al Comune. (Fonte: IFEL – Nota 20 Maggio 2015).

 

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Le Agenzie di Rating

Che ci facciamo dei Rating a cinque anni dal crack finanziario?

Come sviluppare un sistema di “rating” della salute finanziaria di una amministrazione pubblica a partire dai dati di contabilità finanziaria che sia di facile comprensione, affidabile e serio è una delle ambizioni più condivise tra gli amministratori ma complesse da realizzare per uno Stato moderno. Eppure, non è possibile dimenticare la meraviglia e della sorpresa di  molti amici quando si scopri che gli oramai famosi titoli sub prime, giravano con una tripla A,  che nella simbologia specialistica vuol dire in pratica “sicuri”.

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“Bad bank? Anche no!”

 “Bad bank? Anche no!

18 maggio 2015  – h.18

Sala della Regina di Palazzo Montecitorio

Si fa sempre più concreta la prospettiva di un intervento legislativo sul tema dei finanziamenti deteriorati, che appesantiscono i bilanci degli istituti finanziari. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, da tempo spinge per la costituzione di una ‘Bad bank’, nella quale far confluire i crediti in sofferenza vantati nei confronti di soggetti insolventi (imprese o famiglie). La Commissione europea ha già fatto sapere che la soluzione, che a breve sarà adottata dal Governo italiano, non può ledere i principi della concorrenza e non può configurarsi come un aiuto di Stato.

Quale sarà, allora, la forma societaria che assumerà la ‘Bad bank’? In che modo e in quale misura ci sarà una partecipazione pubblica? Chi sarà il soggetto incaricato di effettuare un’equa valutazione del valore effettivo del credito in sofferenza trasferito alla ‘Bad bank‘? Quali banche potranno beneficiare di questa opportunità?

All’evento, che sarà moderato da Leonardo Becchetti, professore di Economia Politica all’Università di Tor Vergata, interverranno tra gli altri anche Elio Lannutti e Franco Mostacci che, per inciso, sono editorialisti del Foglietto.  Interverranno anche il Prof. Antonino Galloni e il ricercatore Marco Saba, ai quali la Consul Press  – più volte –  ha dedicato i propri spazi sul web e sui fascicoli cartacei, ospitando con vero piacere loro articoli ed interviste.

Quantitative Easing

I volti del “Quantitative Easing” di Francoforte_______________________di Dino TARQUINI 

È oramai partito, dal giorno seguente la festa della donna, l’ingente piano di politica monetaria della BCE: l’acquisto di bond che passerà agli annali con il nome di “Quantitative easing”. Sessanta miliardi di euro al mese, fino a settembre 2016, per un totale di 1140 miliardi saranno iniettati nel sistema economico, con la speranza, per nulla celata (elemento non di poco conto, considerato il ruolo giocato dalle aspettative nell’economia) di rilanciare la crescita, ponendo fine alla cupa fase di politiche restrittive denominata dai mass media con l’ormai celebre quanto tetro termine di “austerity”.

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Expo,Milano 2015, appuntamento con il mondo

IL MONDO SI E’ DATO APPUNTAMENTO A MILANO E, L’ ITALIA RESTA A GUARDARE

 Lo spreco alimentare, stando alle stime della Fao, fa segnare cifre da capogiro: ogni anno vanno in fumo l’equivalente di 750 miliardi di dollari in cibo, ovvero circa 1/3 delle calorie prodotte nel pianeta. Ciò significa che 14 milioni di km2 di terreno e 250 km3 di acqua vengono usati solo per produrre cibo che poi andrà perso.expo 2

Producendo, peraltro, 3,3 miliardi di tonnellate di Co2. Ma il dato più impressionante è un altro: se non esistesse spreco alimentare, nel mondo non esisterebbe neanche la fame. Tutto ciò che annualmente viene prodotto e non consumato basterebbe a sfamare tutta la parte di mondo che soffre di malnutrizione.

 Il convegno è poi la tappa di avvicinamento a #Food SavingBE – Bocconi Expo2015 Competition, la competizione internazionale che dal 24 giugno al 1 luglio porterà in Bocconi circa 140 studenti del mondo per discutere del tema e proporre soluzioni.

Con il sostegno dell’Institut Français.pavillon_france-2

Questo si legge sul sito del Governo Francese, in corsa per EXPO 2025. A Milano si parla di cibo o di nutrizione?

Chi va a visitare EXPO, parte per fare una gita fuori porta, perché non sa cosa fare nel fine settimana, per vedere i padiglioni dei paese esotici, per assaggiare cibi sconosciuti? Per dire :io ci sono stato?

 Avere un ruolo primario nel mondo nel risolvere il problema della fame è il sogno di ogni capo di stato, l’ unico neo in questo sogno è il risvegliarsi ogni tot anni, al momento di possibili speculazioni.

 Questo e altro è quello che pensano in molti, anche i tanti manifestanti, buoni? Cattivi?In tanti distruttori di beni privati, quei beni che molti cittadini hanno faticosamente costruito con il loro lavoro, con le loro tasse pagate con fatica, Avere un ruolo attivo in tutto questo per noi italiani è molto difficile, forse anche per tanti altri popoli ma, avere un evento sotto casa e, non avere i soldi per pagarsi biglietto di entrata, treno e albergo, per tutta la famiglia, può generare attacchi di isteria collettiva.MANIFESTANTI

Siamo in tanti, davanti alla tv a balbettare davanti agli scempi compiuti a Milano il primo Maggio. Siamo in troppi ad assolvere e i criminali protesi alla distruzione delle infrastrutture e delle occasioni di lavoro create da altri. 

 Dunque tifare per Expo è un dovere per chiunque voglia appoggiare questo paese e partecipare alla sua ripresa?

Expo è un’occasione unica per rilanciare il nostro paese nel mondo?

Quel che conta in definitiva è che sia finalmente cominciata l’esposizione universale. L’Italia “sta uscendo “con fatica da una lunghissima recessione che ha trasformato il paese in profondità: nel fuoco della crisi le aziende si sono ristrutturate e sono diventate più competitive, chi “non è stato capace di farlo semplicemente ha chiuso”.

 Serviva, dunque, un’occasione straordinaria per dare una meta alla parte più produttiva del paese, per trainare tutto il resto in un momento magico come questo, dove il petrolio costa poco, il dollaro costa meno del solito nel cambio col dollaro e la banca centrale europea aumenta la liquidità disponibile nel sistema con il QE. Le magie rimangono nei sogni, chissà se a EXPO in qualche padiglione, ben nascosta, magicamente apparirà la lampada di Aladino? I SOGNI SONO SEMPRE GLI ULTIMI A MORIRE

Adelfia Franchi

da Roma, verso una “Lega Nazionale”

XXI APRILE,  la “LEGA a ROMA

 Il Natale di Roma ha accolto un Convegno molto interessante, svoltosi al Salone Margherita ed organizzato da Ugo Gaudenzi – quale Direttore del Quotidiano “Rinascita”. L’interesse è stato ampiamente dimostrato dall’affluenza notevole di pubblico per ascoltare le tesi di parlamentari, giuristi ed uomini di cultura sulla probabilità di una Lega che voglia perdere l’essenza sulla quale ha costruito la sua formazione, vale a dire il carattere strettamente nordista e lombardo, per diffondersi come partito a carattere nazionale, in tutta la penisola italiana.

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Una Nazione Europea aperta all’Oriente

 Una Nazione europea aperta all’Oriente:  la Turchia nella Prima Guerra Mondiale

 A cento ed uno anni dallo scoppio della Grande Guerra, l’Università  degli Studi “La Sapienza” di Roma, Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione-Dipartimento di Comunicazione e Scienze Sociali ha tenuto sotto l’egida dell’Associazione degli Studiosi di Diritto Internazionale ed Europeo un Convegno sulla Turchia nel corso della Prima Guerra Mondiale.

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Una “santa rivolta”

RIBELLARSI:  ORA O MAI PIU’ ________COMUNICATO STAMPA / a cura di Fabio Sabbatani Schiuma*

Le prospettive dell’Italia in questa Europa sono di avere 40 milioni di immigrati entro il 2050 e di continuare a subire governi imposti, cancellando ogni sovranità popolare e con la conseguenza che questi non facciano gli interessi del popolo, ma di chi li nomina dall’estero.

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L’Italia e le Agenzie di Rating

Il COMPORTAMENTO del GOVERNO ITALIANO PEGGIORE  di quello delle SOCIETA’ di RATING _________________una analisi di Riccardo PEDRIZZI *

Sembrava che con il passare del tempo si potesse incominciare a chiarire “l’affaire” del pagamento di 2,5 miliardi di euro alla banca d’affari MORGAN STANLEY da parte della Repubblica italiana a seguito del declassamento nel settembre 2011 attribuitoci dalla società di rating STANDARD & POOR’S.

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Europa, Turchia …. e dintorni

In questi giorni la Turchia è al centro delle attenzioni e delle discussioni, a volte anche tese, per argomenti che riguardano aspetti di interesse  politici e storici, con complicazioni anche in campo diplomatico, a seguito delle dichiarazioni del Pontefice della Chiesa Romana e delle secche repliche del Governo di Ankara, sull’ Armenia. 

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Il territorio come destino, un percorso italiano di sviluppo

Expo: la Cia presenta “Il territorio come destino”, il contributo degli agricoltori italiani alla “Carta di Milano”

 

A Roma, nella Biblioteca del Senato, la Confederazione chiude il ciclo di iniziative “ad hoc” con un documento “di idee” per la costruzione di un modello economico, sociale e produttivo sostenibile. Il presidente Scanavino: “Di fronte alle sfide del futuro, risulta determinante il valore multifunzionale del settore, che innesca processi sempre più integrati con l’ambiente, il turismo, la cultura, il welfare”. Usare meno risorse per produrre di più con il supporto di ricerca e innovazione; accostare alle filiere dei grandi numeri reti “a maglie strette” adattate ai territori; rovesciare il rapporto città-campagna assumendo una dimensione “multideale”. Solo in Italia nei prossimi 10/15 anni le attività connesse all’agricoltura sposteranno oltre 40 miliardi con la prospettiva di garantire entro il 2020 più di 200 mila nuovi posti di lavoro.

 

Per arrivare a “nutrire il pianeta” di fronte alla competizione globale, agli scenari del cambiamento e alle sfide del futuro, la soluzione “non è un mondo senza agricoltori, un’agricoltura consegnata alle multinazionali alimentari, alle società finanziarie e ai fondi di investimento, ma un mondo con agricolture ‘plurali’ e con agricoltori più protagonisti, in grado di innescare processi più integrati con l’ambiente, il turismo, la cultura, il welfare, tra città e campagna, tra produttori e consumatori”. Con queste parole il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino ha presentato, oggi a Roma nella Sala degli Atti parlamentari alla Biblioteca del Senato, “Il territorio come destino”, un documento di sintesi del ciclo di iniziative che la Confederazione ha portato avanti nell’ultimo anno quale contributo degli agricoltori italiani alla “Carta di Milano”, il manifesto programmatico che rappresenterà l’eredità “morale” di Expo 2015.

Da Mantova a Bologna, da Napoli a Firenze, passando per Campobasso, Urbino, Fontanafredda, Gallipoli e Orvieto, la Cia nei suoi incontri ha discusso dei punti di forza ma anche delle criticità del settore primario, ha analizzato i dati e ricercato con istituzioni e rappresentanti della politica e del mondo accademico e imprenditoriale spunti e riflessioni utili per “identificare i caratteri di un modello economico, sociale e produttivo a cui auspicabilmente riferirsi nel futuro -ha dichiarato Scanavino- valido non soltanto a livello italiano ed europeo, ma per altre aree del Pianeta”.

Quel che è venuto fuori è che, rispetto alle nuove sfide che si prospettano, ancora una volta si rivela determinante il valore multifunzionale dell’agricoltura che “oltre ad assicurare la produzione di alimenti, svolge un ruolo cruciale nella produzione di beni di pubblica utilità -si legge nel documento- come l’affermazione e la salvaguardia della qualità dei paesaggi, il mantenimento della biodiversità, la stabilità del clima e la capacità di mitigare disastri naturali quali inondazioni, siccità e incendi”. Ma soprattutto “la sfida enorme che si pone di fronte all’umanità e che soprattutto gli agricoltori del pianeta dovranno contribuire a vincere è quella di usare meno risorse, per produrre di più, garantendo la sicurezza alimentare mondiale” e in questa sfida “sarà imprescindibile il ruolo dell’innovazione e della ricerca per contrastare e gestire i cambiamenti climatici, per utilizzare tecniche produttive più sostenibili, diminuendo l’impatto delle proprie attività, preservando la qualità e la fertilità del suolo per le future generazioni e utilizzando al meglio le acque” e anche “per approfondire meglio (scientificamente ed eticamente) le conseguenze del ricorso alle modificazioni genetiche”.

Ma l’agricoltura non insegna solo questo: “L’Italia, con il suo diversificato territorio, le sue mille storie e culture, sfata sul piano produttivo l’idea che l’agricoltura legata alle filiere dei grandi numeri sia più produttiva di quella delle maglie strette. Infatti essa o è estensiva (modelli nord americani) con basse rese e grandi superfici o intensiva, con forti input chimico ed energetici (modelli europei sempre più insostenibili). Ma soprattutto le filiere dei grandi numeri, basati su modelli standardizzati che non sanno adattarsi ai territori -si legge nel documento della Cia- spesso creano marginalità e abbandono”. E’ chiaro, quindi, che “sempre di più, tutte le comunità dovranno presidiare con grande attenzione i propri equilibri attraverso filiere e reti ‘a maglie strette’ in cui l’afflusso delle grandi derrate alimentari e la presenza dei grandi mercati sia integrato con produzioni (alimentari e non) coerenti con la vocazione, l’identità e la gestione organizzata del territorio, la possibilità di usufruire dei suoi paesaggi, della sua storia, delle sue strade, delle sue attrazioni, delle sue energie. Questo è vero nelle regioni dell’Africa centrale, come in quelle delle grandi aree metropolitane orientali e statunitensi, come nelle nostre regioni europee, così cariche di culture”.

E ancora, di fronte alla sfida del cambiamento, “l’agricoltura deve rovesciare il tradizionale e (non più) subalterno rapporto città-campagna”, sottolinea il documento confederale, assumendo una “dimensionemultideale in cui, al di là dei prodotti alimentari e dei servizi materiali e immateriali, si afferma la centralità e il contributo dei valori per costruire un diverso modello di sviluppo, di società, di relazione tra i cittadini che pone al centro di ogni proposta l’uomo e il suo territorio. Essa, cioè, si fa carico delle più ampie problematiche della contemporaneità, riorganizzando la capacità di produrre in modo sostenibile, di assicurare equamente il cibo ridandogli valore e affermandolo come diritto, contribuendo attivamente all’educazione alimentare quale presupposto per contrastare le diverse forme di spreco alimentare, di gestire capillarmente le risorse naturali, di impostare un nuovo welfare”.

Insomma, “non esiste un futuro senza agricoltura -ha detto il presidente della Cia-. Il nostro contributo alla Dichiarazione finale di Expo è calato in una realtà che ci dice già questo”. Solo in Italia infatti l’agricoltura e l’agroalimentare producono un fatturato vicino ai 300 miliardi l’anno. Sono oltre 20 mila gli agriturismi disseminati sul territorio e oltre 80 mila le aziende che sviluppano molteplici attività, dalla produzione di energie agli agri-nidi, dalle fattorie sociali e didattiche alla manutenzione delle aree verdi anche urbane. Già oggi questo “movimento” multifunzionale produce molto, ma ci sono ampi margini di crescita economica ed è ragionevole stimare che nei prossimi 10/15 anni le attività connesse all’agricoltura sposteranno più di 40 miliardi di euro l’anno con la prospettiva di garantire entro il 2020 tra i 200 mila e i 300 nuovi posti di lavoro. Quindi “alimentazione, salute, occupazione, sostenibilità, diritti universali, equità e coesione sociale -ha concluso Scanavino-. Questo è il contributo dell’agricoltura al futuro che vogliamo”.luca sani

Oltre al presidente Dino Scanavino, sono intervenuti la vicepresidente vicario del Senato Valeria Fedeli; il presidente commissione agricoltura Camera dei Deputati Luca Sani; il presidente del Comitato scientifico di Expo 2015 Claudia Sorlini; il vicesindaco di Milano Ada Lucia De Cesaris e il professore Francesco Adornato dell’Università di Macerata.

Riportiamo integralmente l’ intervento della Vice Presidente del Senato Valeria Fedeli – XVII Leg.
Senato della Repubblica, Palazzo Madama

che gentilmente ci ha fatto pervenire in redazione.

“Autorità, Signore e Signori,

è per me un piacere essere qui oggi, in rappresentanza del Senato, per aprire i lavori di questo convegno, che costituisce la conclusione di un percorso iniziato lo scorso anno e che ha toccato le diverse tematiche che riguardano il comparto agro-alimentare italiano. Un percorso che ha attraversato idealmente il nostro Paese e che vedrà il suo naturale coronamento nella straordinaria esperienza dell’Expo, che si sta per aprire a Milano.

Il settore agro-alimentare costituisce il secondo settore industriale in Italia, dopo quello metalmeccanico, e rappresenta ben il 4% del PIL nazionale, fatturando 133 miliardi di euro e impegnando 1,3 milioni di persone. E’ un comparto che, nonostante la particolare congiuntura economica che stiamo attraversando, è particolarmente vitale e che, anzi, può rappresentare un importante volano di crescita economica per il futuro del nostro paese”.

Ciò che caratterizza, da sempre, il modello produttivo agricolo italiano è la dimensione familiare, la continuità con la tradizione e, nello stesso tempo, l’innovazione. Caratteristiche peculiari che hanno favorito un’eccezionale differenziazione dei nostri prodotti, conosciuti in tutto il mondo per la loro eccellenza.”

Adelfia Franchi

A Roma, Manifestazione del “Fronte Nazionale”

RIPRENDIAMOCI  l’ ITALIA !    ________________________ un appello di Adriano TILGHER 

Domenica 12 aprile, alle ore 10, a Roma al cinema Adriano, in piazza Cavour daremo vita ad una manifestazione del FRONTE NAZIONALE, per avviare il cammino che dovrà unire tutti gli Italiani vessati, traditi e defraudati dalle mafie politiche, economiche e finanziarie.

L’Italia è la più bella nazione del mondo e da sola detiene oltre il 60% del patrimonio culturale dell’intero pianeta. Questa è la nostra principale risorsa e ne dobbiamo essere orgogliosi.

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Lettera aperta al Ministro Poletti da parte di un insegnante

Lo ammetto: faccio il docente per fare tre mesi di vacanza.

Egregio MinistroPoletti
ebbene sì lo devo e lo voglio ammettere. Mi sono laureato, ho preso due abilitazioni a numero chiuso, ho fatto un concorso nazionale e sono precario da 13 anni (assunto il primo di settembre e licenziato il 30 giugno) non tanto perché volevo far l’insegnante, ma per godermi tre mesi di vacanze estive, oltre ovviamente a quelle natalizie, pasquali, di carnevale e ai ponti dei santi, dell’immacolata, del 25 aprile, del primo maggio e del 2 giugno. Peccato non si stia a casa anche il giorno della festa della mamma, del papà, della donna e magari dei nonni.

Ebbene sì lo devo e lo voglio ammettere, la volgarità e la disonestà intellettuale che caratterizza lei e tutto il governo Renzi è squallida e imbarazzante, sintomo di un paese sempre più allo sbando, retto da personaggi di piccolo cabotaggio, corrotti, prepotenti e mediocri.


Probabilmente signor Ministro lei è troppo impegnato in cene e feste con importanti esponenti di Mafia Capitale per conoscere la professione dei docenti e la realtà in cui vivono gli studenti italiani; altrimenti saprebbe che il numero di giorni di scuola in Italia è pari a quello dei principali stati europei (Germania, Francia, Spagna. ..). Le vacanze sono solo distribuite in modo diverso. Se conoscesse le condizioni in cui versano gli edifici scolastici italiani e l’ubicazione geografica del Paese che governa, saprebbe, inoltre, che andare a scuola a luglio e agosto nella maggior parte delle città (Napoli, Bari, Palermo, Roma, Sassari, Milano) sarebbe impossibile.TRE MESI DI VACANZA

 
Infine, signor Ministro, le ricordo che ormai anche il mio macellaio di fiducia (purtroppo sono carnivoro) non pensa che un insegnante faccia tre mesi di vacanza. Tra esami di stato, esami di riparazione, riunioni e programmazione le ferie dei docenti (trenta giorni più le domeniche) si concentrano per lo più da metà luglio al 31 agosto.


Comunque, Egregio Ministro e Esimio Premier, fate bene ad umiliare costantemente noi insegnanti. Ce lo meritiamo. Negli ultimi decenni abbiamo accettato tutto supinamente: blocco salariale, classi pollaio, precarietà, aumento dell’orario di lavoro, edifici insicuri, finanziamento alle scuole private, cattedre spezzatino e concorsi truffa. Ed ora, sprezzanti ma con il sorriso sulle labbra, state realizzando la privatizzazione della scuola e la sua trasformazione in un’azienda senza che il corpo docente italiano dia un sussulto di vitalità. Tra chi aspetta la pensione e chi pensa che un salario fisso anche se basso è meglio che niente, tra chi è stanco di lottare e chi si considera intellettuale, tra chi “tanto mio marito è un dirigente o libero professionista” e chi è solo e disperato, tra chi “o si blocca il paese per settimane o uno sciopero non serve a nulla” e chi ” ora servirebbe la rivoluzione”, gli insegnanti stanno assistendo inerti e rassegnati alla lenta morte della scuola pubblica, democratica e costituzionale.


Il nostro silenzio è complice. E non basta più (se mai è servito a qualcosa) sfogarsi solo sui social network.
Per chi non si vuole arrendere non vi è altra strada che la lotta, per la nostra dignità e per il futuro dei nostri figli e dei nostri studenti.
Una terza via non ci è data.

La scuola buona è la scuola pubblica, la scuola di tutti.

Matteo Saudino

Chi è Matteo Saudino? Insegnante di  filosofia di Torino, con questa lettera che mi ha inviato, si descrive.

A giugno finirà il mio quindicesimo anno di insegnamento. Nonostante due abilitazioni conseguite con il massimo dei voti (nel 2003 e nel 2004) e il superamento del concorsone del 2012, sono ancora un professore precario, o meglio un viandante della filosofia come amo dire, l’ultimo giorno di scuola, ai mie alliev*, prima di salutarli e augurare loro buon viaggio. Di questi 15 anni, i primi 3 li ho trascorsi in un istituto privato. Per realizzare la tanta sognata professione di insegnante (follia?) è stato, infatti, necessario fare dei compromessi. In quegli anni ho fatto un’importante gavetta formativa e, soprattutto ho conosciuto decine di studenti dai percorsi scolastici spesso travagliati, ma al contempo animati da inaspettate curiosità intellettuali e da sincera voglia di riscatto. Con molti di essi sono nati significativi rapporti di stima e alcuni fanno, ancora oggi, parte del mio variopinto album di famiglia. Tale esperienza sul campo, unita agli insegnamenti dei miei genitori, che sempre mi hanno ricordato che non è rispettoso sputare nel piatto in cui si è mangiato (anche se poco e spesso con tanti mal di pancia), ha fatto si che non si impossessasse di me alcun spirito di crociata contro gli istituti scolastici paritari (spesso cattolici e/o diplomifici). Inoltre, il mio essere ateo, marxista e libertario si fonda innanzitutto sul rifiuto di ogni dogmatismo e di ogni deformazione ideologica della realtà.

Però… c’è un però…. Viviamo in un’Europa liberista (sistema che io avverso, in quanto alienante e mercificante), che la maggioranza degli italiani, attraverso il voto e la scarsa mobilitazione sociale, continua a legittimare; allora qualcuno mi può spiegare perché le scuole private debbono ricevere i finanziamenti pubblici dello stato? La risposta ricorrente è che offrono un servizio pubblico. Vero, esattamente come offrono un servizio pubblico anche i cinema, i teatri, i circhi, le bocciofile e le società sportive non statali, non comunali e non regionali. Allora finanziamenti statali per tutti. A pensarci bene anche molti supermercati offrono un servizio pubblico.

E che dire dei bar open h/24. Strano modo di concepire l’economia di mercato. Proprietà privata, utili privati, ma con sovvenzioni pubbliche. Liberisti nei profitti, ma socialisti nelle spese. Sempre geniali i padroni, sempre più ingenui i lavoratori. Intendiamoci. Per me le scuole private sono legittime, ma non devono avere costo per lo stato e per la collettività! Vuoi andare in una scuola privata perché è migliore? Te la paghi! Vuoi andare in una scuola privata perché vuoi essere promosso? Te la paghi! Perché ci sono gli insegnanti più belli e più giovani? Te la paghi! Perché ci sono insegnanti più anziani e più saggi? Te la paghi! Vuoi andare nella scuola privata perché non vuoi avere in classe zingari, marocchini, rumeni, islamici, ebrei, disabili o professori gay o comunisti o peggio gay e comunisti? Te la paghi!

Vuoi andare in una scuola cattolica perché vuoi crescere con dei sani e robusti valori religiosi? Te la paghi! Tutti quei pochi soldi che lo stato italiano investe nell’istruzione, invece, devono servire per rafforzare e migliorare la scuola statale, pubblica, laica, democratica, repubblicana, pluralista, universalista, inclusiva, finalizzata alla formazione di un pensiero critico, vero strumento di emancipazione e liberta’ per i cittadini. tutti i soldi alla scuola pubblica per avere edifici sicuri, palestre moderne e attrezzate, laboratori, spazi per studenti, corsi di aggiornamento per insegnanti, bagni dignitosi. tutti i soldi alla scuola pubblica per avere classi da 20 studenti, in modo da realizzare lezioni attive, partecipate, coinvolgenti, in cui si possa dare la giusta attenzione a chi è più debole e stimolare chi è più brillante, fortunato e volenteroso. La scuola statale è la Scuola di tutti i cittadini e i soldi pubblici devono essere destinati ad essa. questa sarebbe una scuola buona, una scuola in cui costruire un futuro per chi la frequenta da studente, per chi ci lavora da insegnante o da personale ATA e anche per l’Italia.

Invece il governo Renzi cosa fa? Aumenta i finanziamenti diretti alle scuole private, a cui aggiunge ingenti sgravi fiscali (raggiungendo cifre mai toccate dai governi democristiani e neanche dai governi Berlusconi). La scuola pubblica italiana da decenni è un albero costantemente potato, tagliato nelle risorse economiche e precarizzato e demotivato nel personale. In tale contesto, giunge come un masso nello stagno l’ennesima contro-riforma scolastica voluta dal gruppo dirigente del PD. La buona scuola renziana altro non è che ideologia a buon mercato: un mix di vuota meritocrazia (strumento messo nelle mani dei dirigenti scolastici e dei collaboratori per abbassare complessivamente il salario dei docenti e per accontentare la pancia degli italiani, spesso rancorosi verso il pubblico impiego) e di vuoti richiami all’inglese, all’informatica e alla flessibilità, come se quest’ultime fossero la panacea per uscire dalla crisi economica e sociale italiana. Di tecnologia come fine e di meritocrazia come servilismo si può morire, di certo muore la scuola della Costituzione. I risultati di una scuola buona si ottengono attraverso la cooperazione tra docenti e tra insegnanti e allievi. Non è un call center in cui premiare chi stipula più contratti telefonici (attraverso lo sfruttamento del lavoro) o un cda aziendale in cui premiare i manager più capaci (avviene così?). Non serve meritocrazia per creare servilismo e addomesticare i docenti, servono sanzioni e provvedimenti, per quei pochi professori che sono fannulloni o inadeguati.

La buona scuola che il governo continua a sbandierare è un progetto pericoloso, altamente ideologico ed autoritario, che vuole costruire scuole aziende con tanto di sponsor privati e di tirocini nelle imprese (leggasi lavoro sottopagato regalato alle imprese). Serve una scuola snella, una scuola 2.0, adatta per un Paese sempre più ai margini del capitalismo produttivo, destinato a diventare terra di lavoro poco specializzato e mal pagato. La buona scuola è l’altra faccia del job acts: Renzi in un sol colpo manda in soffitta lo statuto del lavoratori e la scuola pubblica democratica statale, strumenti ormai obsoleti per chi ha deciso di sacrificare i diritti sociali acquisiti nel Novecento sull’altare della finanza, dei mercati, delle banche e delle logiche dell’impresa. La buona scuola deve formare molti lavoratori precari, predisposti alla sudditanza e pochi studenti preparati e cinici destinanti ad essere classe dirigente. Tutto ciò che ostacola il sol dell’avvenire che ci promettono i cantori dell’Europa liberista e della società dinamica di mercato è un orpello del passato da rimuovere, anche quando si tratta della dignità dei cittadini*, dei lavoratori* e degli studenti*

Dalla Russia … con timore

DALLA RUSSIA CON…TIMORE –  Nella migliore tradizione letteraria e cinematografica di genere un mix micidiale di: spionaggio, complottismo ed efferati omicidi, quando la realtà si confonde con la fantasia in un “gioco” sempre più pericoloso.

Il 17 Marzo nella sala della Regina alla Camera dei Deputati si è svolto l’incontro dibattito “La Russia fra l’Europa e l’Asia” promosso dalla Rivista di Studi Politici Internazionali diretta dalla Prof.ssa Maria Grazia Melchionni.

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Ministro Poletti: incontro su Cig e per centri per l’ impiego

Simoncini (Regioni): incontro con Ministro Poletti su Cig e Centri per l’impiego

Roma, 26 marzo 2015  “Abbiamo offerto al Governo tutta la nostra collaborazione per la soluzione dei problemi sia relativi alla cassa integrazione che per i centri dell’impiego, al fine di seguire un percorso comune che superi le gravi situazioni presenti”.

Così l’Assessore Gianfranco Simoncini, coordinatore della materia lavoro per la Conferenza delle Regioni, dopo l’incontro al Ministero del lavoro con il Ministro Giuliano Poletti sul tema del finanziamento degli ammortizzatori sociali.

“Siamo andati dal Ministro – ha spiegato Simoncini – chiedendo che si arrivasse rapidamente all’emanazione del decreto che permettesse di coprire tutto il 2014, superando così le situazioni di difficoltà che vivono decine di migliaia di lavoratori. Al tempo stesso abbiamo chiesto anche che si attivino le risorse del 2015, sottolineando che siamo già ad aprile.

Il Ministro ha presentato le misure che intende mettere in atto finalizzate nelle prossime settimane, all’emanazione di un decreto che copra tutte le domande che le Regioni hanno ferme per mancanza di risorse.

Si tratterebbe quindi di un atto che metterebbe a disposizione delle regioni dai  480 ai 500 milioni per chiudere tutto il 2014, anche grazie  al contributo che le Regioni Calabria, Sicilia e Sardegna daranno attraverso la riprogrammazione con proprie risorse.

Nei prossimi giorni si svolgeranno incontri ravvicinati bilaterali tra le regioni e il ministero del lavoro per la puntuale definizione del riparto.

Inoltre abbiamo chiesto che insieme al decreto per il 2014 sia emanato un decreto che attribuisca risorse per il 2015. In tal senso il Ministro Poletti ha assicurato che nel bilancio dello Stato ci sono le risorse per coprire tutto l’anno. Questo decreto, quindi, permetterebbe alle regioni di cominciare ad autorizzare la Cig a quelle aziende che ne hanno fatto richiesta dall’inizio dell’anno.

Il Ministro si è riservato di dare una risposta in merito, pur ritenendo ragionevole la richiesta da parte delle Regioni.

Per quanto riguarda invece la riorganizzazione dei Centri per l’impiego, l’incontro è servito per ribadire la fortissima preoccupazione rispetto non solo per il loro futuro, ma soprattutto per mettere in rilievo l’emergenza nella quale si trovano quasi tutte le Province. E’ tale, infatti, la situazione “di limbo” in cui si trovano i servizi per il lavoro provinciali, grazie al combinato disposto della riforma delle Province e del jobs act. Molte province infatti denunciano il rischio che nelle prossime settimane possano trovarsi nella impossibilità di pagare gli stipendi ai dipendenti, con il conseguente blocco delle attività di questi servizi fondamentali per il lavoro e per il sostegno all’occupazione.

La Conferenza delle Regioni ha pertanto consegnato al Ministro un’ipotesi di riordino dei servizi per il lavoro che punti sia ad un rafforzamento del livello centrale di coordinamento delle politiche del lavoro, sia al mantenimento a livello territoriale di questi servizi.

Il ministro ha fatto le sue valutazioni e l’incontro si è concluso con l’attivazione di un tavolo di confronto ravvicinato per arrivare a una ipotesi di proposta condivisa da presentare a Governo e Conferenza delle Regioni”.

  Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

Un deprecabile “sistema bancario”

UNA DENUNCIA AL SISTEMA BANCARIO, da parte di un Imprenditore *

L’argomento è forte e dirompente: il Sistema Bancario attualmente vigente nella Repubblica Italiana non tiene assolutamente conto del finanziamento a scopo imprenditoriale, dirò di più, ormai non sono più sufficienti le garanzie tradizionalmente note, come le ipoteche sugli immobili, per ottenere un finanziamento. Ciò in quanto, a seguito della caduta verticale del prezzo e del sistema economico immobiliare, le stesse garanzie da tempo non rappresentano più una sicurezza dal punto di vista dello sportello bancario, poiché soggette a rapide e franose svalutazioni. La favola del finanziamento all’impresa, regolata dall’idea di realizzare qualcosa che potrebbe avere senso in un qualsiasi tipo di mercato, è rimasta tale. Il concetto anglosassone di premiare l’idea e quindi il progetto di un’impresa da noi non ha mai preso piede e tanto  meno ora, sia a causa di questa crisi ormai cronica, che per un freno di natura psicologica che attanaglia tutti i settori della produzione inibendo qualsiasi, anche timida, ripresa dei consumi.

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TFR o QUIR

TFR o QUIR – Carta vince, carta perde  __________________Torquato  CARDILLI 

Il successo di un’iniziativa che ha un effetto diretto sul bilancio familiare, sottoposta al vaglio delle persone, si misura dal grado spontaneo di adesione trasversale nella società che va ben oltre gli steccati dell’appartenenza politica, perché con il proprio portafoglio la gente fa migliori conti che con la propria coscienza. Ci siamo già occupati la settimana scorsa sotto l’aspetto costituzionale di QUIR, la cosiddetta quota integrativa della retribuzione, riassunta in un acronimo abbastanza ingannevole. Ritorniamo ora sull’argomento dal punto di vista meramente economico.

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Puntata numero…

Europa con il fiato sospeso, Grecia a corto di fiato, boccata d’ossigeno per le economie Europee.

Insomma la Grecia pareva essersi rifatta il trucco in barba all’Eurozona e ai dettami della Troika con l’elezione di Tsipras per cui si era manifestato l’entusiasmo unanime delle Eurosinistre, e non solo, Italia compresa con Nichi Vendola in primis a celebrare la vittoria del nuovo premier ellenico.

Passato il momento dell’ebrezza, di già lontano anni luce, si guarda all’imminente presente e al prossimo futuro: il forte ribasso del borsino greco giù del 4% ha segnato un Lunedì nero per l’economia mentre l’UE continua a far pressing sollecitando il Governo di Tsipras ad accelerare sul piano delle riforme, il pacchetto dei sette punti presentato da Varoufakis sembra aver accolto il favore del Presidente dell’Euro gruppo Dijsselbloem, ma non basta bisogna continuare ad andare avanti per sanare la difficile situazione economica della Grecia.

L’ultimatum è fissato: aiuti estesi per non oltre quattro mesi mentre la Merkel incita a fare di più ed in fretta, del resto quando Banche, Finanziatori/ Creditori, amici e cravattari ti prestano dei soldi è anche vero che reclamano affinché vengano restituiti fino all’ultimo cent.e in alcuni casi, per la maggior parte in verità, con interessi da capogiro, una metafora scomoda forse ma ridotta brutalmente all’osso potremmo tradurre così il rapporto UE- Grecia.

Sul paese sembra essere ripiombato nuovamente lo spettro della Torika, mentre Jeroen Dijsselbloem puntualizza sull’efficienza del Governo Greco per non perdere altro tempo prezioso.

A questo punto resta da capire quanto, ma soprattutto quando, il debito greco sia ri- solvibile visto che il pacchetto di riforme presentato a Bruxelles dal ministro delle Finanze ellenico sembrerebbe risultare inadeguato alle esigenze dell’UE: se sette punti sembrano pochi Varoufakis afferma attendere Mercoledì quando sarà presentato il piano completo. Insomma in questo panorama e, visto il periodo, potremmo parlare di Idi di Marzo, un Cesaricidio nel Teatro dell’Economia Europea – “Dato non sono contemplate tranche a favore del Governo ellenico stante l’attuale piano di riforme che non è riuscito a sbloccare i 7 mld previsti per gli aiuti la partita si gioca fino all’ultimo affinché la Grecia non resti fuori dall’Eurozona secondo le speranze della Germania”. (cit. ANSA)

Qualora il partito Syriza non riuscisse a togliersi di dosso il cappio al collo imposto dall’UE, si possono sempre considerare eventuali alternative come dimostrano i dati delle ultime elezioni che ci ricordano in quali alternative sia possibile puntare contando i seggi: 149 di Syriza contro i 76 del partito di centro destra Nuova Democrazia attestatosi al secondo posto mentre con 19 seggi conquista il terzo posto il movimento di estrema destra Alba Dorata, insomma qui si aprirebbe un ventaglio di ipotesi neanche troppo fantascientifiche che potrebbero scalzare l’attuale Governo accusato di inconcludenza sul piano economico.

Pur ricordando il successo inaspettato alle elezioni nel 2007, nel 2008 Tsipras ha ottenuto la presidenza e nel 2012 Syriza diventa il secondo partito greco prima di formare l’attuale Governo. Tornando al presente, il giorno della prova del nove pare sia arrivato, Mercoledì sarà il momento in cui si gioca l’ultima fase della partita presentando il pacchetto di riforme completo come richiesto dai piani alti. Un risultato che potrebbe avere un effetto importante per la Grecia e non solo sul futuro politico economico dell’Eurozona.

Cristian ARNI