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Sulla Rupe Tarpea

ACETO  per ROMA

___________di Stelio W. Venceslai

Ho sempre avuto una sotterranea simpatia per il Movimento 5-Stelle, se non altro, per due buone ragioni: canalizzava in modo non violento la protesta del Paese ed aveva la freschezza e l’ingenuità del nuovo.

Alla prova dei fatti comincio ad avere qualche dubbio. Grillo ha fatto benissimo, all’inizio, a vietare ai suoi di andare in televisione.  Allentato questo divieto, se ne vedono di tutti i colori. Parlano forbito, con un certo sforzo perché l’apprendimento è recente, ripetono in modo ossessivo slogan che, come tutti gli slogan, sono vuoti di contenuto, manifestano una fiducia assoluta nella Rete, la nuova religione politica imposta dai Casalegno. In più, dicono sciocchezze. Questo non sarebbe, poi, così grave, perché di sciocchezze ne sentiamo tante, tutti i giorni, dai politici di lungo corso nostrani. Dopo l’avventura terrena di Renzi, ci abbiamo fatto l’abitudine.

Il fatto è che, quando si tratta di governare, il Movimento s’impicca da solo. Il primo caso fu a Parma, dove il Pizzarotti neo sindaco dovette fare i conti con Grillo e le sue regole stravaganti. Conclusione, Pizzarotti governa, e non male, specie in rapporto alle passate amministrazioni di sinistra, ed è una mina vagante nella galassia di 5Stelle. Poi c’è stato il caso di Palermo con le firme false. Cosa gravissima, per carità, ma alzi la mano qualcuno dei partiti di Governo che sia immune da questa pecca. I deputati si sono defilati, l’imbarazzo è grande, alle domande giustamente e maliziosamente poste dalla stampa rispondono con il silenzio.

A dispetto della sempre invocata trasparenza, i numerosi conclavi si svolgono a porte chiuse. Tutti hanno paura di parlare e dei fulmini di Grillo che decreta le fortune e le sfortune dei suoi. Un sistema di streaming alla cinese. Mentre a Torino il neo sindaco lavora in silenzio e fa bene, a Roma è un disastro.

Roma è certamente una città che è stata malamente stuprata più volte da tutte le amministrazioni che si sono succedute. I guasti sono così evidenti che solo un Santo o un Commissario di governo, per sette anni, potrebbero ripulire quella fogna che è diventato il Campidoglio. Ma Roma è anche la capitale straordinaria della Repubblica. Straordinaria per ciò che del suo passato si è salvato dalla corruzione, dal degrado, dalle rapine e dagli sconci di tutti quelli che l’hanno governata. Un’esile fanciulla, la Raggi, poteva essere il Sindaco, nuovo ed efficiente, rivoluzionario ed operativo, di una città come questa?

Che cinquemila elettori della Rete l’abbiano indicata e proposta come sindaco è un bell’esempio di democrazia virtuale, ma non basta. C’è voluto il consenso di quasi il 70% degli elettori romani per darle il potere di governare la città. Perché gliel’hanno dato? Perché il PD ha stufato, con tutti i suoi intrallazzi, perché Alemanno è stato un Sindaco molto discutibile, perché Berlusconi ha scioccamente puntato su Marchini, scaricando la Lega e Fratelli d’Italia e tutti si sono convertiti al Movimento con la percezione che fosse Il meno peggio, il più pulito, il più nuovo. Alla prova dei fatti, è stato un disastro.

image È inutile nascondersi dietro a un dito. In sei o sette mesi di governo del  Movimento il nulla regna sovrano. Scelte sbagliate, incapacità gestionali,  silenzi complici (v. il caso Muraro), personaggi equivoci e truffaldini (v. il caso  Marra) hanno costellato questa esperienza. È facile dire: l’amministrazione va  avanti, come dice la Raggi. Avanti dove, verso la Rupe Tarpea?  Quest’amministrazione mi ricorda molto quella di Masaniello, eletto a furor di  popolo e, dopo poco, a furor di popolo cacciato. Altri tempi, si dirà, ma siamo  lì.

 I trasporti pubblici continuano ad essere sostanzialmente inutili. Costano  troppo e servono pochi, tanto che tutti devono andare in macchina. Gli  autobus sono sporchi, spesso vecchi, non funzionano le biglietterie automatiche, i tempi d’attesa sono inverosimili.

Le strade sono in condizioni pietose: buche, avvallamenti, erbacce, acciottolati sconnessi, i sampietrini fuori posto oppure sistemati ad onda, così da trasformare il passaggio sulle strade in una navigazione con il mare in burrasca. Si dice che non ci sono soldi. Sarà, ma per pagare profumatamente i dirigenti ci sono.  D’altro canto, le imprese di manutenzione, se non vedono i soldi prima, non fanno nulla. Quanti debiti ha il Campidoglio?

Non parliamo dei giardini e degli alberi dei viali. Di verde ce n’è molto, a Roma, ma spontaneo. Non si fanno le potature, non si rasano i prati, non si raccolgono le foglie. Stupidaggini, certo, cose minori, ma sono l’immagine della città. Le periferie sono abbandonate come sempre: droga, prostituzione, sparatorie, furti e rapine. Certo, Roma non è Lourdes, ma non c’è nessun controllo, i vigili sono imbucati negli uffici, i poliziotti di quartiere non si vedono in giro, tutti invocano una presenza che assicuri una certa sicurezza, ma la risposta è solo episodica ed insufficiente.

Le risorse per i disabili sono sempre di più ridotte. In una città dove rari e costosi sono i parcheggi, spesseggiano invece le scritte “riservato agli invalidi” Certo, basta pagare. In certe strade pare che a Roma ci sia la capitale degli invalidi. Vogliamo parlare dello scandalo degli affitti nelle case di proprietà del Comune? Non se ne sa più nulla.

Le proteste dell’opposizione contro la Raggi fanno ridere. Hanno un carico di colpe pregresse che farebbero meglio a stare zitti. Ma il problema vero è se si può continuare in questa maniera. La Raggi è certamente una brava figlia, non l’oca di Roma, ma fino ad ora sembra un’asina in mezzo ai suoni, teleguidata da Grillo. O si dà coraggio e governa, o getti la spugna.

Con una spugna imbevuta d’aceto fu dato da bere a Cristo. Sulla croce i Romani ci sono da cinquant’anni. Non hanno più sete. Sono stufi.

Roma, 18 dicembre 2016.