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Tre uomini “Influenti”

I TRE RABBINI __________________________________________  di  Fabio CALABRESE *

Tre uomini hanno avuto un’influenza enorme sulla mentalità dei nostri contemporanei, al punto che si può dire la mentalità contemporanea l’abbiano creata. Guarda caso, questi uomini erano tutti e tre ebrei, e sono probabilmente all’origine della leggenda, a mio parere infondata, secondo la quale gli ebrei sarebbero un gruppo umano particolarmente intelligente. Uno di costoro è vissuto prima degli altri due, che invece erano contemporanei e si sono conosciuti. Nessuno dei tre era un credente nella religione mosaica classica, due erano apertamente atei, mentre il terzo aderiva a una forma di panteismo piuttosto vaga, ma dato che milioni di uomini in tutto il mondo hanno visto in loro delle guide spirituali, credo che chiamarli rabbini sia una metafora appropriata.

I loro nomi – notissimi – sono KARL MARX, SIGMUND FREUD, ALBERT EINSTEIN. Ebbene, il dato interessante è che TUTTI E TRE questi padri della modernità, in base a quanto è emerso in tempi recenti, sembrano essere stati dei ciarlatani, degli impostori, dei plagiari.

Un importante filosofo della scienza, Karl Popper, ha enunciato il principio di falsificabilità: perché una teoria possa essere ritenuta scientifica, occorre poter dire quali circostanze sperimentali, se si verificassero, consentirebbero di ritenerla falsa, altrimenti rimane una formulazione troppo vaga per dirci realmente qualcosa, un’asserzione del tipo “qualcosa accadrà”. Secondo Popper, il marxismo e la psicanalisi non passano questo esame, proprio per “spiegare tutto” in realtà non spiegano nulla, egli li considera gli esempi tipici di teorie pseudo-scientifiche assieme all’astrologia Per la relatività il caso è diverso, egli la ritiene una vera teoria scientifica, ma, come vedremo, è proprio la paternità di essa da parte di Einstein che può messere messa in dubbio, il rabbi di Ulm non era forse che un abile plagiario.

Ma vediamo le cose con ordine. Soprattutto dopo il 1989-91, dopo il crollo del muro di Berlino e l’implosione del sistema sovietico, un evento del tutto inedito nella storia  umana che non aveva mai visto finora un sistema politico svanire per motivi del tutto endogeni, i devoti del rabbino di Treviri  saranno pronti a sostenere che quello non era il vero comunismo voluto e preconizzato da Marx. Se li mettete con le spalle al muro, chiedendo loro quale dei diversi regimi comunisti abbia corrisposto al progetto di Marx, otterrete una serie di dinieghi: quello cinese? Quello jugoslavo di Tito? Quello cambogiano dei Khmer rossi? Quello africano di Mengistu che mandava ai parenti delle sue vittime il conto dei proiettili usati per fucilarle? Chiaramente no, no, e no!

Il comunismo sarebbe dunque simile a una musica stupenda che ha sempre trovato interpreti stonati e strumenti scordati? Non è credibile che si tratti piuttosto di un’orrida cacofonia fin dall’inizio? Stalin, Mao, Tito, Pol Pot, Mengistu, quanti altri leader comunisti vogliamo aggiungere all’elenco, non avrebbero tradito le idee di Marx, le avrebbero semplicemente applicate. E’ proprio nel pensiero di Marx che va ricercata l’origine delle mostruosità che i regimi comunisti hanno prodotto, e della definitiva caduta del sistema sovietico.

La “filosofia” di Marx è costituita da una serie di ovvietà banali. Voglio vedere chi non sarebbe d’accordo che è l’essere a creare la coscienza e non la coscienza a creare l’essere, che la visione del mondo che gli uomini hanno è influenzata dalle loro condizioni materiali di vita, e via dicendo. Il problema, quando si passa all’analisi storico-economico-politica, è la meccanicità di questo pensiero che non potrebbe essere altro che una primissima approssimazione ai fenomeni economici e sociali: ad esempio, non esistono “le aristocrazie”, “la borghesia”, “il proletariato” come soggetti, esistono uomini la cui collocazione sociale spesso può non essere così netta, e le cui azioni non sono il riflesso diretto e immediato di essa, ma del modo in cui essa è vissuta dalla coscienza soggettiva di ciascuno. Non parliamo delle articolazioni interne delle classi sociali, delle élite operaie e delle articolazioni quasi infinite del ceto medio-borghese dal piccolo bottegaio al grande capitalista.

Cosa dire del fatto che Marx ha avuto un’incomprensione pressoché completa, ha letteralmente ignorato l’esistenza di una classe, quella dei lavoratori agricoli che, proprio perché non rientravano nel quadro teorico disegnato da Marx, i comunismi al potere hanno sempre trattato malissimo? Ricordiamo la tragedia dei kulaki nell’Unione Sovietica di Stalin e come essa si è ripetuta nell’Etiopia di Mengistu (e in entrambi i casi, perseguitando la classe dei produttori agricoli, il risultato è stato quello di ridurre la popolazione alla fame.

Sulla negazione del principio di nazionalità da parte di Marx, verrebbe quasi da sorridere, perché il rabbino di Treviri si è smentito da solo nella sua controversia con Bakunin a proposito del moto indipendentista boemo, da lui deprecato, ed esaltato da quest’ultimo. Dei due fondatori delle ideologie-utopie internazionaliste per antonomasia, quella comunista e quella anarchica, il primo reagiva da tedesco, sia pure ebreo, il secondo da slavo.

Quando si è provato, una volta tanto, ad applicare le sue categorie a un caso concreto Karl Marx ha dimostrato un’incapacità pressoché totale a capire la realtà. Parliamo de “Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte”. Marx crede di poter spiegare tutto col cliché delle “soldataglie ubriache”, si dimostra incapace di capire che il futuro Napoleone III aveva un radicato seguito popolare perché nei Francesi il ricordo degli orrori della dittatura giacobina era ancora ben vivo. Più deleterio ancora l’esempio che Marx ha dato ai suoi eredi con questo scritto, fornendo loro il modello di come NON CAPIRE NULLA dei movimenti fascisti.

Poiché per la logica marxista le classi sociali sono soggetti di per sé stanti,  non eterogenei composti di milioni di uomini ciascuno dei quali con una propria soggettività e volontà, ecco che Marx pensa di istituire il socialismo con la confisca alla borghesia dei mezzi di produzione, senza accorgersi che se la proprietà teorica di essi va “al proletariato”, il controllo effettivo passa nelle mani di una nuova classe egemone, per la quale i marxisti non hanno saputo nemmeno inventare un termine meno pudico e ipocrita di “nomenklatura”, ossia la lista dei “compagni di sicura fede” in uso nel partito prima del golpe sedicente “rivoluzione” del 1917.

Capite cosa comporta questo? La concentrazione di tutto il potere politico ed economico nelle mani di una nuova autocrazia di intoccabili. Il grande palazzo di Nicolae Ceaucescu a Budapest prima della rivoluzione del 1989, più sontuoso della reggia di Versailles, attorniato dalle catapecchie di un popolo che stava letteralmente morendo di fame, era la sintesi visiva perfetta dei risultati di questo tipo di regime, quelli che si sono immancabilmente presentati tutte le volte che qualcuno ha cercato di tradurre nella realtà le idee di Marx.

Che nella psicanalisi ci sia qualche cosa che non va, questa è un’idea che penso debba aver attraversato la mente di chiunque si sia accostato all’argomento senza pregiudizi: “cure” costose e interminabili che non sembrano produrre alcuna guarigione ma piuttosto una dipendenza del paziente dall’analista, nessun reale beneficio nella maggior parte dei disturbi psichici, a cominciare dalla depressione, e soprattutto una distanza rispetto al metodo scientifico che ordinariamente guida la ricerca medica, che arriva al punto tale da dare l’impressione che la psicanalisi appartenga a un altro pianeta.

In essa non c’è alcuna traccia di evidenze sperimentali, di ricerca, di evoluzione interna, assomiglia molto di più a una setta religiosa o a un partito politico che a una prassi medica guidata da una teoria scientifica: l’esperienza non deve in alcun modo contraddire la sacra parola di Sigmund Freud, e ci sono naturalmente le obiezioni che a essa ha mosso Karl Popper. Devo tuttavia ammettere che fino a tempi relativamente recenti, la mia opinione al riguardo non era dissimile da quella che ho, ad esempio, sull’ufologia, cioè che non si potesse escludere che, per quanto improbabile, dopotutto qualcosa di vero ci fosse, anche se quel che sapevo della biografia di Sigmund Freud era abbastanza per pensare che egli personalmente sia stato un uomo tutt’altro che limpido, che più di una volta sembra essersi comportato da plagiario senza scrupoli. Egli sembra avere letteralmente rubato il concetto di inconscio allo psichiatra francese Pierre Janet che assieme a Jean Martin Charcot presso cui Freud andò a Parigi a studiare, stava elaborando il metodo di cura dell’isteria, e con il quale Freud ebbe una lunga controversia proprio a motivo della priorità di questa scoperta.

Analogamente, il metodo delle rievocazioni libere, da parte del paziente in condizione rilassata sul famoso lettino, e lo stesso termine “psicanalisi” per questa procedura, non furono un’invenzione di Freud, ma del suo maestro Joseph Breuer, di cui Freud si appropriò disinvoltamente. Più o meno, quel che mi sarei sentito di dire riguardo a Freud e alla psicanalisi, era questo, fino a quando – un paio di anni fa – mi è capitato di leggere il bel libro di Michael Onfray “Crepuscolo di un idolo, smantellare le favole freudiane” (Edizione Ponte alle Grazie). L’autore, francese, esponente di una generazione cresciuta a esistenzialismo, psicanalisi, nouveaux philosophes, porta avanti una rilettura critica ben documentata della psicanalisi, e bisogna dire che proprio nulla resta in piedi.

Da questa attenta rilettura della psicanalisi e del personaggio Sigmund Freud, basata per una volta su di una documentazione storica rigorosa, emerge un quadro sconcertante: Sigmund Freud era in sostanza un ciarlatano il cui unico scopo era spillare quanto più denaro possibile ai propri pazienti. Alla ricerca di un metodo che gli consentisse di arricchire quanto più in fretta possibile, dopo aver abbandonato un interesse iniziale per la ricerca teorica che non prometteva di tradursi in denaro sonante, divenne prima  un apostolo di una nuova prodigiosa sostanza terapeutica, la cocaina, poi passò all’ipnosi sulla scia di Charcot, quindi alla psicanalisi rubacchiata a Breuer, poiché si era rivelato incapace di ipnotizzare.

Onfray evidenzia la realtà nuda e cruda: Freud ha falsificato le relazioni sui suoi pazienti per nascondere il fatto che la psicanalisi non ha mai guarito nessuno. Ho potuto verificare da altre fonti che anche dopo la sua morte, uno dei suoi pazienti più famosi, l’Uomo dei Lupi fu segretamente mantenuto dalla Società Psicanalitica perché non rivelasse che la psicanalisi non aveva per nulla alleviato i suoi disturbi.

Se la psicanalisi non ha mai guarito nessuno, ha certamente portato qualcuno a una morte prematura. Sono almeno tre i pazienti di Freud deceduti perché i loro sintomi, dovuti a mali reali non diagnosticati e curati in tempo, furono invece da lui attribuiti a isteria. Se si aggiunge il caso di almeno un altro paziente di Freud deceduto in seguito a un’intossicazione di cocaina, le vittime dell’irresponsabilità, dell’imperizia, della disonestà del rabbino di Freiberg sono state almeno quattro, ma è probabile che fossero di più.

Ben poca cosa, direte, in confronto ai milioni di morti che il marxismo si è lasciato dietro, ma mettete nel conto anche le sofferenze di migliaia di persone che non hanno trovato sollievo perché “curate” con un metodo la cui efficacia terapeutica non è mai andata e non può andare più in la dell’effetto placebo, e fra di esse certamente si contano non pochi suicidi.

Se noi prescindiamo dalla rilevanza in campo scientifico, se facciamo un discorso di reazione “a pelle” (eppure, quando andiamo a considerare le cose a fondo, c’è da rimanere stupiti di quante volte la nostra prima reazione istintiva dimostri poi di aver colto nel segno), credo sia ben difficile indicare un personaggio più sgradevole di Albert Einstein, farsi da quella sua notissima frase, calunniosa quanto celebre, secondo cui per chi veste una divisa non è necessario avere un cervello ma sarebbe sufficiente una corda neurale. Noi capiamo che Einstein è stato il modello, lo stampo in base al quale sono stati fatti gli anticonformisti di sinistra, ciascuno dei quali è rigorosamente uguale a ogni altro anticonformista, a cominciare dalla trasandatezza nel vestire e nella capigliatura, del pari ispirate al rabbino di Ulm. Sicuramente, non depone a suo favore il fatto di aver fatto in ogni modo pressioni sul governo americano per indurlo a realizzare ordigni nucleari, e c’è da ringraziare il Cielo che la seconda guerra mondiale sia finita nel teatro europeo prima che essi fossero pronti, ma in compenso il Giappone se ne beccò due benché avesse già manifestato l’intenzione di arrendersi.

Nel dopoguerra Einstein fu fra gli intellettuali che giustificarono i processi staliniani, salvo poi addurre come alibi che “la politica non è facile come la scienza”. I sionisti avrebbero voluto Albert Einstein come primo presidente di Israele, e certamente sarebbe stato un personaggio adatto a questo ruolo, ma almeno questo lo rifiutò.  L’elenco delle cose che si perdonano ad Einstein in ragione della sua presunta eccellenza come scienziato, non è brevissimo. Ebbene, è proprio questa eccellenza che si può mettere in dubbio. Einstein forse non fu affatto un genio, ma solo un abile plagiario che, esattamente come Freud, sembra aver rubato senza scrupolo idee altrui. E’ quanto emerge da una ricerca di I. Mosley, pubblicata in italiano sul sito anticorpi.info, “Einstein, plagio e frode”.

La famosa equazione E = mc ^ 2, che stabilisce un rapporto fra la massa e l’energia, non fu opera di Einstein ma di Olindo De Pretto, matematico italiano oggi dimenticato. “Secondo Umberto Bartocci, docente presso la Università di Perugia e storico della matematica, questa famosa equazione fu pubblicata da Olinto De Pretto ben due anni prima della pubblicazione delle equazioni di Einstein. Nel 1903 De Pretto pubblicò la sua equazione sulla rivista scientifica Atte, e nel 1904 la stessa equazione fu pubblicata dal Regio Istituto di Scienze Veneto. Le ricerche di Einstein non furono pubblicate fino al 1905 … Einstein parlava un buon italiano, e visse anche nel Nord Italia per un breve periodo (…). Il suo furto della equazione di Olinto De Pretto E = mc ^ 2 gli ha dato una notevole credibilità scientifica, su cui egli costruì una carriera scientifica. De Pretto non fu un fisico professionista, e trascorse la sua vita come industriale, venendo a mancare nel 1921. De Pretto pubblicò la sua equazione in ben due occasioni, e restò senza dubbio molto meravigliato che qualcuno avesse potuto rivendicare il merito del suo lavoro”.

Sembra che Einstein abbia saccheggiato spudoratamente il lavoro di altri colleghi. “Alcuni sostengono che l’opera di plagio di Einstein si estese al lavoro di numerosi altri fisici. Una domanda che continua a suscitare discussioni riguarda quanto Einstein trasse dal lavoro di Hendrik Lorentz e Henri Poincaré nel formulare la Teoria della Relatività Speciale. Alcuni elementi della teoria di Einstein del 1905 risultano identici a parti di alcuni documenti datati 1904 redatti da Lorentz e Poincaré. Einstein sostenne di aver letto tali opere dopo il 1905. Un dato apparentemente schiacciante è che il documento di Einstein del 1905 non recava riferimenti, lasciando intendere che egli fosse consapevole di stare nascondendo qualcosa. Una fonte osserva che “David Hilbert presentò un articolo contenente le equazioni di campo della relatività generale cinque giorni prima di Einstein.”

Un’altra fonte nota che “Einstein presentò il proprio documento il giorno 25 Novembre 1915 a Berlino, quando Hilbert aveva presentato il suo il giorno 20 novembre 1915 a Gottinga.

Il 18 novembre, Hilbert ricevette una lettera di ringraziamento da parte di Einstein, a proposito dello invio di una bozza di progetto che Hilbert aveva intenzione di presentare il 20.Quindi, in realtà, Hilbert aveva inviato una copia del suo lavoro ad Einstein con almeno due settimane di anticipo. Sicché il lavoro di Hilbert si trasformò nel lavoro di Einstein. (David Hilbert morì nel 1943.)”.

Non è tutto, praticamente tutto il lavoro di Einstein risulta un furbesco collage di idee e ricerche rubate ai colleghi. “La determinazione secondo cui la luce abbia una velocità finita fu realizzata da Michelson e Morley decenni prima di Einstein. Hendrik Lorentz determinò attraverso le sue equazioni la concezione relativistica del tempo e le contrazioni di lunghezza che diventano significative via via che si avvicinano alla velocità della luce. Questi signori, insieme a David Hilbert e Olinto De Pretto sono stati boicottati in modo tale che Einstein avesse potuto assumere il merito delle loro determinazioni. “… nel 1927 H. Thirring scrisse che ‘H. Poincaré aveva già completamente risolto il problema alcuni anni prima della comparsa dei primi lavori di Einstein (1905). . . . “

Sir Edmund Whittaker, nella sua indagine dettagliata, “Storia delle Teorie su Etere ed Elettricità, volume II”, (1953), intitolò un capitolo: ‘La teoria della relatività di Poincaré e Lorentz’. Whittaker documentò accuratamente la autentica storia dello sviluppo della teoria e dimostrò – citando fonti primarie – che Einstein non ebbe alcun merito circa gran parte della teoria. Einstein di contro non addusse controargomentazioni alle accuse del celebre trattato di Whittaker.  Quando il libro di Whitaker fu pubblicato Einstein era ancora in vita, eppure non rispose in alcun modo. Nessuna querela per diffamazione, nessuna smentita, nessun comunicato pubblico”.

Si sospetta addirittura che Einstein abbia sfruttato il lavoro della prima moglie Mileva, più anziana di tre anni e molto più brillante di lui, che sarebbe stata riluttante a denunciare il plagio compiuto dal padre dei suoi figli, figli di cui peraltro Einstein si disinteressò completamente dopo il divorzio da lei.

“Einstein”, conclude Mosley, “E’ stato il primo grande truffatore e ladro di idee della scienza moderna”, affermazione con cui non mi sentirei di esprimere pieno accordo perché, come abbiamo visto, Sigmund Freud non era da meno. Marx, Freud, Einstein, tre ciarlatani che hanno in ogni senso devastato la cultura europea e dato un contributo fondamentale alla creazione di quel  menzognero feticcio che conosciamo come modernità.

* articolo già pubblicato su “ERETICAMENTE” – qui riportato per gentile autorizzazione dell’ autore e di una “Testata” amica .