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… tra politica ed economia

BUGIE DELLA POLITICA  ALLA PROVA DELL’ECONOMIA _________di Pier Luigi PRIORI 

La grancassa mediatica governativa martella da mesi l’idea che in Italia la ripresa ci sia… E sono tanti che si chiedono se vivano ove questa non si senta, o solo se operino in settori sfortunati. Aldilà della palpabile evidenza, vi presento una elementare prova del nove “economica” di logica keynesiana sulla verità delle affermazioni governative.  Lo strumento principale delle banche centrali per influenzare l’andamento economico è il tasso di sconto, naturalmente correlato alla quantità di denaro nel sistema… anche se spesso questo non supera il filtro bancario arrivando all’economia reale.

In altri termini… se la Banca Centrale Europea ritiene che l’andamento economico richieda una spinta, taglia il suo tasso di sconto. Un taglio del tasso di sconto abbassa tutti i tassi di interesse, da quelli sui mutui a quelli sui prestiti personali, dai finanziamenti bancari alle aziende ai rendimenti obbligazionari: il minor costo del denaro genera così maggior richiesta di prestiti e maggiore spesa… la crescita della spesa e dei consumi porta poi le aziende ad aumentare la produzione ed ad assumere più operai.

La ripresa industriale ed economica “tirerà” finché vi siano ampie sacche inutilizzate di capacità industriale e soprattutto di mano d’opera: da quel momento in poi la crescita viene frenata dall’aumento della concorrenza nel livelli salariali e nel costo dei beni strumentali necessari ad ulteriore sviluppo: maggiori stipendi ed aumento dei prezzi a quel punto risospingono verso l’alto l’inflazione, e di qui una serie di problematiche che porteranno la banca centrale ad alzare i tassi di sconto (aumentando conseguentemente quelli di interesse dell’intero sistema) per raffreddare la crescita e l’inflazione: su queste ultime fasi però non mi soffermo perché purtroppo la nostra economia ne è ben lontana.
Dal 10 settembre 2014 il tasso di riferimento della BCE (che per abitudine mi ostino ancora a chiamare tasso ufficiale di sconto!)  è dello 0, 05%… mai così basso nella nostra storia: ma la disoccupazione resta ben più alta di quanto le statistiche conclamate da ogni nostro governo raccontino: come non considerare disoccupati i troppi milioni di lavoratori (soprattutto meno giovani!) che dopo aver disperatamente cercato per anni un lavoro senza risultato si sono scoraggiati e non lo fanno più attivamente, né risultano iscritti (vistane l’inutilità!)  nelle liste dei Centri per l’Impiego?

In una economia come la nostra, con una enorme disponibilità di capacità industriale inutilizzata e di mano d’opera disoccupata, tassi di interesse bassi (come non mai!) avrebbero dovuto produrre una rapidissima ripresa economica, che la disoccupazione reale invece prova non ci sia. Purtroppo la teoria keynesiana mal si applica ad una economia globalizzata, perchè l’aumento dei consumi da indebitamento generato da bassi tassi di interesse influisce poco su economia ed occupazione se buona parte dei beni consumati arriva ormai dall’estero: con scarsa produzione interna e senza nuovi occupati non si innesta una spirale virtuosa di consumi e crescita. In Italia il sistema bancario si è dimostrato poi assai restio ad investire nell’economia reale il denaro ricevuto a tassi di interesse praticamente inesistenti, preferendo circuiti finanziari virtuali programmati per rendimenti certi. Non tutte le colpe sono peraltro sue: come aver fiducia ed investire in un paese senza certezza di diritto,  con una burocrazia pesantissima ed inefficiente, una tassazione oppressiva e vergognosa per gli onesti, statistiche opache, una politica rapace, ed un sistema legalizzato di tangenti, che da “Mani Pulite” in poi si sono spesso trasformate in “consulenze” legalizzate, quindi più onerose perchè gravate da oneri fiscali?

Purtroppo neppure Renzi, cui riconosco alcuni interventi marginali positivi, non ha voluto sfruttare la sua popolarità iniziale e la prima ondata di ottimismo generata dalle sue notevoli doti di comunicazione per andare alla radice dei nostri troppi problemi: siamo il paese delle regioni autonome, dei servizi terzomondisti in troppe località, della continuazione della politica dei “tagli lineari” che penalizzano quanti efficienti, ed in cui le tasse sull’immondizia più alte sono pagate (solo dagli onesti!) in una città come Napoli, dove anche all’inizio di quest’anno ho assistito al rito dell’incendio della spazzatura da parte di teppisti.

Ma cosa aspettarsi da un paese travolto dalla demagogia, e che neppure sa distinguere fra destra e sinistra?  Aldilà dei suoi richiami “internazionalistici”, è di sinistra o di estrema destra un PD che nei fatti non scalfisce gli interessi acquisiti ed i privilegi consolidati dalle caste, nonché poteri forti finanziari e bancari, anche esterni al nostro paese? E pur con le sue posizioni nazionalistiche e le sue alleanze, è di destra o di sinistra un Salvini che parteggia per operai, lavoratori, disoccupati ed in genere le classi più deboli? Non a caso Salvini, Bossi e Maroni, con tanti dei loro, vengono da una esperienza vera di ultra-sinistra, ben diversamente dal nostro primo ministro!
Per una volta non ho avuto bisogno di ricordare il vizio di base del nostro sistema economico e monetario: quello della emissione monetaria da parte del sistema bancario anziché dallo stato o da organismi superiori, come un’Europa federale o confederale… In tempi recenti il tasso di sconto è stato infatti così basso da farci quasi dimenticare l’assurdo di uno stato che deve indebitarsi (ad interesse!) per ottenere la moneta che gli è necessaria!

Come si possa raccontarci che siamo in ripresa mentre la produzione industriale resta in flessione, e  quella agricola e l’occupazione reale in stagnazione, è quesito per questo governo, abilissimo nell’estrapolare da numeri e statistiche quanto elettoralmente gli fa più piacere affermare.