una biografia su Giorgio Almirante
“ALMIRANTE. Biografia di un fascista”
di ALDO GRANDI (Ediz. Sperling & Kupfer)
UNA RECENSIONE di MAURIZIO BERGONZINI
con brevi “note a margine” di Giuliano Marchetti
Nel momento in cui nei mezzi di comunicazione tiene banco la vicenda della “mafia capitale” trovo postata, da un suo interlocutore, nel profilo FaceBook di Alemanno questa citazione di Giorgio Almirante: “se uno ruba merita la galera, se lo fa uno di noi merita l’ergastolo”. Citazione che, oltre a esprimere la reazione immediata di un determinato ambiente a tali sconsolanti vicende mostra come, a venticinque anni dalla morte, permanga ben vivo il mito del Segretario missino.
Momento adatto quindi alla lettura del volume “Almirante. Biografia di un fascista” di Aldo Grandi che ne tratteggia con un’attenta analisi delle fonti giornalistiche la vita e l’attività politica dagli anni degli studi all’attività di giovane pubblicista al Tevere e a La difesa della razza, dalle avventure come corrispondente di guerra all’adesione alla Repubblica Sociale italiana, dai difficili momenti dell’immediato dopoguerra alla fondazione del MSI. E poi la nomina a Segretario del Msi, l’elezione a deputato, la partecipazione alle lotte interne al MSI e la lunga opposizione a Michelini, la acclamazione che lo portò nel 1969 a riassumere la massima responsabilità del partito, le vicende drammatiche degli anni ’70 segnati da violenza e terrorismo,
E ancora la nascita di Democrazia Nazionale, i rapporti con Craxi e Berlinguer, le sue vicende personali e il ruolo della moglie che portò Panorama a definire con il titolo pungente di “miracolato dall’Assunta” la scelta di Fini come suo successore. L’immagine, documentata, che Grandi dà di Almirante è sostanzialmente positiva e sembra coincidere con quanto per la sua morte scrisse Indro Montanelli in un “coccodrillo” che, non a caso, viene citato in maniera assai ampia.
Ma l’autore ricorda anche gli aspetti più controversi della sua vita: con particolare cura viene analizzata l’attività di segretario di redazione a “La difesa della razza” e quanto su quella rivista pubblicato non solo a livello teorico (in contrapposizione ad Evola) ma anche con la denuncia di chi definiva “donatori di nome ariano” cioè di chi faceva da prestanome a ebrei che altrimenti non avrebbero potuto operare professionalmente (nel cinema ad esempio).
La biografia è, ad avviso di chi scrive, precisa nel descrivere i fatti e nel riferire circostanze ma, sempre ad avviso di chi scrive, non approfondita nell’analizzare certi snodi come la posizione assunta nella primavera del ’68 che porterà il MSI “ ad arrancare e a soffrire le più avanzate posizioni” sia nel sindacato culturalmente vicino, sia tra i propri giovani militanti. Un’evidente assenza di analisi e di comprensione per i mutamenti avvenuti nella mentalità comune che Almirante ammetterà nella valutazione dell’esito del referendum sul divorzio e che l’autore sembra scorgere anche nella campagna per la pena di morte e per l’espulsione del gruppo de la “nuova destra” di Marco Tarchi. Ma questo tipo di analisi è del politologo, non del biografo.
La presente recensione risulta pubblicata anche su “Il Borghese” (gennaio 2015) – mensile diretto da CLAUDIO TEDESCHI
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“NOTE A MARGINE” > L’amico Maurizio, durante la sua lettura del libro da lui recensito, mi ha segnalato – per mio divertissement – la citazione di una lettera datata 26 aprile 1973 di Giorgio Almirante “all’amico e dirigente Adalberto Baldoni: Mi è stato riferito che la sede della agenzia Urbe a te intestata, in via Barletta 29 interno 6, coinciderebbe con la sede del giornale L’Orologio e del gruppo di Ordine Nuovo facente capo a Lello Graziani. Se ciò risponde a verità, mi riferisco a Ordine Nuovo, ti suggerisco di cambiare recapito”.
Tutto abbastanza vero: infatti in quel tempo io (allora appena quasi trentenne) avevo in via Barletta 29 già da qualche anno il mio studio come Commercialista. Nel 1969, unitamente all’amico Alessandro Benini ed Alessandro Ricci, avevo dato vita ad una piccola Agenzia Stampa denominata “Urbe 70” – la cui direzione successivamente veniva assunta da Adalberto Baldoni.
Nel mio stesso studio collaboravo amministrativamente (e non solo) con la Redazione de “L’Orologio” diretto da Luciano Lucci Chiarissi – entusiasmante laboratorio politico-culturale di analisi e di progetti. Tra l’altro, essendo personalmente amico di Lello Graziani, avevo ivi accettato di “domiciliare” il recapito postale del periodico “Ordine Nuovo” e poi di “Anno Zero”. Inoltre, essendo comunque anche un “militante” nel M.S.I. – sezione Prati, causa queste mie simpatie e frequentazioni non ortodosse rispetto alla linea del Partito, venni deferito al Consiglio Disciplina.
….. Sono oramai trascorsi oltre 40 ed oggi posso ben comprendere certe apprensione dell’allora Segretario Giorgio Almirante il cui mito, dopo venticinque anni dalla morte, permane ancora ben vivo nel nostro ambiente – come giustamente cita Maurizio Bergonzini. Da parte mia piace aggiungere che (se si osserva il livello degli attuali “ospiti” del Parlamento) Giorgio Almirante rimane l’ultimo gentiluomo politico in Italia, come – in campo avverso – può essere considerato Enrico Berlinguer _____________Giuliano Marchetti