Ue e migranti: i progressi di Italia e Grecia
Dopo aver presentato l’agenda europea sulla migrazione, che ha sancito un approccio globale per migliorare la gestione della migrazione in tutti i suoi aspetti, a distanza di dieci mesi la Commissione europea ha riferito in merito ai progressi compiuti nell’attuazione delle misure per affrontare la crisi dei rifugiati e dei migranti in Italia, in Grecia e lungo la rotta dei Balcani occidentali. Nel periodo di maggiore crisi le Squadre specializzate della Commissione, in modo costante e con disponibilità h24, hanno lavorato sul campo a fianco delle autorità greche e italiane per approntare i punti di crisi e accelerare le procedure per lo screening, l’identificazione e il rilevamento delle impronte digitali dei migranti e così agevolarne la ricollocazione. Sul fronte greco solo uno dei cinque punti di crisi, quello a Lesbo, è attualmente pienamente operativo.
Il governo greco ha chiesto sostegno all’esercito per rientrare nella data di scadenza prevista (metà febbraio) pur cercando di effettuare l’identificazione e la registrazione dei migranti che vengono fatte, dove possibile, in strutture temporanee. Le autorità greche stanno apportando miglioramenti al funzionamento dei punti di crisi e hanno finalizzato le procedure operative standard e le nuove procedure di sbarco, istituendo collegamenti diretti verso i punti di crisi per le persone che sbarcano sulle isole.
Nella relazione a firma della Commisisone europea, viene evidenziato un positivo aumento nella percentuale di rilevamento delle impronte digitali dei migranti , che è passata dall’8% nel settembre 2015 al 78% nel gennaio 2016. Una volta pienamente operativi, i punti di crisi in Grecia, secondo quanto riportato nella relazione, dovrebbero avere la capacità di rilevare le impronte digitali di circa 11.000 persone al giorno, una cifra ben superiore alla media di arrivi giornalieri di gennaio. Per rafforzare l’azione sul campo, Frontex ha inviato sulle isole esperti di alto livello specializzati in falsi documentali al fine di individuare documenti falsi e ha istituito pattuglie costiere a Lesbo, Chios e Samos, ottenendo risultati positivi.
Poco soddisfacenti sono invece le 218 ricollocazioni su 66400 persone che sono arrivate in Grecia e hanno bisogno di protezione internazionale. Solo 15 Stati membri hanno dato la loro disponibilità alla Grecia per un totale di 1081 posti, mentre 16 Stati membri hanno nominato ufficiali di collegamento per coadiuvare il processo sul campo. L’impegno delle autorità greche sta nel migliorare le capacità di registrazione aprendo un secondo ufficio a Samos, dove ora funzionano infrastrutture di alloggio e trasferimento, con il sostegno dell’OIM e dell’UNHCR.
Dall’inizio del 2015, la Grecia ha effettuato 16.131 rimpatri forzati e 3.460 rimpatri volontari assistiti di migranti per motivi economici che non avevano diritto a ottenere asilo in Europa. Ciò rimane insufficiente alla luce degli oltre 800.000 arrivi del 2015.
Molto meglio la situazione italiana dove, seppur a rilento, sono stati attivati due dei sei punti di crisi individuati dalle autorità italiane (a Lampedusa e a Pozzallo), mentre un terzo (Trapani) sarà pienamente operativo una volta terminati i lavori di ristrutturazione. Urgenti lavori sono in corso di ultimazione anche a Taranto. Procedono invece a rilento i lavori per i punti di crisi ad Augusta e Porto Empedocle/Villa Sikania che non sono ancora stati finalizzati, seppur una decisione per questi ultimi è essenziale alla luce del probabile aumento dei flussi migratori durante il periodo estivo.
I due punti di crisi operativi (Lampedusa e Pozzallo) hanno raggiunto una quota di rilevamento delle impronte digitali del 100% per gli sbarchi più recenti. La percentuale di rilevamento delle impronte digitali dei migranti è aumentata significativamente, passando dal 36% nel settembre 2015 all’87% nel gennaio 2016. Una volta pienamente operativi ed equipaggiati, i punti di crisi in Italia dovrebbero avere la capacità di rilevare le impronte digitali di circa 2 160 persone al giorno, una cifra ben superiore alla media di arrivi giornalieri di gennaio.
Nonostante sia iniziata qualche settimana prima che in Grecia, la ricollocazione dall’Italia procede tuttora a un ritmo di gran lunga inferiore a quello necessario per conseguire l’obiettivo generale di trasferire in due anni 39600 persone bisognose di protezione internazionale. In totale ad oggi sono stati ricollocati 279 richiedenti asilo, mentre sono state trasmesse ad altri Stati membri 200 richieste di ricollocazione in sospeso. Fino ad oggi solo 15 Stati membri hanno reso disponibili posti per la ricollocazione, impegnandosi ad accogliere 966 persone, mentre 20 Stati membri hanno nominato ufficiali di collegamento per coadiuvare il processo sul campo. Questa bassa percentuale è dovuta in gran parte al fatto che fra i migranti giunti in Italia pochi sono ammissibili alla ricollocazione.
Nel 2015 l’Italia ha effettuato più di 14.000 rimpatri forzati di persone che non avevano diritto all’asilo e nell’ambito di Frontex ha partecipato a 11 voli di rimpatrio congiunti di richiedenti asilo respinti provenienti da altri Stati membri. Come evidenzito dalla Commissione presieduta da Juncker, si tratta di un dato insufficiente alla luce degli oltre 160.000 arrivi del 2015.
Seppur il sistema di accoglienza italiano risulta esser largamente sufficiente per le esigenze del sistema d’asilo italiano,vi sono invece evidenti e gravi lacune per quanto riguarda gli alloggi pre allontanamento: sono infatti disponibili solo 420 posti rispetto ai 1252 previsti dalla tabella di marcia sottoposta alla Commissione.
Quest’ultima ha adottato una decisione che modifica il programma dei fondi strutturali 2007-2013 “Sicurezza per lo sviluppo” in Italia, riorientando fondi fino a 124 milioni di euro a titolo del Fondo europeo di sviluppo regionale per cofinanziare le misure intraprese dall’Italia per il salvataggio dei migranti in mare. L’impegno da parte del Presidente Juncker è massimo così come la volontà di vincere una partita che la Ue sta giocando per non vedere cadere il sogno di un’Europa Unita. In questa direzione, il ripristino di una gestione ordinata delle frontiere sulla rotta Mediterraneo orientale/Balcani occidentali rappresenta la priorità assoluta per l’Unione europea.