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Un inesistente “do ut des”

  Niente in cambio, ma paghiamo sempre

Paghiamo per niente. Paghiamo tutto, dalla pressione fiscale sempre meno sopportabile ai servizi, servizi sociali ormai al lumicino. Eppure i costi a carico del contribuente corrono, mese dopo mese, alla velocità del suono; e tutto questo senza vedere benefici, anzi constatando sempre di più il venir meno di qualsiasi aiuto, in qualsiasi campo, ad una popolazione che, nella sua maggioranza, si trova, è inutile nasconderlo, alle soglie della povertà. Se torniamo con la memoria indietro nel tempo, non possiamo non fare coincidere questo progressivo impoverimento con l’entrata in vigore dell’euro, che, sia per la perdita di sovranità monetaria, sia per la leggerezza chissà se dolosa, con cui in quel momento non si è proceduto ai dovuti controlli di cambio lira-euro, permettendo una nuova inflazione della lira già deceduta.

Si ricorderà quell’arrotondamento dei prezzi all’ingrosso ed al dettaglio, equiparando, in pratica, le scomparse mille lire alla bicolore moneta di un euro raddoppiando di fatto il costo di quasi tutti i prodotti in commercio. Ormai è preistoria, tutto quanto è accaduto in seguito ha radicalmente cambiato la realtà e le prospettive del nostro Paese. L’abbandono, da parte dei politici della linea di difesa degli interessi nazionali ha fatto sì, in sede dell’Unione Europea, di accettare e controfirmare tutta una serie di trattati e norme, che, nella complessa situazione italiana, hanno prodotto il risultato, sotto la vuota retorica “è l’Europa che ce lo chiede”, del fermo dell’economia che ancora ristagna.

Tutto, infine, si è risolto con il peggioramento del tenore di vita, con un aumento costante della povertà e con la progressiva scomparsa dei ceti medi, artefici da sempre dell’avanzamento socio-economico della nostra popolazione. Due Milioni di persone con un reddito annuo di diecimila euro, tutti i santi giorni salgono sull’ascensore sociale, quello però, che cammina a ritroso, scende soltanto: ogni giorno questi condannati dal reddito rischiano insieme all’emarginazione ed alla miseria, anche la vita. Senza mezzi di sostentamento non hanno alcuna possibilità di cure e prevenzioni; l’alto costo, anche in termini di attesa, di fatto impedisce ogni possibilità di salvaguardia della propria salute.

In pratica, per insipienza ed incoscienza del passato, per scarsa voce in capitolo l’Italia, nella fideistica osservanza dei diktat europei non ha subito una contrazione della spesa sociale, ma una vera e propria cancellazione di ogni assistenza pubblica. Peccato, perché nel frattempo si continua a pagare salato per un’impalcatura rimasta vuota: le imposte, malgrado tante ottimistiche assicurazioni , permangono intorno a 44%, senza considerare poi tutto ciò che grava su utenze, servizi, sanità, e scuola.

Non è più accettabile il continuo gabbare per razionalizzazione delle spese una pura e semplice cancellazione. Si discute molto, si fanno anche inutili spot, sulla triste situazione demografica: si esorta a mettere al mondo figli, mentre la disoccupazione miete una grande quantità di vittime, in particolare tra i giovani; nel nostro Meridione la percentuale dei disoccupati di un’età compresa fra i 24 ed i 34 anni è vicina al 59%, in metropoli come Roma, la nostra Capitale abbandonata al suo destino, si fanno liste d’attesa per nidi e scuole materne, dove la forte presenza delle prolifiche comunità straniere appesantisce ulteriormente la già difficile situazione.

Quali figli possono essere messi in cantiere quando la famiglia, intendiamo quella tradizionale, uomo-donna e prole, è l’ultima preoccupazione per chi siede nella stanza dei bottoni? Famiglie che stentano la vita come fanno ad assicurare il necessario quando si deve ricorrere al privato … leggi scuole, sanità e trasporti. Nella scelta di mettere al mondo bambini è già insita la rinuncia. Eppure il poco denaro a disposizione continua ad essere drenato per tutti quei servizi, pagati e strapagati, che di fatto ci vengono negati.

Se è vero che la crisi cominciata con lo scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti, e poi continuata in tutto l’Occidente, si è accanita particolarmente sui paesi del Sud Europa, è anche vero che l’Unione traballante di Bruxelles continua, sorda ad ogni sollecitazione, a garantire il più assoluto immobilismo. Un immobilismo sempre più a favore di chi detiene la chiave della cassaforte, sempre sul binario di un Neoliberismo assolutamente lontano dalle esigenze dell’Europa mediterranea.

Insomma, l’Unione, così com’è appare una gabbia dove il più forte impone la rotta. Siamo ben lontani dall’utopistica “Federazione Europea” vagheggiata dai fondatori sulla base della solidarietà e dall’uguaglianza di tutti i suoi membri. Così non c’è futuro per l’Italia e si continuerà a pagare servizi ormai inesistenti, a cullarsi nella disoccupazione, tutto sacrificando sull’altare della moneta unica, unica, appunto, in quanto tedesca.

                                                         Alessandro P. Benini

Il presente articolo, a firma del nostro Condirettote Editoriale, è stato pubblicato anche su “IL BORGHESE” di Ottobre – periodico mensile diretto da CLAUDIO TEDESCHI.

il borghese 


Alessandro P. Benini

Esperto di Finanza e di Storia dell'Economia.